Sei tracce dalle sonorità interessanti caratterizzano il primo lavoro, fase embrionale di quello che sarà di sicuro l’album d’esordio, dei Cybersadic. Il gruppo, che si divide tra Napoli e Torino, propone un acuto mix tra due modi di intendere, suonare e comporre, che affluiscono in un unicum multisfaccettato, vibrante di cupe sonorità a tratti aggressive, d’impatto e mai banali. Malinconico Automa, brano che apre la demo, riesce a condensare solo una parte del sound complessivo dei Cybersadic, ma lo fa con abilità, “scavando nelle viscere” dell’ascoltatore, lasciandolo sognante, durante lo stacco/cerniera tra le due parti in cui si divide il brano, in una spasmodica attesa. La linea dei synth è curatissima, così come è vincente la prova vocale. E’ chiaro il riferimento alla migliore tradizione Ferrettiana sia per l’intonazione e la voce quasi litanica di Alessandro Amoretti, ma anche per la stesura formale dei testi. Vocaboli altisonanti, ricondotti a forme semplici ma d’effetto che si incastrano perfettamente nei solchi scavati da Ciro Leale, al basso, e Luigi Ugolini al synth.
Di sicuro più ballabile, probabilmente adattabile perfettamente a futuro singolo di presentazione, è la terza traccia La Danse Sadique. Una stanza dai muri ricoperti di led e condensatori; scariche elettriche che tracciano il ringraziamento al pubblico da parte della band. “Troppo il piacere di vederti danzare”, cosa a cui peraltro è quasi impossibile resistere. Davvero azzeccato il riff di chitarra che accompagna, come celato dal portellone stagno di una centrale nucleare squisitamente kraftwerkiana, quasi tutto il brano fino a venire alla luce per qualche istante, cullato da fiati quasi ambient per poi ritornare nelle viscere radioattive della terra e restare da solo, ultimo superstite della danza sadica rimasto in piedi.
La chiusura dell’album è Rivoluzione Permanente, forte di un beat ossessivo sostenuto dall’ottima collaborazione tra Ciro e Luigi che mantiene alta l’attenzione per tutti e sei i minuti di durata e testi di denuncia, tutto fuorché banali. Nessuna mezza misura per i Cybersadic, neanche in questo caso.
Per essere il loro primo lavoro dimostrano di essere sulla giusta strada. Il classico limite dell’arma a doppio taglio della buona musica che spesso proprio per le sue caratteristiche intrinseche resta confinata in un limbo poco trafficato, in potenza è superato grazie all’impostazione elettronica che permette, all’ascoltatore meno attento, di spegnere il “processore” e, semplicemente, ballare.
Autore: A. Alfredo Capuano