Se in questo momento mi chiedeste di indicare un personaggio che vive “di” musica, “con” la musica, “per” la musica – e con le preposizioni mi fermo qui, almeno per ora – il primo nome che probabilmente vi farei sarebbe quello di Julien Fernandez. Francese trapiantato in quel di Pescara, Julien è non solo il vigoroso batterista delle creature math-noise Chevreuil e Passe Montagne, ma anche mente dell’attivissima agenzia di promozione 5ive Roses Press, e, se non vi bastasse, pure il fondatore dell’etichetta Africantape, che in un anno di vita circa ha sfornato il ritorno dei Three Second Kiss, l’ottimo debutto degli Aucan, il nuovo dei Passe Montagne e, da poche settimane, l’esordio di un supergruppo denominato Hey! Tonal. Proprio l’uscita del secondo lavoro dei Passe Montagne – “Oh my satan” – ci ha offerto l’occasione ideale per intervistare Julien, il quale ci ha risposto con l’estrema cortesia che lo contraddistingue non appena rientrato in Italia da un intenso tour europeo.
Ciao Julien, ho letto che “Oh my satan” è stato partorito in maniera molto rapida ed istintiva, anche a causa del fatto che tu e gli altri due componenti del gruppo vivete in Paesi diversi e quindi cercate di capitalizzare al meglio quelle poche occasioni in cui riuscite ad incontrarvi per suonare. Puoi dirci qualcosa di più sull’atmosfera, sulle sensazioni e sugli umori che avete respirato durante i giorni trascorsi insieme a registrare il materiale?
In realtà, la composizione del disco si è fatta su 3 anni di lavoro ma con tempi molto dilatati. Io tornavo in Francia 2/3 volte l’anno per ogni volta 1 settimana/10 giorni di prove. Dal loro lato, Sam e Gilles lavoravano insieme per comporre grosso modo i pezzi, e io arrivavo e dovevo trovare velocemente soluzioni alla batteria. Non avevo molto tempo per rifletterci quindi le mie scelte sono state molto impulsive. Poi, come dico sempre, abbiamo passato più tempo a togliere cose che aggiungerne, per ridurre sempre i pezzi all’essenziale.
Il disco era quindi già teoricamente costruito prima di registrare. In studio, è andato molto velocemente. Due giorni di prese live, un giorno di mix. Eravamo concentrati al 100% sul disco, come pensarlo, come renderlo diverso dal primo, come far suonare gli strumenti, come non annoiare l’ascoltatore e noi!
È stato molto eccitante ma anche difficile perché siamo perfezionisti. Lavorando in questo modo, suonare musica e registrarla diventa una cosa molto esclusiva. Direi una cosa molto preziosa.
L’atmosfera generale durante la registrazione è comunque stata tranquilla grazie a Miguel Constantino che ci ha registrato in Bretagna, in una casa enorme in mezzo al nulla.
Tra i solchi di “Oh my satan” emergono abbastanza chiaramente influenze Seventies, come se la volontà fosse stata quella di superare certe soluzioni “noise” ormai standardizzate andando a recuperare le radici “rock” di quel suono (per dire, nello stacco finale di “La loi c’est la loi” io ci sento gli AC/DC…). Quanto è consapevole questa direzione presa dalla vostra musica e quanto figlia puramente dell’urgenza creativa? Ed è pensabile immaginare un possibile sviluppo futuro verso brani cantati?
È molto consapevole questa direzione. Hai proprio tradotto bene una cosa che cerco di spiegare da tempo in italiano! Dal mio punto di vista, la musica noise in generale sta diventando un po’ noiosa. Credo che questa musica si è chiusa in un circolo vizioso. Oggi, tanti gruppi riproducono gli schemi/cliché noise/math rock senza uscirne. Attenzione! Non dico che Passe Montagne sia diverso da questi gruppi, abbiamo solo cercato di guardare altrove per scrivere. Ascoltando e riascoltando la musica rock/hard rock e pop degli anni 60/70, abbiamo scoperto che alla fine, tutti questi gruppi avevano già capito tutto, facevano già noise ma con più delicatezza. Siamo andati a cercare idee nel passato per poi trasformarle a adattarle all’attualità. Sul nostro primo disco, c’è un brano cantato da un amico irlandese. Adesso stiamo proprio cercando qualcuno per cantare per il futuro. Probabilmente sul terzo disco ci sarà!
La Africantape, l’etichetta da te fondata che arriva con “Oh my satan” al numero 3 di catalogo, mi sembra abbia già una sua precisa identità, ben riconoscibile fin dal packaging (sempre in cartoncino, sempre dello stesso formato e sempre molto curato a livello grafico per tutti i cd). Qual è il manifesto programmatico che anima l’attività della label?
L’etichetta è nata quando ho ricevuto il disco dei Three Second Kiss. Questo disco mi è piaciuto tantissimo e mi ha dato voglia e coraggio per buttarmi nell’avventura di creare un’etichetta, di proporre un identità musicale particolare ad un pubblico. Grazie alla mia agenzia di promozione, avevo già in mano tutti gli elementi per sviluppare questo progetto senza prendere troppi rischi.
