Minimum Fax festeggia quest’anno quindici anni e lo fa presentando una collana, I Quindici, appunto, che racchiude i 15 libri che più l’hanno caratterizzata. Un percorso attraverso questi anni, da quando erano una piccola fanzine inviata tramite fax (da qui il nome), fino ad oggi dove si è ritagliata uno spazio importante nel panorama editoriale italiano, rafforzato dall’intuizione (non la prima) di pubblicare qualche anno fa un libro che oggi, grazie anche alla trasposizione al cinema, è sulla bocca di tutti: Revolutionary Road.
Ma la storia di Minimum Fax è una staoria di una piccola famiglia che con le piccole intuizioni è diventato un riferimento riuscendo a “strappare” autori importanti alla grande editoria. Il primo fu l’allora dimenticato Carver, ma ne sono seguiti tanti altri.
Un riferimento, la casa editrice romana, anche per gli scrittori italiani, grazie all’enorme attenzione verso gli esordienti (e non solo) e al lavoro di scouting che Marco Cassini e Daniele Di Gennaro – fondatori di Minimum – fanno (attorniati da un pugno forte di collaboratori come, per fare qualche nome, Nicola Lagioia, Christian Raimo, Martina Testa…).
E proprio con Marco Cassini abbiamo fatto una lunga chiacchierata telefonica che partendo dagli esordi, e passando per Carver, Revolutionary Road, lo scouting, i dispiaceri e le gioie ci ha portato fino a Wallace…
Per i pochi che non vi conoscessero. Cosa è Minimum fax? Cosa è cambiato nell’approcio con la letteratura da quando eravate una fanzine che arrivava per fax?
Nel 2009 Minimum Fax compie 15 anni. In questi 15 anni è cambiato molto intorno a noi; è cambiato il mercato, il modo di fare il nostro mestiere, però è cambiato molto anche dentro di noi, all’interno della casa editrice. Da quando eravamo una rivistina che aveva poche decine, poi, con gli anni, poche centinaia, comunque un numero esiguo, di lettori a queste ultime settimane in cui con nostro sommo orgoglio e sorpresa siamo addirittura nella classifica dei best seller con Revolutionary Road. Quello che ci ha dato continuità è che non è cambiato l’approccio che noi abbiamo al lavoro, sì siamo cambiati noi, siamo cresciuti però…
Quale pensi sia il momento in cui Minimum Fax è diventata una casa editrice di riferimento nel panorama italiano?
Beh sì siamo riusciti a catalizzare attorno a noi autori, nomi, libri molto importanti – magari importanti per noi e una ristretta cerchia di lettori – e non crediamo onestamente di essere un punto di riferimento. Come noi ci sono tanti altri che fanno un onesto lavoro editoriale…
Beh, ma pubblicare Wallace, Carver, Yates etc non è da poco…
Certo certo. Per noi ogni libro che siamo riusciti a pubblicare è sempre stata una conquista, spesso io parlo di quelli che definisco libri gregari; ci sono, attorno ai grandi nomi, quelli che non hanno lo stesso successo, ma che hanno contribuito, perché hanno segnato delle tappe, dei passaggi nel nostro percorso fondamentalemente ispirati a un principio di coerenza…per quanto possano essere diversi anche tra loro, nella loro differenza crediamo che sia rintracciabile un percorso che, almeno noi che l’abbiamo fatto, abbiamo chiaro, magari poi al lettore sfugge la visione d’insieme etc…
Come si fa a lasciare Carver a una casa così piccola, e come si è fatto a lasciare altri libri importanti (penso al postmoderno, Barth, Barthelme e lo stesso Yates)?
Verso la fine del 97, dopo i primi 2-3 anni di un modo di fare libri dilettantesca – non avevamo mai fatto sto mestiere – sono arrivati assieme i diritti di Carver e un distributore nazionale (dato che prima avevamo una distribuzione a macchia di leopardo). Quello è stato il momento che ha segnato il passo a un modo diverso anche per noi di intendere il nostro mestiere e quindi di farlo con maggiore consapevolezza.
Carver in quel momento, e parliamo di più di 10 anni fa, non era più un autore significativo per la grande editoria; era stato pubblicato da Garzanti e Mondadori e entrambe lo avevano fatto uscire dai loro cataloghi, perché evidentemente non vendeva più. C’è anche da considerare che i numeri significativi per Minimum Fax potrebbero non esserlo per le case più grandi, quindi noi ci saremmo accontentati anche di un piccolo successo. Poi è diventato un grande successo perché Carver è tuttora il nostro autore più prolifico anche in termini di vendita e a quel punto è diventato di nuovo appetibile per i grandi editori, e infatti Einaudi lo riprenderà e lo pubblicherà prossimamente, nei prossimi anni. Insomma i titoli di Carver che in tutti questi anni abbiamo faticato e curato verranno pubblicati da un grande editore…come è anche giusto che sia. Ovviamente ci dispiace, grandi editori lo avevano abbandonato, noi l’abbiamo un po’resuscitato editorialmente ridandogli un nuovo pubblico, una nuova attenzione che non aveva più, e grandi editori se lo riprendono, avvalendosi del nostro lavoro di scouting.
