Artista e soggetto del funky jazz più complessivo, Hiram Bullock va di scena al Blue Note, nei consueti lunedì all’insegna del non solo jazz.
Forte di un curriculum sonoro che lo vede protagonista indiscusso nello scenario mondiale della black music più creativa, Hiram, accompagnato da Steve Logan al basso e da Jeremy Gaddie alla batteria, riesce a soddisfare i palati più esigenti del non numerosissimo pubblico milanese, concentrando in poco più di novanta minuti, tutto il meglio che si possa pretendere da un musicista del suo calibro.
Fra virtuosismi da guitar hero e immancabili performance da black vocalist in voga, Hiram (ahimè sembra una versione lipidica dell’artista di qualche anno fa!) riesce a sintetizzare le forti venature funky rock, con gli altruismi soul e gli ammorbidimenti style jazz.
In realtà la soddisfazione del pubblico non sempre equivale all’effettivo valore della performance, fatta dai numerosi equilibrismi di Hiram (perfetto manager della chitarra di hendrixiana memoria), e dalle molteplici sbavature non sempre all’altezza della situazione (mi riferisco alle innumerevoli gaffe stilistiche di Logan e al sound project molte volte poco chiaro e confuso).
Alcune track da “Try Livin’it” (album che raggiunge appena la sufficienza!) molti successi, qualche riuscita cover (“I shot the sheriff”di Marley versione rockeggiante, e “Every breath you take” fatta in mezzo ad un complesso d’edifici di proprietà della Motown) sono la struttura essenziale del concerto.
Fra le curiosità da segnalare, il duetto inedito fra la suoneria di un cellulare di un immancabile soggetto pubblico sprovveduto, e la chitarra di Hiram che (inizialmente infastidito!) va dietro alla canzoncina rivelando di se un certo eclettismo sonoro e anche una buona dose di simpatia.
Un mostro sacro del guitar pensiero incappato in una serata non proprio indimenticabile.
Lo rivedremo presto in situazioni piu consone?
Autore: Luigi La Delfa