Non voglio programmare nulla nell’attività. Più dei dischi, mi piace quello che succede tra l’uscita di un disco e l’altro. L’articolazione fra le uscite crea l’etichetta e il suo senso.
Mi piace però aspettare il momento giusto per far uscire un disco o seguire un gruppo.
Per esempio, una settimana fa, appena tornato dal tour dei Passe Montagne, ho deciso di far uscire il nuovo disco di un gruppo italiano per ottobre. Il disco era nella mia posta. Boom… colpo di fulmine.. andiamo, facciamo!
L’ultima release della Africantape è l’omonimo degli Hey! Tonal – quintetto comprendente Kevin Shea (Storm & Stress, Talibam! Get the People…), Mitch Cheney (Rumah Sakit, Sweep The Leg Johnny…), Dave Davison (Maps & Atlases), Alan Mills (Chii-saioto) e Theo Katsaounis (Weather, Joan of Arc…) – un lavoro che ho trovato denso e molto valido… Ma vuoi dirci qualcosa tu, visto che tra l’altro partecipi attivamente in un brano del disco come batterista aggiunto? E, avendoci lavorato fianco a fianco, qual è aspetto che ammiri maggiormente nel drummin’ di Kevin Shea?
Questo disco è un lavoro molto particolare che è in cantiere da diversi anni. Il disco è stato costruito a distanza. Ogni uno si registrava dal suo lato e poi, Mitch Cheney e Alan Mills hanno lavorato alla costruzione di ogni pezzo. È un lavoro da pazzi, nel senso che trovo che alla fine i pezzi suonano live. È un disco di genere, un disco prodotto con le tecnologie di adesso. Lo trovo molto eccitante e fatto molto bene.
Kevin è amico mio da tanto tempo, è una persona incredibilmente umile che suona benissimo, che cerca sempre di andare avanti. C’è qualcosa di intuitivo/controllato nel suo modo di suonare che apprezzo molto. Ammiro il suo senso dell’umorismo, I suoi occhiali e soprattutto il suo modo di ridere!! Ammiro anche tanto il primo disco di Storm & Stress che è secondo me un capolavoro e dove si risente benissimo l’espressività di Kevin.
Escludendo i validi nomi presenti nel catalogo della tua Africantape, quali sono gli artisti/i gruppi italiani che al momento ti sembrano maggiormente degni di interesse?
Direi senza esitare gli OvO. Trovo il loro ultimo disco bellissimo, fuori norma. Sono anche persone alle quali mi sento vicino nel mondo della musica.
Claudio Rocchetti è anche un personaggio. L’ho visto pochi giorni fa suonare. Molto bello. Abbiamo anche visto i Gi Joe che sono anche bravissimi musicisti.
E poi, questo gruppo di cui ho ricevuto il cd, Io Monade Stanca.. un strano mix tra Big’n, Polvo, Honey For Petzi e non so che altra cosa che mi fa venire i brividi…
Ci saranno anche tanti altri gruppi che purtroppo non conosco…
E dalla Francia quali realtà ci consigli di seguire?
L’Ocelle mare, senza dubbi. Electric Electric, giovane gruppo che ha un potenziale molto interessante. Choo Choo Shoe Shoot e una grande parte del catalogo della giovane etichetta Kythibong records… gli amici di Papier Tigre che proprio stanno diventando un gruppo grosso…. Poi, ci sono talmente tante altre cose interessanti in generi di musica diversi che potrei fare una lista così lunga che farebbe di questa pagina html una cosa che non darebbe voglia a nessuno di leggerla!
Tu che hai un punto di osservazione privilegiato, lavorando come promoter un po’ in tutta Europa, quali ti sembrano le principali differenze tra l’Italia e, che so, la Francia, la Spagna, la Germania e l’Inghilterra, se si parla di organizzazione di eventi, di vitalità dei clubs, di coinvolgimento del pubblico e di collaborazione con i mass media locali?
Ogni paese ha le sue particolarità.
Spesso, i giovani musicisti vengono trattati male (ma anche a volte i più famosi della scena indie). Si suona per pochi soldi perché i promoter non vogliono più prendere rischi.
In Germania sei trattato come una merda, sei pagato alla porta di solito o ti danno un garantito abbastanza basso (ci sono rare eccezioni).
In UK, sono stato positivamente sorpreso quando ci abbiamo suonato ultimamente. In Francia dipende…. ci sono ottimi locali, in Italia anche… Belgio, Svizzera e Austria sono paesi bellissimi dove suonare è sempre un piacere.
Non lo so, ovunque ci sono difficoltà e ogni paese ha anche il suo lato positivo.
Stessa cosa per il pubblico… so che di solito in Francia è spesso un po’ freddo. In Belgio la gente è sempre fantastica…
Ma non vorrei generalizzare. Parlo solo dalla mia propria esperienza…
I media seguono sempre quello che succede nella musica indie.. Alcuni paesi non reagiscono allo stesso modo su un disco.
A volte è divertente vedere un disco farsi distruggere in Italia e vedere feedbacks super positivi in UK e Francia!
Sarà una questione di cultura di gusto……….Autore: Guido Gambacorta
www.africantape.com