Il Siren Festival
un festival “altro”, che coniuga perfettamente la musica di qualità con la bellezza del territorio.
di Sara e Serena Ferraiolo
Musica, mare, cultura, buon cibo, sole, persone.
Il Siren Festival non è un classico festival, è tutto questo. Giunto alla sua terza edizione, un’edizione da record di presenze, questo evento piccolo ma di grande intensità, si svolge ogni estate a Vasto, cittadina abruzzese sul mare, che in quattro giorni si anima, cambia pelle, accoglie gente da tutta Italia.
Oltre a offrire una valida proposta musicale ai possessori di biglietti e abbonamenti, il Siren Festival ha adibito un palco all’esibizione dei più giovani talenti italiani della scena (Francesco Motta, Cosmo, tra gli altri) a ingresso gratuito, allargando in questo modo la platea degli interessati trai quali qualche curioso si è infiltrato .
Le sue piazze storiche e le viste mozzafiato sul mare fanno da sfondo ai concerti. Sui palchi, negli scorsi anni si sono alternati grandi ospiti, del calibro dei Mogwai, The National, mentre quest’anno gli headliners sono Editors, Thurston Moore e Notwist che ripropongono “Neon golden”, loro album del 2003. L’offerta è senza dubbio di ampio respiro, e la miscellanea di generi – dal rock all’elettronica- e artisti nostrani e internazionali offre uno sguardo d’insieme sulla situazione attuale del panorama musicale, o almeno di quella fetta che negli anni ha predominano negli ambienti “indie”.
Ma passiamo al day by day.
Apre ufficialmente il festival il live del giovedì sera di Lee Ranaldo, ex Sonic Youth.
Il venerdì è invece la volta di Editors, Calcutta, Adam Green e di giovanissimi artisti della scena elettronica inter-nazionale come Yakamoto Kotzuga e Nosaj Thing.
Venerdì
Passiamo metà della nostra giornata al lido Sabbia d’Oro, spiaggia ufficiale del festival, tra dj set e birrette, con in sottofondo i sound check dai palchi su in paese.
Il primo live a cui assistiamo è quello degli inglesi A.R. Kane: il duo, costituito da Alex Ayuli e Rudy Tambala formatosi nella zona di East London nel 1986 ed attivo fino al 1994. Non avevano molto in comune con la scena rock, ma appartenevano spiritualmente alla stessa generazione di My Bloody Valentine e Cocteau Twins, quella che spingeva all’eccesso della musica psichedelica. Con interventi jazz e acid rock , punte shoegaze ed elettroniche , il loro live è raffinato.
Facciamo un breve passaggio al Tuborg stage, dove ha inizio il live di Giacomo Mazzucato, in arte Yakamoto Kotzuga . Il suo live elettronico è intenso e allo stesso tempo spensierato e leggero, perfetto per un tramonto estivo, con sonorità dub, bassi, atmosfere glich delicate. Come un vento fresco nelle sere d’estate.
Passiamo da un palco all’altro, ad attenderci, nel Cortile di Palazzo d’Avalos, gli audio video di Nosaj Thing. Un set completamente diverso dal live precedente: qui è elettronica nera, mista a hip hop da cui Jason Chung è sempre stato ispirato , sonorità cupe con aperture quasi ambient, per non dire new age, retaggi trip-hop , bassi, minimalismi sintetici e video ipnotici.
Ci perdiamo negli assaggi dei food truck e saltiamo gli spagnoli The Parrot, per spostarci in Piazza del Popolo dove sta per iniziare il live di Calcutta.
Ormai di concerti ne ha fatti tanti, Edoardo ha preso dimestichezza con il grande pubblico e si mostra disinvolto sul palco. È cresciuto, nella voce e nella sicurezza.
È incredibile come il pubblico di Calcutta sia trasversale, di tutte le età, appassionato. Le sue hit, Frosinone, Fari, Cosa mi manchi a fare e l’ultima Oroscopo, infiammano la platea a suon di cori e braccia alzate.
È’ proprio con Cosa mi manchi a fare che, in un’inedita versione cantata insieme a Niccolò Contessa dei Cani, chiude il concerto.
Passiamo velocemente davanti ad un affollatissimo Tuborg stage, ascoltiamo un paio di pezzi di Cosmo, divertente , ma dopo poco eravamo al Cortile di Palazzo d’Avalos per il concerto di Adam Green che già la sera prima aveva presentato il suo ultimo film Adam Green’s Aladdin.
Adam Green è un folletto adrenalinico, salta sul palco, si spoglia, canta.
E’ vestito come il cappellaio matto e porta sul palco tutte le sue hit.
Un sorriso enorme dall’inizio alla fine.
