Il paesaggio scandinavo percepito dagli occhi (o dall’immaginazione) di tre ragazzi catanesi va descritto con ipnotico tintillìo di glockenspiel e arpeggi delicati che a poco a poco diventano riff nervosi, ridotti all’osso, pronti ad infrangersi negli incastri ritmici che diventano più corposi con lo scorrere dei secondi. C’è anche una voce, ma è volutamente in secondo piano. Svanisce presto, con la stessa discrezione con cui era comparsa. E’ “Different shapes of scandinavian landscape”, la traccia d’apertura del primo Ep dei Diane And The Shell (distribuito da Goodfellas). Evocativa, sognante.
Il minimalismo di “Two miles to next fuel station” richiama i Tortoise di “Millions Now Living…”, ma s’interrompe dopo poco più di due minuti, proprio quando il dialogo tra il basso e gli armonici di chitarra si faceva interessante. La lunga “Gregor” è tutta un’incastrarsi di parti di chitarra ossessivamente reiterate e due voci dolenti, che assieme costruiscono scenari sinistri, immersi in un mood poco confortante. Il malinconico ondeggiare di “Diane and the shell” segue la tipica trama del post rock chitarristico più emotivo, protraendosi per più di sei minuti senza particolari sussulti. Più affascinanti le atmosfere da ninnananna un po’ spettrale di “Thank you, good night” (con un bell’organo elettrico) e le sperimentazioni di “Under tv light”, piccola scheggia con voci impazzite accompagnate da una chitarra acustica. C’è spazio anche per una bonus track: i Diane ritrovano finalmente il pedale-distorsione scomparso nei meandri dello scantinato-sala prove, e si lanciano in un convincente, convulso, allucinato noise-rock spigolosissimo, in cui s’insinuano subdole melodie vocali sbiascicate, tra un “cantato” psicotico e mille dissonanze.
In definitiva: ho l’impressione che le idee migliori siano quelle purtroppo appena abbozzate, e che la scrittura sia appesantita dalle tante citazioni di un sound (Slint, June of 44) cui i Diane And The Shell ammettono candidamente di inspirarsi. Attendiamo fiduciosi il seguito, che di elementi che fanno ben sperare, nonostante tutto, ce ne sono in abbondanza già in questo primo, acerbo EP.
Autore: Daniele Lama