E proprio qui volevo arrivare. Voi pubblicate i grandi narratori americani, ma fate anche un grande lavoro con gli esordienti italiani. Quanto rischio c’è e quanto il gioco vale la candela. E un’altra cosa. Leggete ancora i manoscritti, come è successo nell’ormai famoso caso di Valeria Parrella?
Sì, i manoscritti cominciano a diventare quantitativamente un problemi, perché ci sono sempre menio filtri perché c’è chi te li manda per e-mail, chi fa un invio indiscriminato, mandando il manoscritto – visto che non costa molto farlo – a decine di editori contemporaneamente. Ora c’è il fenomeno di ritorno perché cominciano ad arrivarci libri pubblicati su Miolibro.it, quindi invece di manoscritti ci arrivano già fatti, alcuni imitando anche la grafica.
Però sì, devo confermare che il libro di Valeria, anzi all’epoca era solo un racconto, mandato in una busta senza neanche una lettera d’accompagnamento l’abbiamo letto, così come leggiamo più o meno tutto quello che c’arriva, anche se ultimamente con un po’ più di fatica, perché è aumentata la mole delle cose che c’arrivano, però cerchiamo di dare attenzione a tutto quello che arriva.
Tornando al rischio di pubblicare esordienti, beh c’è il solito falso mito che pubblicare gli italiano costa meno rispetto a quelli stranieri, perché non devi tradurlo ecc…. In realtà la ricerca è costata molto di più, perché più o meno un libro straniero sai che ha avuto un’accoglienza, un successo, un riscontro in un altro paese e puoi basarti su quello. Qui devi fare una ricerca a tutto campo, appunto, andando a leggerti blog, siti letterari, recensioni, i manoscritti, tenere d’occhio i corsi di scrittura, andando a vedere dove si annidano i talenti, quindi è una ricerca molto più costosa; e in più, è vero che non c’è la tradizione, però c’è il lavoro di editing che può durare anche un anno o più, quindi alla fine l’investimento è grande, tanto più quando questi autori italiani sono appunto esordienti, quindi è veramente un salto nel buio, e c’è, quindi, anche un forte senso di responsabilità, dato che a noi è affidata la loro sorte e il debutto in un mondo che prima non si conosceva. È anche vero che hai una soddisfazione doppia quando un libro ha successo, così come quando, magari, hai una delusione doppia quando il successo che uno s’aspetta o spera, non arriva. Infine c’è anche il discorso del successo, cioé che quando un autore lo raggiunge è molto probabile che un grosso editore…
Beh fate gli osservatori, per usare un termine calcistico…
Certo con la differenza che noi editori non abbiamo il cartellino però…Non ci spetta niente se uno va a giocare in serie A.
Torniamo all’attualità e parliamo di Revolutionary Road. Di chi è il merito di aver rispolverato questo capolavoro?
Come per gli esordienti, c’è bisogno anche per noi di qualcuno che ti conosce, che t’indirizza, e lo stesso è successo anche per Yates. Io mi ricordo che c’è stato consigliato da un autore della casa editrice, tra l’altro un autore americano di cui abbiamo pubblicato un solo libro, perché da allora, e sono passati quasi dieci anni, non ha scritto più nulla, si chiama Matthew Klam ed era incluso anche in Burned Children of America, e quando venne in Italia per fare un giro di presentazioni del libro, stava leggendo questo libro, Revolutionary Road, che noi non avevamo mai sentito nominare. Ci incuriosimmo e cominciammo a fargli domande su questo libro e lui ce ne parlò in termini entusiastici, dicendoci “In America noi pochi che lo amiamo ci domandiamo come mai non è un best seller, perché è un libro bellissimo, chi lo legge se ne innamora”; quindi ci iniziammo a informare, leggemmo il libro qui in casa editrice e effettivamente ce ne innamorammo, e lo abbiamo pubblicato nel 2003. Anche questo è uno di quei casi, come quello di Carver, in cui era stato già pubblicato da Bompiani e poi da Garzanti negli anni 60, dopodiché era scomparso completamente e infatti era stato difficile anche trovare l’edizione italiana -io l’ho trovata sulle bancarelle e si chiamava “I non conformisti” – e così decidemmo di pubblicarlo e comprammo i diritti di un altro paio di libri suoi: Easther Parade (inedito in Italia) e Undici Solitudini.
