Le Luci della Centrale Elettrica è un ragazzo di Ferrara, Vasco Brondi, che ha sfornato un album, Canzoni da spiaggia deturpata (pubblicato per La Tempesta, l’etichetta dei Tre allegri ragazzi morti, prodotto da Giorgio Canali) che è sulla bocca di tutti, nonché sulle prime pagine di tutte le migliori riviste specializzate, da quando è uscito (“Le canzoni sono state molto probabilmente fraintese, ha venduto per ora 4000 copie, ne ha parlato bene persino Fox uomo, GQ e il Resto del Carlino”). Merito anche di un ottimo demo che da tempo circolava tra gli appassionati. Un cantautorato punk che a tratti ricorda i CCCP, uno degli ultimi gruppi che ritiene importanti, testi di nebbia e provincia, flussi di coscienza che lo caratterizzano.
A leggere quello che ha dichiarato in altre interviste, la sua storia sa di sogno americano. Va alla presentazione del libro del suo cantante preferito (Moltheni), gli lascia il cd e dopo pochi giorni viene chiamato ad aprire i suoi concerti, incontra Giorgio Canali, un altro mito (assieme a Paz e Tondelli, tanto per dirne un paio), che lo prende sotto le sue ali protettive e gli produce l’album.
Gli abbiamo fatto qualche domanda. Anzi abbiamo cominciato chiedendogli di farsela una domanda e la risposta è…
C’è una domanda che non t’hanno ancora fatto? Sai quella che, sognando un giorno di rilasciare un’intervista, speravi ti venisse fatta.
Avevo sogni di altri tipi, una domanda tipo “Come va?” potrebbe andare più che bene.
A parte un ovvio incremento del numero delle date e della geografia delle stesse, che effetto fa essere considerato la (ormai ex next) big thing della musica italiana? L’esplosione dopo un demo acclamato dalla critica.
È abbastanza incredibile, in generale mi sbatto così tanto che non sto neanche a pensarci su più di tanto. Cerco di essere il più indipendente possibile dalle luci della centrale elettrica, vorrei che la mia vita non coincidesse del tutto con loro. Potrebbe finire tutto dopodomani e farei qualcos’altro.
Facciamo finta che chi ci legga non sappia chi sei (non si sa mai). Come ti descriveresti? O meglio, come descriveresti il tuo excursus musicale?
Sono uscito da camera mia con delle canzoni improponibili che non erano né ballabili né angloamericane né allegre né registrate bene e sono piaciute a un po’ di gente. Parlano di provincia, di persone dalla condotta di vita deplorevole, di amori tossici. Sono state registrate meglio, Giorgio Canali ha curato gli arrangiamenti e suonato le chitarre elettriche, Max Stirner l’ha mixato al Natural HeadQuarter di Ferrara e le abbiamo messe insieme in un disco che si chiama Canzoni da spiaggia deturpata, è uscito a maggio. Le canzoni sono state molto probabilmente fraintese, ha venduto per ora 4000 copie, ne ha parlato bene persino Fox uomo, GQ e il Resto del Carlino.
Cosa rispondi a chi ha visto un certo ammorbidimento nel passaggio tra il demo e l’album?
Di solito bestemmio.
Non ci vuole un genio per capire l’importanza che dai ai testi. Non ti dà fastidio che a volte si parli più del testo che della tua musica in generale?
Assolutamente no. Però credo anche che i testi arrivano perché c’è un’atmosfera musicale sotto, se li leggessi e basta non credo arriverebbero da qualche parte. Per il prossimo disco cercherò anche di imparare a suonare.
Testi che uniscono luoghi, sensazioni (tante), ritagli di giornali (“I cassonetti in fiamme fanno un odore strano, i nostri discorsi seri di ieri intercettati dai finanzieri…”), immagini di periferia…si uniscono a un cantautorato punk. Come nascono e, soprattutto, come crescono le tue canzoni?
Ci mettono mesi, mi ci avvicino solo quando ne ho voglia. Cambio le parole di continuo, cambio la struttura della canzone, finché all’improvviso mi accorgo che è finita, che non c’è niente che mi dà particolarmente fastidio. Che ci sono delle cose che ho voglia di cantare e che non mi vergogno di suonare. Quando sono abbastanza riassunte e non ci sono orpelli né sfoggi di nessun tipo allora è finita. Mi piace che ogni canzone sia una specie di città, con i suoi personaggi, gli sfondi, le storie, le discoteche, le carceri.
Qual è la cosa che maggiormente ti fa incazzare?
Diverse migliaia di cose. In generale quel tipo trasversale di ignoranza che crea dei microcosmi o macrocosmi fuori dalla realtà. Dalla lega nord al blog musicale.
Hai avuto feedback anche da importanti siti letterari italiani (Primo Amore), oltre a seguire Nazione Indiana, quindi la domanda nasce spontanea. Cosa leggi in generale e qual è l’ultimo libro che hai letto? Ma, soprattutto, cosa leggi di letteratura contemporanea italiana (non so perché ma il tuo album lo vedo come ottima colonna sonora ai libri di Raul Montanari; noir e periferia, e, come detto prima, molte immagini suggestive)?
In generale leggo diverse cose, adesso sto leggendo Roma K.O. romanzo d’amore droga e odio di classe. Ho finito l’altro ieri Il lavoro culturale di Bianciardi che quando ho finito di leggerlo l’avrei abbracciato, una figata pazzesca. Poi sto per leggere l’ultimo libro di Paolo Nori, un’altra di quelle persone che a sua insaputa mi ha cresciuto.
L’ultimo album che hai amato, invece?
Purtroppo non mi viene in mente niente, è un po’ che non mi capita niente che mi faccia impazzire, cosa che invece mi capita quasi quotidianamente con i libri. Penso che gli ultimi pezzi che ho amato siano nei provini del prossimo disco di Giorgio Canali & Rossofuoco. In generale forse dovrei risalire ad un disco qualsiasi dei CCCP.
Quali sono stati il complimento più apprezzato e la critica negativa che più ti ha fatto incazzare?
Entrambe le cose mi entrano da un orecchio e mi escono dall’altro, per dire una banalità. Nel momento in cui ti scardini di continuo la gabbia toracica in pubblico per istinto di sopravvivenza fai quasi finta di niente quando senti dei giudizi universali su cose che hai vissuto e che non sono un esercizio stilistico. Non posso ricevere critiche che non mi sia già ripetuto da solo un milione di volte molto prima.
Facciamo un po’ di associazioni d’idee. Mi dai una definizione per ognuna di queste parole: La Tempesta, Coop, Estate, Nazione indiana, Provincia, Canali, Mio fratello è figlio unico?
No. 😉Autore: Francesco Raiola
lelucidellacentraleelettrica.blogspot.com