Di lui si sa pochissimo, e poca anche è la voglia di dettagliarsi più di tanto nelle pagine interne della copertina del disco. Ma quel che è certo è che Dente è un cantautore sui generis, meritevole di tanta attenzione: la sola chitarra acustica, sorretta da percussioni, batteria e qualche volta da qualche effetto elettronico sempre molto discreto e mai gridato, disegna delle composizioni assolutamente originali, sempre molto brevi, schegge di follia lucidissima fatte di melodie semplici ma che riescono a suonare nuove e mai sentite.
A voler pescare a forza qualche ispiratore, verrebbe di fare il nome di Battiato, ma nemmeno il cantautorato più classico è estraneo alla formazione di questo ragazzo: eppure tutti gli apporti suonano inediti e freschi, in questa piccola ma intensa prova di bravura che regge benissimo anche alla prova dei testi (dove tipicamente crollano i gruppi e gli artisti italiani gettati allo sbaraglio).
Non sono ermetici, ma non sono banali: che si può pretendere di più?
Le 16 track di questo album non sono propriamente canzoni, dato che spesso non durano più di due minuti, sono casomai spunti, schegge impazzite di composizione, a volte singole melodie che sembrano catturate al volo e altrettanto al volo riprodotte, con grande leggerezza.
Ma è una leggerezza che nasconde il saperci fare: molte soluzioni con le quali Dente circonda la sua chitarra acustica di accompagnamento sono davvero azzeccate, e rendono l’album una piccola perla.
Naturalmente, non è roba per i palati consumati a colpi di Sanremo degli amanti della canzone classica da cantautore. Ma questa è la sua forza e la sua originalità.
Autore: Francesco Postiglione