Quando poi l’abbiamo pubblicata in questa collana che si chiama Minimum Classics, che è nata proprio con quella idea di andare a riscoprire autori perlopiù già pubblicati in Italia ma dimenticati, nella speranza di trovare degli altri filoni auriferi tipo Carver (ride ndr). E, per esempio, con Yates è stato così e siamo contenti di aver fatto in quella stessa collana Malamud, Barth, Barthelme, insomma è una collana che ci dà molte soddisfazioni, anche perché come la legge del taglione, per ogni autore esordiente che noi scopriamo e che va a finire nei cataloghi dei grandi editori, noi andiamo a ripescare qualcuno dei loro che si erano dimenticati.
Revolutionary Road, comunque, già nella sua prima edizione era andato discretamente, anche perché parliamo di libri un po’ dimenticati, di un’altra epoca, difficili anche da fare apprezzare a un pubblico attento magari alle novità o al libro di moda, ma nonostante questo era andato bene, nel senso che aveva venduto 7-8 mila copie, quindi già ci ritenevamo molto soddisfatti. Dopodiche da un annetto a questa parte c’è stato il delirio con questa storia del film e quindi abbiamo anche lavorato un poco in collaborazione con la Universal, che è il distributore italiano del film, e quindi abbiamo fatto coincidere la nuova edizione, che comunque avevamo già in programma prima di sapere del film, ne I Quindici, la collana che racchiude i 15 libri più importanti di questi ultimi 15 anni di vita e questo libro c’entrava a pieno titolo, assieme a Wallace con La ragazza dai capelli strani e Carver. Quindi abbiamo solo dovuto lavorare per far coincidere questa uscita con l’uscita del film e indubbiamente ci è servito come volano e devo dire che il fatto di avere un film in moltissime sale ovviamente dà una visibilità che l’editoria, un piccolo editore, difficilmente può avere, e infatti è stata la più grande prima tiratura di un libro Minimum Fax, abbiamo fatto 36 mila copie e già abbiamo fatto un’altra ristampa e siamo intorno alle 50 mila copie.
Ha i parlato di Wallace. Pochi mesi fa è scomparso quest’autore che era una delle punte di diamante della casa editrice e un amico, soprattutto, immagino. Farete qualcosa per ricordarlo, a livello di libri (non delle letture che avete organizzato già)?
Abbiamo fatto a ottobre un reading a Roma invitando diversi scrittori che l’avevano amato a leggere un brano che più gli piaceva, non solo dei nostri libri. Nel frattempo stiamo raggionando con Eduardo Nesi, scrittore, traduttore di Infinite Jest, nonché nostro amico e fan della prima ora di Wallace, volevamo fare un libretto, più avanti, una specie di invito alla lettura di Wallace. Altre iniziative per ora non ne abbiamo previste, un po’ perché come ha scritto lo stesso Nesi sull’Unità, per tenere vivo un autore è importante leggerlo e farlo leggere, quindi il nostro impegno sarà di tenerlo in vita attraverso i suoi libri.
Altro sinceramente non ci sentiamo di fare perché sembrerebbe approfittare dell’emozione del momento, dato che c’è stata una forte emozione alla notizia della sua morte, anche perché è stata una morte drammatica, e quindi abbiamo deciso di non fare altro. Tra l’altro abbiamo già avuto questa enorme soddisfazione, pur nella tristezza, di aver pubblicato il suo ultimo racconto, perché appunto era già in programma da tempo questa riedizione de “La Ragazza dai capelli strani” nella collana de I Quindici e lui ci aveva dato un racconto inedito. Quindi l’ultimo suo racconto scritto in vita l’ha dato a noi, e anche questo ci ha dato un piacere particolare, perché così come siamo stati nel ‘97 i primi editori al mondo a pubblicarlo al di fuori dagli Usa, per certi versi abbiamo chiuso il cerchio, diventando anche gli editori del suo ultimo racconto.
Per quanto riguarda le altre cose in programma, che ci piacciono e ci danno soddisfazione e sempre tornando a una cosa recentissima, abbiamo appena ripubblicato un altro autore e questa volta inglese, che si chiama Sillitoe e il libro “La solitudine del maratoneta”, una raccolta di racconti che ha esattamente 50 anni, uscita nel ‘59 per la prima volta, e in Italia era uscita per Einaudi, poi scomparsa dalle librerie. Questa volta vogliamo riscoprire quest’autore, che diversamente da quasi tutti gli altri è, per fortuna, ancora vivo e stiamo cercando di invitarlo in Italia, anche se ha più di 80 anni. È uno scrittore che ha vissuto una stagione importante, fa parte di quel gruppo di scrittori inglesi chiamati gli Angry young men; pubblicheremo almeno due dei suoi libri, questo, che è una raccolta di racconti e il primo che è un romanzo e si chiama “Sabato sera e domenica mattina”. Insomma andare a scavare molto nel presente ma al contempo andare a scavare anche molto nel passato dove si possono trovare libri che, come diceva Calvino, sono dei classici perché se anche, come in questo caso, hanno mezzo secolo di vita, possono parlare al lettore di oggi, come se fossero stati scritti oggi.
Autore: Francesco Raiola
www.minimumfax.com