Freakout intervista Q, musicista e dj genovese, addetto componente dei Numero 6, che da poche settimane ha pubblicato, su Micropop rec., il suo disco d’esordio solista registrato da Paolo Benvegnù, e con la partecipazione di Davide Di Muzio, cantante dei Meganoidi.
Ciao, Q.
Un disco, il tuo esordio intitolato ‘Le Proprietà Elastiche del Vetro’, su Micropop rec., dalla composizione e dall’incisione in buona parte domestiche. Ma frutto di un lavoro durato due anni. Ci racconti come è maturato? L’ispirazione è venuta progressivamente? Due anni è un arco di tempo non breve, ma il lavoro è omogeneo, coerente…
Questo disco è nato dopo un periodo in cui avevo concluso alcune esperienze musicali e mi stavo concentrando solo sull’attività di dj e remixer, ad un certo momento è ritornata l’esigenza di dire delle cose mie, ho impiegato molto tempo, ho aspettato di fissare su laptop solo ciò che avevo bisogno veramente di dire. In due anni sono successe molte cose, molti sentimenti si sono scontrati, è successo tutto in maniera progressiva, è stato un lento aggiungere e sottrarre, è un disco realizzato in diversi posti, camere…in due anni mi sono spostato molto…ed una volta steso il tutto insieme a Paolo [Benvegnù, ndr] abbiamo cercato di tirare fuori l’anima del disco racchiusa in ogni brano, penso che la coerenza sia lì.
Questo CD solista si affianca al ruolo che hai nei genovesi Numero6, dove ti occupi dell’elettronica. Mi pare stiate lavorando al terzo CD, in uscita 2008…
In questo momento siamo al Greenfog Studio, il quartier generale dei Meganoidi, dove abbiamo appena finito di registrare un album insieme allo scrittore bolognese Enrico Brizzi ispirato dal suo ultimo romanzo “Il pellegrino dalle braccia d’inchiostro”. Con Enrico siamo stati in tour per tutta l’Estate, un’esperienza intensa e stancante, che ci ha regalato grandissime soddisfazioni e che abbiamo voluto fortemente fissare su un supporto fisico, perchè non andasse persa sui palchi calcati.
Caratteristica principale del CD mi sembra l’incontro tra elettronica e cantautorato, due mondi che in musica prima si guardavano con diffidenza, malgrado la fusione ormai sia diventata totale, e solo i nostalgici pongono barriere tra strumenti tradizionali e moderni. Tu ti sei avvicinato alla musica, inizialmente, attraverso la chitarra, o attraverso il computer? E’ all’elettronica, di base, che ti consideri più legato?
Io ho iniziato a scrivere e fare musica con la chitarra, solo in un secondo momento ho sentito l’esigenza di confrontarmi con drum machines, synth e laptop. Penso che per un cantautore nel 2008 una groovebox debba avere lo stesso valore di una chitarra acustica o di un mandolino…per me è indifferente lo strumento, ci sono brani nati alla chitarra o al piano, mentre altri sono cresciuti direttamente sui beat…non mi sono posto nessun tipo di limite, e devo dire che non mi sento più legato ad un linguaggio piuttosto che ad un altro, penso solo sia importante attualizzare il cantautoriato con i suoni a noi contemporanei.
Dal vivo so che ti esibisci con voce e laptop, senza chitarra; ma a Febbraio hai presentato queste tue canzoni accompagnandoti solo con la chitarra acustica, in vari showcase in giro per l’Italia. La tua voce è il denominatore comune: che rapporto hai con il cantare? Credo che artisticamente non nasci cantante…
Non nasco cantante, nasco persona che ha sentito l’esigenza di dire qualcosa ed ha provato a raccontarlo come poteva con la musica…e tuttora non mi sento cantante, ho delle immagini che mi girano dietro agli occhi e provo a tradurle con le parole e con dei suoni. Con la mia voce litigo e faccio la pace ogni due giorni, è un rapporto tormentato, come con la donna che si ama, ci stiamo conoscendo ogni giorno sempre un po’ di più, ma la corteggio perché alla fine è lei che rende fisiche le mie immagini.
