Okay è il nome d’arte del musicista americano Marty Anderson. Low Road invece è il nome di questo piccolo gioiello di indie pop filtrato da una sensibilità tutta lo-fi. Marty Anderson è affetto da una grave e rara malattia che prende allo stomaco e per questo è costretto a vivere praticamente in isolamento. È in questo contesto, quasi forzatamente casalingo, che nasce il disco, interamente scritto, registrato e prodotto dal musicista. Un concentrato di melodia, dinamiche pop, atmosfere sognanti e malinconicamente folk: canzoni che potrebbero essere state partorite da un musicista al culmine del proprio slancio vitale. E invece arrivano da parte di uno che tanto bene non se la passa. E già questo è lodevole. Quando poi gli episodi di Low Road scorrono via in modo del tutto naturale, è lì che la nostra attenzione deve farsi più forte. Perché dalle energiche pop song “Now” e “We”, passando per il folk sporcato lievemente dal blues “Holy War”, è tutto un piacere per le orecchie. Suoni moderni e semplicità che sembrano sposarsi alla perfezione, la voce di Marty (intonata ma sgradevole, lo ammettiamo) che viaggia sulle melodie da carillon di “Replace”, piano elettrico, drum machine e qualche sintetizzatore, per il punto più alto di tutto il disco.
Con la ballata “Oh” si torna ad atmosfere più bucoliche, grazie a un pezzo di country and folk che non disdegna nemmeno qui di fare uso di suoni di batteria sintetizzata (in effetti il libretto del cd annovera tale Jay Pellicci alla batteria per questo pezzo). Dopo la poco immediata “Roman” si torna alla semplicità pop di “Hoot”, un esempio riuscito di old school, con una briosa melodia che si fa strada tra i sintetizzatori e una costruzione armonica semplice ed efficace, esattamente come l’essenziale batteria. Il finale è per la lunga “Bullseye” (c’è una ghost track dopo), un momento di pathos crescente e sensibilità lacerata che prova a mettere in musica uno stato d’animo attraverso carillon, piano e chitarre, mentre gli uccellini fanno da cornice all’inizio e alla fine.
Un disco ammirevole, e non certo per pietismo nei confronti di Marty. Le canzoni di Low Road sono positive, sognanti, malinconiche, mai scontate: un disco che può essere tanto di nicchia che moderato mainstream.
Autore: Stefano De Stefano