Ci sono bei concerti, e concerti scadenti. Poi, al di sopra di tutti, c’è Giorgio Canali. Ciò che si legge, dal suo sguardo, è ciò che si riesce ad apprendere dalle sue canzoni, dal suo modo di essere sul palco, dai suoi movimenti, dall’oceano profondo che nasconde dietro i suoi occhi. Al Doria, famoso club situato nell’omonima via del quartiere Vomero di Napoli, si è esibito “nostro signore del tritolo”, in uno show durato più di un’ora e mezza, durante il quale, in un clima ovattato, quasi onirico, un flusso incessante di rabbia, speranza, odio, rancore, fuoco e lampi, distorsioni, urla, continui “fottetevi”, gin tonic e tamburi stuprati, ha investito i presenti in maniera prepotente, come una slavina, come un fiume in piena.
Alle undici e mezza, la figura quasi eterea di Canali sale sul palco, come un fantasma, apre il concerto presentandosi con Quello della foto e sembra quasi fisico l’impatto che il sound del chitarrista emiliano riesce ad avere sul pubblico, sembra di assorbire le onde provenienti dagli amplificatori a livello cellulare. La voce di Canali rimbomba, come se fosse fuori sincrono con gli strumenti o con il mondo esterno. Canali è in contatto con il pubblico, ma in maniera diversa dal solito: la sensazione è che il filo argentato che lo collega con i presenti in sala si dipani da lui verso ognuna della settantina di persone in estasi, singolarmente e non come massa.
Inutile discutere sulla preparazione tecnica: i Rossofuoco fanno testo a parte, in confronto a tutto ciò che si ascolta in giro.
Il mood del concerto si riassume nello sguardo di Canali verso Luca Martelli alla batteria o Marco “Testa di fuoco” Greco, divertito per aver saltato una frase in un brano o nello sguardo perso in se stesso di Claude Saut al basso; è ciò che la band riesce a trasmettere, emozioni, sensazioni, stati d’animo, che danno il valore aggiunto al concerto.
Si ripercorrono un po’ tutti i periodi del nuovo Canali, con brani tratti da Nostra signora della dinamite, da una Lezioni di poesia con un attacco alla terza strofa distorto e possente che sembra far cadere all’indietro i fortunati riusciti ad occupare le prime file, fino ad una chiusura da Giorgio Canali & Rossofuoco con una No Pasaran, partita in sordina ma che, ovviamente, non si è riusciti a continuare in maniera pacata. Paisà, Precipito, Mostri sotto il letto, Va tutto bene, mischiate in maniera surreale, “una sopra l’altra” così come il pubblico, così come la band, così come i pensieri che naturalmente salgono a galla guardando un pezzo di storia d’Italia che tiene il palco da far invidia, oltre ogni regolamento, oltre ogni televoto o premio della giuria.
Il fuoco si sente, si respira. Pesci nell’acqua, Paisà, Rossocome, Questa è la fine… Canali non ha limiti, ed anche alla fine dell’esibizione è evidente la sua voglia di continuare a darsi in questa maniera prorompente, non da tutti, decisamente violenta ma mai distaccata. E’ parte del pubblico, anche lui.
Autore: A. Alfredo Capuano
www.giorgiocanali.it