Da tutti definiti giustamente, una band di pop raffinato, i parmigiani Reflue si esprimono con un sound che è perfettamente equilibrato tra rock e pop senza mai sfociare in nessuno di questi due generi, grazie alla lodevole capacità di restare perfettamente in equilibrio. Nelle dodici tracce di “A collective dream”, che segue “Slo-mo”, l’esordio del 2002, il sestetto si esprime con un indie-pop-rock che evoca gli Scisma, con un occhio di riguardo agli Eels e a Neil Young. Il loro sound poi è molto pulito, grazie all’intrigante lavoro di alternanza che viene svolto dai cinque musicisti. In questo modo, infatti, non c’è mai nessun nessuno strumento che sovrasta gli altri, tranne le eccezioni di “Confession of a ghost” e “Zimmer”, dove la sei corde di inerpica su assoli pieni, ma non pesanti, né ridondanti. I Reflue riescono ad essere spesso avvolgenti e vellutati e non disdegnano timide incursioni nel jazz (“A collective dream”, “Martina’s treasure”).
Autore: Vittorio Lannutti