Un booklet essenziale, di una sola pagina, ma ben fatto, introduce al meglio ciò che i Janara, gruppo originario di Bologna, riescono ad esprimere nelle sette tracce che compongono questo primo EP. Purtroppo però l’ascolto delude leggermente le aspettative. Crocus, mint & fennel si apre con l’interessante Sliding Skin, biglietto da visita dell’album, molto curato e con un una discreta ricerca di suono, accostata ad una linea vocale dissonante. Sliding skin è una traccia di quasi 6 minuti, in cui Francesca De Filippis riesce, con la sua voce, ad evocare realmente le immagini gotiche e decadenti che la line-up si è proposta di rendere reali. Un buon intro, con feedback di chitarra seguito da un’incalzante apertura di batteria, lascia spazio alla linea vocale, inizialmente quasi sospirata, ma che da un momento all’altro esplode lasciando nell’ascoltatore una bella sensazione. Ma già al terzo minuto si iniziano ad accusare i primi problemi: la ricerca di un motivo ipnotico non va proprio a buon fine e l’incanto si rompe. Per quanto risulti piacevole, sembra proprio che ci sia qualcosa che non va, ed è un peccato, un vero peccato, considerando il buon inizio.
Degno di nota Forbidden Happiness, secondo brano dell’album, sia per la già citata linea vocale, capace di amalgamarsi alla perfezione con il resto degli strumenti, con sonorità che richiamano alla lontana i vecchi Uzeda. Purtroppo dal quarto brano in poi arriva quasi al limite dell’inascoltabile, inutile manierismo in salsa Cocteau Twins. Da Rotten Words in poi, sembra che le idee siano finite del tutto: la capacità di riproporre pezzi che, seppur mantenendo una linea di fondo di collegamento con gli altri, riescano a distogliere l’ascoltatore dall’intento di premere “skip” sembra non sia stata sfruttata completamente. Il risultato è un lavoro ascoltabile a metà, che lascia l’amaro in bocca. La maledizione delle janare (le streghe del Sannio), a quanto pare, non ha funzionato.
Autore: A. Alfredo Capuano