Sì, un altro Rocky, embè? Ce lo godiamo tutto, gli diamo udienza, come si fa con un vecchio amico che anni e anni fa ha fatto qualcosa per te. Cosa ha fatto Rocky per noi? Bhè capire a otto anni che c’era una Guerra fredda in atto Usa-Urss dalla sfida con Ivan Drago non è stato male. Il muro di Berlino ha cominciato a scricchiolare dallo stalloniano “Tutto-il-mondo-può-cambiare”, altro che la firma di Gorbaciov sul ritiro delle testate nucleari.
Lo stallone italiano ha perso la voce di Ferruccio Ammendola e questa è una deminutio imperdonabile. Eppure Stallone celebra ugualmente, da regista e sceneggiatore, il sesto episodio della saga con amore commovente. Questo sipario che cala assomiglia rotondamente ad un atto dovuto: invece di scrivere in due righe bianco su sfondo nero il destino dei personaggi come accade in epilogo a molte pellicole, l’attore americano ha deciso di dedicare a Rocky un intero ultimo round filmico.
Sylvester rende grazie a Balboa, il personaggio che gli ha dato fama ricchezza donne ristoranti matrimoni con Brigitte Nielsen apparizioni alla finale di Miss Italia. E quando mai – come è capitato al sottoscritto durante la visione – nelle sale dei multiplex si vede tanta gente incitare con urla e applausi gli eroi bidimensionali del grande lenzuolo bianco? Invece è questo che accade all’imbolsito boxeur che torna per la sesta volta in forma sulle note trionfanti di Bill Conti. Un piccolo miracolo di super-empatia, da vola-al-cinema d’altri tempi, che impedisce di mortificare lo sforzo del Balboasauro di rimanere in piedi altre 15 riprese. In un’ora e mezza scorrono velocemente (molto velocemente) facce note, invecchiate, imbiancate, sdentate. Il figlio di Rocky che nell’episodio 5 faceva il ribelle è diventato una specie di rappresentante della Tecnocasa perchè – ovviamente – “non crede in se stesso” come i personaggi interpretati da Silvio Muccino. L’unico attore vero, con quell’intatto sapore anni 70, resta il mitico Paulie (Burt Young).
Certo se dovesse arrivare Rocky 7 ci sarebbe da ridere. Eppure, confesso, ritornerei ancora una volta in sala con un vaso grosso così di pop corn a cantare parapààà/paaarapà allo stallone diventato nel frattempo tacchinone italiano.
Autore: Sandro Chetta