A seguire il live dei tanto attesi Editors che, a prescindere dai gusti personali, bisogna riconoscere, hanno dato vita ad una performance impeccabile. Tom Smith è un frontman in grado di tenere il palco per due ore di concerto, con grande energia e empatia. un ripasso al completo dell’intera discografia della band fino all’ultimo In Dream. Un concerto coinvolgente, dedicato a un pubblico caloroso di irriducibili fan.
Sabato
Dopo una giornata passata al sole e al mare di Vasto Marina, torniamo ai concerti.
Un breve passaggio doveroso ai giardini d’Avalos per la presentazione di Superonda di Valerio Mattioli, libro sulla musica italiana nel decennio tra il 64 e il 74.
Ci perdiamo Joan Thiele, giovanissimo talento emergente della musica italiana (ha solo 24 anni) e andiamo direttamente a piazza del Popolo dove ha inizio la performance dell’australiano Ry X ( Ry Cuming) .
La prima impressione è di trovarsi davanti al sosia di Bon Iver, è in effetti chiarissimo da chi tragga ispirazione. Il live è molto bello, empatico, intimo, rilassato e leggero. Una dolcezza infinita questo barbuto australiano, fa innamorare, rapita, metà della platea.
Nel Cortile dei giardini D’Avalos, il tanto atteso Thurston Moore, con la sua band.
Ritroviamo il leader dei Sonic Youth in splendida forma. Abbraccia la chitarra con la sicurezza di chi ha fatto la storia della musica.
Distorsioni e feedback, schitarrate sporche, assoli noise, grunge sporco e ruvido, lunghe progressioni strumentali.
Proprio quello che volevamo sentire. Moore sale sul palco con due chitarre e un leggio per i testi.
E’ accompagnato da una band non da poco: Debbie Googe dei My Bloody Valentine al basso, Steve Shelley alla batteria, James Sedwards alla seconda chitarra.
Thurstone sembra rivolgere lo sguardo al passato, a quel passato di cui lui è uno dei principali protagonisti, che ha cambiato l’estetica della musica underground americana.
Abbandoniamo il concerto prima del previsto per aggiudicarci un posto in prima fila al concerto dei Notwist, band che, in quegli anni a cavallo tra i 90 e i 2000, è stata massima rappresentante del filone elettro glich pop tedesco che ha portato con sé ricordi e band altrettanto meravigliose, ormai delle meteore, come Lali puna, Ms John Soda, Tarwater , Thomas Morr e altri.
I Notwist negli anni sono cresciuti, hanno portato avanti la loro opera evolvendosi e cambiando continuamente stili e impostazioni per adattarsi ai tempi. Hanno felicemente riabbracciato le sonorità rock che caratterizzavano la loro primissima formazione e dato vita a album interessanti negli ultimi anni.
Nessuno però passerà alla storia come Neon Golden. Ed è proprio questo album che portano al festival, in una versione totalmente inedita, dalla forte struttura elettronica, intensissima.
La nostalgia ci porta via con brani come Consequence, Pick up the phone, Pilot. Un salto nel passato, molto toccante, soprattutto per chi quell’album l’ha consumato, l’ha vissuto.
Una performance impeccabile.
Non riusciamo a raggiungere Francesco Motta, per la calca di gente che si è formata davanti al Tuborg stage e eccoci all’ultima performance della serata, quella de I Cani. (Sì, restiamo letteralmente di sasso alla notizia dell’annullamento del concerto di Gold Panda per un problema di salute).
I Cani non hanno mai convinto particolarmente noi loro live, ma ci siamo ben ricreduti. Sarà stata l’atmosfera o l’entusiasmo travolgente di Niccolò, o la carrellata di pezzi dai primi famosissimi Lexotan, Maledetta Sfortuna, I pariolini di diciott’anni, Velleità ai più recenti dell’ultimo album “Aurora”.
Non finirà fa ballare il pubblico come fossero i Duft Punk, mentre Il posto più freddo porta qualche lacrima. O sarà per la fine di questa seconda bellissima giornata di festival?
Domenica
A chiudere il festival la performance acustica del cantautore folk americano
Josh T. Pearson nella suggestiva cornice della Chiesa di San Giuseppe.
Arpeggi di chitarra, storie romantiche. Un’atmosfera rilassata, perfetta per la fine di un festival.
Di nuovo poi tutti in spiaggia, al lido Sabbia d’Oro, dove ci aspetta una grigliata e dj set.
Il nostro Siren volge al termine, lasciando una sensazione di incredibile nostalgia sin da subito.
Un festival fatto di persone principalmente, che ci credono e che si mettono in gioco perché l’Italia con i suoi eventi e le sue bellezze storiche e territoriali, sia alla stregua di altri paesi europei ove la musica trova i suoi spazi e il suo pubblico.
Si è respirata un po’ di quell’aria internazionale anche qui, in un piccolissimo paese dell’Abruzzo, che , se continua così, non sarà più in grado di ospitare tutto il popolo del Siren che cresce a dismisura di anno in anno.
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