Le canzoni poi mi sembrano adatte prevalentemente a piccoli ambienti, al circuito dei club. Sarai a tuo agio, eventualmente, nelle date Estive, magari all’aperto?
Sono curioso…è un disco nato in piccoli ambienti, e che concentra la sua attenzione su quello che ho dentro, e credo si senta, quindi è sicuramente più facile portare questo tipo di stato in ambienti piccoli ed intimi, anche se ho fatto un lavoro di arrangiamento dei brani per il live set decisamente più fisico e groovy, perché le basse passino dai piedi fino al cuore. Vedremo, ad ogni modo io per primo non sono un patito dei live all’aperto e dei festival…c’è troppa dispersione.
Ascoltando ‘Le Proprietà Elastiche del Vetro’, ho avuto la sensazione che nei testi di alcune canzoni – ad esempio ‘E’quasi Estate’, o in ‘Bimbimezziconigli’ – parti da qualche elemento autobiografico, ma solo accennato, mostrandoti con riluttanza quale vero protagonista della canzone. Quanto c’è di te, come Filippo Quaglia, dentro questo disco?
Sono io questo album, come dicevo prima, è scritto tutto guardandosi dentro attraverso gli altri, le cose. E’ come quando ti vedi riflesso sui vetri mentre osservi gli altri che passano in strada, li vedi, ma prima vedi te, il tuo riflesso, è cosi che le canzoni delle “Proprietà” sono nate. Ci sono gli altri, l’amore, gli amici, i letti, l’India….ma tutto ricoperto dalla mia immagine, a volte quasi trasparente.
‘Tuo Senza Ritorno’ è una canzone che mi ricorda ‘L’Universo’ degli Scisma, di Paolo Benvegnù. So che Benvegnù è un artista che apprezzi, e che proprio lui s’è occupato della registrazione delle voci per il tuo disco. Un altro nome al quale ti accosterei, sono i Perturbazione, coi quali condividi, mi pare, un certo tipo di intimismo, e di sensibilità: penso a ‘E’quasi Estate’, o a ‘La Tosse’; ma so che a sorpresa apprezzi anche i cantautori italiani storici degli anni 70… E l’elettronica? forse Dj Shadow? i Portishead? i dj tedeschi?
La scelta di lavorare con Paolo Benvegnù è scaturita proprio dall’infinita stima che avevo nei confronti suoi e del suo lavoro, in prima battuta e adesso, dopo averci lavorato, posso anche dire per la persona splendida che è. Anche i Perturbazione, dei quali ho appena terminato il remix del nuovo singolo, sono delle persone speciali, e mi onora essere avvicinato al loro sentire…entrambi sembrano quasi senza pelle da come vivono a stretto contatto con la vita nella sua interezza e nelle sue contraddizioni…splendidi. De Gregori è sicuramente un mio riferimento artistico, anche se prevalentemente ascolto musica elettronica, molto breakbeat, ho ascoltato molta indietronica, dub, sicuramente l’hip hop sghembo di dj Shadow gira in alcuni miei beat.
Il tuo mi sembra un lavoro che procede spesso per immagini, sia nei testi che nei suoni, e penso ad esempio ai flash di ‘Furgone Nazione’. Un disco molto cantato, e ciò mi pare gli dia un carattere pop, con una struttura di strofe e ritornelli efficaci, e tradizionali nella forma. Su Rumore di Febbraio, c’è Barbara Santi che lo ha definito “un delicato delirio di parole inquietanti”…
Mi è piaciuta molto la sua definizione, penso sia corretta, c’è molto sogno in quello che dico, spesso so dove inizio ma la fine è un percorso di ricerca decisamente oscuro…a volte riesco a chiudere il cerchio mentre altre le linee non si toccano e tutto rimane sospeso, come quando apri gli occhi e la luce del giorno ha riempito ormai la stanza, e aleggia il dispiacere di non poter vedere come sarebbe andata a finire.
Non ci sono fasi del lavoro in cui l’elettronica prende davvero il sopravvento, malgrado si sente che c’è un meditato lavoro di composizione, e che i suoni del computer stanno in piedi anche senza i testi. Sei anche un dj, del resto; ma niente lunghe code ambient al synth, o posticce aperture dance; direi un’elettronica non invasiva; hai deciso in partenza di autodisciplinarti, al riguardo, e rispettare la forma della canzone pop? Era semplicemente ciò che volevi?
