Fuori al Modernissimo, mentre aspettavamo di entrare al concerto di Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, un amico, oltre a lodarne le doti artistiche, lodava anche il loro modo di stare sul palco, il loro fare “avanspettacolo”. Avevano già dato spettacolo – mi diceva – alla Fnac, dove nel pomeriggio avevano dato vita a uno showcase molto apprezzato.
Succoso antipasto di quello che sarebbe successo la sera. Ospiti di “Musica d’Oltrevoci”, rassegna nata dalla volontà di restituire il centro storico di Napoli ai napoletani, in questo caso, attraverso la musica, i due musicisti, lei pisana, lui casertano, sono riusciti a riempire quasi per intero la sala grande del Modernissimo.
Interpreti raffinati di un modo di fare musica troppo spesso negato al grande pubblico, i due si sono presentati sul palco, voce e contrabbasso, senza preamboli e hanno subito attaccato. “Aninnia”, ninna nanna sarda in cui la Magoni ha subito dato mostra della sua grande voce. Giocano quasi col contrabbasso, prima di attaccare una “Come together” riarrangiata, come d’ altronde molti dei brani che compongono i due album, “Musica Nuda” e “Musica nuda 2”. La gente in sala è completamente in silenzio, e non potrebbe essere altrimenti, occhi e orecchie proiettate sul palco, mentre Petra Magoni attacca “Io sono metà”, che, svelerà alla fine, è il brano scartato a Sanremo. E allora ci diamo una ragione in più per capire perché il festival ormai non lo segue più nessuno, e soprattutto perché questo è stato il peggior anno della storia. Ma chi se le ricorda le canzone di questo Sanremo? Come fa il piccione?
Insomma, forse, a dire la verità, ai nostri non è andata poi tanto male, e quasi per ringraziare il fato dello scampato pericolo regalano al pubblico, in sequenza, “Roxanne” e “Prendila così”. Fino a qualche tempo fa non avrei mai pensato di potermi entusiasmare tanto con contrabbasso e voce. Vergogna!
E intanto comincia il vero e proprio spettacolo sul palco. Dopo le prime “schermaglie” a intramezzare i pezzi, comincia un duetto, a tratti comico, che vede la Magoni nella parte del leone e Spinetti a fare da spalla (non me ne voglia) timida e comica. Ovviamente, per la serie non sparate sulla croce rossa, l’argomento Sanremo non può mancare, ma lo si affronta tanto ironicamente che a chiamarla polemica viene quasi da ridere. Poi è anche un ottimo modo per introdurre la canzone vincitrice del ’64, quando il palco dell’Ariston fu conquistato da Gigliola Cinquetti con “Non ho l’età”, che sotto le mani esperte del duo diventa un valzer. Fantastico.
Dai Beatles ai Police, passando per Cinquetti e non potendo che arrivare a Madonna. “Like a Virgin” (“ecco come la verginità è stata affrontata negli anni ‘80”, la presentazione), e dopo con contrabbasso a mo’ di basso, “Fever”, e a dire la verità si comincia anche a sentire un bisbiglio in sala; la gente comincia a canticchiare.
Un imperdibile Gaber, “Non Arrossire” e poi “I will survive” e l’immortale “Somewhere over the rainbow”.
È un continuo dialogo tra il palco e il pubblico, la Magoni e Spinetti, la Magoni e il contrabbasso, Spinetti e il francese, si perché Spinetti e il francese è stato uno dei leit motiv della serata. E uno dei momenti più toccanti è stato quando, dopo la divertente “Il cammello e il dromedario” hanno attaccato una versione italica di “Ne me quitte pas” di Jacques Brel, per l’occasione “Non andare via” (moi, je t’offrirai des perle de pluie venues de pays où il ne pleut pas, una delle frasi d’amore più belle mai cantate), e infine un “Tuca tuca” blues, fino al cavallo di battaglia “Guarda che luna” dove la voce della cantante pisana raggiunge vette inesplorate.
Ventuno pezzi per quasi due ore di musica, e un consiglio. Se nella vostra città leggerete i manifesti del concerto di Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, non importa quale musica solitamente ascoltiate, se vi piace la Musica, fateci una capatina, poi mi fate sapere.
Autore: Francesco Raiola
www.petramagoni.com