Chi vive a Napoli ed è appassionato di musica, conosce le difficoltà cittadine nel proporre spazi adibiti ai concerti adeguati, specie quando si tratta di location al chiuso.
Le cose vanno decisamente meglio con la bella stagione, periodo durante il quale è possibile anche rivalutare alcune delle incantevoli strutture del capoluogo campano, siano esse siti d’arte o meno. In particolare esiste l’Arena Flegrea, anfiteatro sorto all’incirca a metà 1900, che varie peripezie ha subito nel corso del tempo, ma di certo una delle location migliori in quanto ad acustica (aspetto, spesso, sottovalutato, chissà perché…).
Da qualche mese c’è una nuova gestione che sta cercando di rinverdirne i fasti e di aprirla pure in inverno per esibizioni al chiuso nel foyer. Speriamo bene…
Superato questo preambolo, veniamo all’oggetto della nostra recensione, ovvero l’esibizione dei Massive Attack. In apertura, come già avvenuto in altre occasioni, vista l’amicizia e le collaborazioni tra Raiz ed il gruppo di Bristol, c’è stato il set degli Almamegretta. La band è parsa in buona forma, complice la discreta fattura del nuovo album EnnEnne e della produzione affidata alle sapienti mani di Adrian Sherwood, il cui “tocco” riecheggia dal vivo, dando continuità a quanto proposto in studio.
Dopodiché è la volta di Robert Del Naja e soci. Al contrario di quanto avviene in genere, con Napoli spesso tagliata fuori dai circuiti della musica internazionale, le origini campane di 3D (il moniker di Del Naja) hanno portato quasi dagli esordi i Massive Attack dal vivo dalle nostre parti, favorendo una miglior comprensione della loro evoluzione musicale e non.
Come nel tour di qualche anno fa ancora una volta capeggia dietro la formazione inglese un’enorme schermo a led dove si susseguono una marea di slogan, talora in contrasto fra loro, a simboleggiare l’estrema schizofrenia della società moderna, in perenne conflitto tra globalizzazione e guerre fra popoli.
In questa orda di messaggi e poderosa sollecitazione dei sensi si inserisce la musica dei Massive, connubio di elettronica e rock (il ruolo della chitarra elettrica sembra in crescente aumento). Quello che colpisce, in particolare nella parte centrale dell’esibizione, è l’inserimento inserimento di vari pezzi claustrofobici e urticanti, quasi che la parte “trip” abbia la meglio sul versante “hop” della loro proposta.
Ovviamente non sono mancati i classici del repertorio, quali Hymn of the Big Wheel (interpreta, al solito, dal vocalist giamaicano Horace Andy ), Inertia Crips, Karmacoma (con tanto di partecipazione di Raiz) e la conclusiva Unfinished Sympathy a dare respiro ad un’esibizione altrimenti tendente al cupo ed, in vero, non troppo lunga.
Nel complesso si può serenamente affermare che il nuovo giro di concerti abbia portato al massimo perfezionamento la formula live dei Massive Attack sia sotto il profilo visuale che musicale. Complice il prossimo disco attualmente in lavorazione, si tratta d’ora in poi di ripensare a che cambiamenti portare, onde evitare il cul-de-sac della ripetitività.
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autore: LucaMauro Assante
foto:Roberto Della Noce
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