Ho cercato di equilibrare tutto il più possibile, di non dilungarmi, di dare il giusto peso a quello che ogni singolo elemento di questo disco aveva da dire, un groove come una frase, questa è stata una fase del lavoro decisamente lunga, anche perché con l’elettronica è un attimo che ti scappa la mano e viaaaaaaa!!!!!! Code strumentali, intro infiniti, micro variazioni….volevo che l’ascoltatore dovesse ascoltare l’album più volte per coglierne tutti gli strati che lo compongono. Dal vivo i pezzi sono decisamente più dilatati, mixati tra loro e più “dance oriented”…è in questa dimensione che è venuta fuori di più la mia anima di dj.
Non so come la prenderai, ma credo che come me in molti, ascoltando ‘Sei Giorni nella Vasca’, penseranno per forza ad una versione allucinata e psicanalitica di ‘La Vasca’ di Alex Britti… Ma come ti è venuta in mente, questa idea? Quello di Britti era un singolo per l’Estate, la tua potrebbe essere la sonorizzazione di un cortometraggio di Cronemberg, o Lynch…
Quel brano nasce da un vero weekend di paranoia passato in una casa in campagna, durante il quale avrei voluto sciogliermi per davvero nelle acque ormai fredde di una vasca, rappresenta per me la perdita di ogni stimolo e spinta interna a reagire…è puro abbandono, è claustrofobia, è la pelle che scivola lenta via dalla carne; sono contento che le mie parole ed i miei suoni ti abbiano riportato alle immagini di due artisti che mi hanno fortemente suggestionato con i loro lavori.
Com’è, Genova, dal punto di vista musicale? Il passato remoto della città è legato indissolubilmente ai grandi cantautori “esistenzialisti”: Tenco, Paoli, DeAndrè, e mi pare ad una scena progressive negli anni 70. I Meganoidi, in tempi recenti, hanno fatto un gran lavoro, e c’è considerazione, in ambito underground, per i musicisti che vengono da Genova, ora. Ci sono artisti interessanti? E posti dove esibirsi? Etichette? Come ti trovi con la piccola etichetta Micropop?
Con la Micrpop il rapporto è fantastico, lavoriamo in ottima sinergia, e secondo me loro stanno facendo davvero un gran lavoro. Genova rimane per me un città davvero unica, un luogo fantastico dove creare e vivere, un porto dove rifugiarsi per poi ripartire, è densa di contraddizioni e di poesia, e non credo sia un caso se ha influenzato grandi cantautori. I Meganoidi stanno lavorando molto per la scena della città con il loro studio e la loro label, la Greenfog, hanno dato alle stampe il primo album di Tarick1, con il quale sto collaborando per la pubblicazione di un nostro album in cui remixiamo alcune dlle migliori realtà della scena indie italiana.
L’ “Estate” è un concetto su cui ritorni due tre volte, nel corso del disco, ma sempre sottolineandone un suo aspetto malinconico: penso ovviamente a ‘è Quasi Estate’ e al suo naturale seguito logico: ‘Il Cinema a Luglio’, ovvero l’Estate in città.
Mentre registravo e componevo il disco è arrivata l’Estate, un Estate carica di tristezza e di claustrofobia, un’Estate trascorsa in città sopraffatto da alcuni eventi dolorosi della mia vita…è così che l’Estate, con le sue perdite, è entrata prepotentemente in questo disco.
‘E’quasi Estate’ è il primo singolo, su cui ho sentito che sarà realizzato anche un videoclip, nei prossimi mesi. Vi comparirai tu in prima persona? E’ già tutto deciso?
Abbiamo finito di girare in Autunno il video di “E’quasi Estate”, il primo singolo estratto dal disco, per la regia di Maurizio Zappettini ed il montaggio di Lorenzo Vignolo; io comparirò per il playback del pezzo, alternato però ad una storia di ricerche…le atmosfere sono decisamente malinconiche…. Autore: Fausto Turi
www.myspace.com/noiseq