Dopo due album Passover (2006) e Direction to See a Ghost (2008) ben accolti dagli amanti delle sonorità psych rock, i Black Angel, si ripresentano con questo nuovo lavoro.
In Phosphene Dream il quintetto di Austin, che prende il nome da una canzone dei Velvet Underground (The Black Angel’s Death Song), non si limita a riproporre scolasticamente idee datate, ma sin dalle prime battute mostra la capacità di catturare atmosfere e visioni dei sixties. La musica dei Black Angel è un marchio a fuoco, una passione sviscerata e sanguigna per i padri della psichedelica, 13th Floor Elevator, Jefferson Airplane, Doors.
All’ascolto Phosphene Dream appare compatto, disseminato di spunti sufficienti ad allontanare anche il minimo pericolo di calligrafismo. Basta pensare agli improvvisi cambi di marcia, alle chitarre affilate e feroci, l’organo sepolto in profondità quasi a tessere un sottofondo ipnotico.
Per fugare ogni dubbio sulla portata di questo album basta lasciarsi andare all’ascolto dell’open-track, una linea di basso pulsante e distorta in primo piano, unita ad una batteria minimale. Bad Vibrations sembra avviarsi verso atmosfere dark, ma all’improvviso le chitarre entrano in scene, accelerando in una cavalcata impetuosa. Haunting at 1300 McKinley con i suoi colpi di chitarra e batteria possiede garage-groove esaltante e bastardissimo. Su Sunday Afternoone e Telephon, con l’organo a segnare il beat, non si riesce a stare fermi, c’è solo voglia di divertirsi.
Lo spettro dei Doors aleggia invece su River Of Blood e i nostri amici tornano lividi e tormentati. L’attacco di Entrance Song è un riff granitico e poderose rullate di batteria. In Phospene Dream le chitarre sfrigolano cariche di effetti finendo per trascinarci in un lungo trip. Le chitarre The Sniper suonano meravigliosamente e riportano alla mente il mood di un rock blues suonato dai Led Zeppelin.
In Phosphene Dream c’è tutto questo e molto altro ancora da prendere e ascoltare. Un album splendido e maturo, tra i migliori di questo 2010.
Autore: Alfredo Amodeo