Proemio: “Road to nowhere”….E’ bastato aprire il suo concerto con questo brano a David Byrne per meritarsi subito una standing ovation a serata appena iniziata e passare da incognita a mattatore di questo appuntamento. Tant’è che subito terminato il pezzo, si è udito più persone dal pubblico urlare ringraziamenti.
Andando per ordine: serata fresca dal punto di vista meteorologico e centrale del calendario del Neapolis Festival, evento della giornata, h. 21.00 Air ed a seguire come preannunciato David Byrne. L’Arena Flegrea, dove hanno luogo i concerti, non è stracolma come qualche avvenimento appena passato, sui lati degli spalti ci sono diversi e ampi spazi vuoti così che quando Nicolas Godin e Jean Benoit Dunckel hanno voluto, c’è stata la possibilità di ballare e addirittura accennare a dei piccoli girotondi. Pubblico entusiasmato solo in parte, un po’ stanco di guardare solo le stelle, tant’è che parecchie persone sono un po’ rimaste deluse da una performance troppo distaccata ed “asettica”. I vecchi successi (si, si sempre quelli…) sono stati accolti con dei veri e propri boati, parecchia gente si aspettava di ballare e di muoversi, invece molto spesso le chitarre (acustiche e non) e tutta una serie di strumenti analogici, a partire dai synth, ha sì dato al suono e ai brani un volto molto retrò ed elegante, ma nella maggior parte dei casi, i suoni venivano fuori troppo puliti e “perfettini”, poche chicche, troppo elettronici per alcuni, troppo rock per altri. Finale incandescente con un’interminabile e lodevole “Femme d’argent”. Penso tuttavia che il duo di Versailles abbia portato avanti un concerto fin troppo onesto, sicuramente non eccitantissimo o sopra la media, probabilmente troppo sopravvalutato in partenza anche perché a questo punto, i live degli Air restano un po’ una scommessa….
Scommessa vinta invece per lo zio scozzese David Byrne (magari fosse mio zio….), un personaggio che come al solito resta imprevedibile. E’ partito quasi quasi come da spalla agli Air, invece mi è proprio parso di notare che l’Arena era tutta quanta per lui anche per una folta presenza di non giovanissimi talvolta con bambini al seguito…Va in ogni caso detto che il concerto del Nostro è stato molto più dinamico di quello dei francesi di cui sopra. A parte il fatto che per tutto il tempo ha scherzato con il pubblico, corso, saltato e rischiato l’infarto. Due chitarre, basso, archi e batteria; mentre gli Air, col loro egocentrismo, hanno oscurato e rilegato in secondo piano i turnisti, sul palco di David (eeeh ci sto in buoni rapporti…) ci sono più sorrisi e una maggiore intesa, a parte il fatto molto divertente che tutti indossavano una comodissima salopette.
Dopo l’inizio scoppiettante come ho già accennato su, la testa delle teste parlanti, ha alternato vecchi, vecchissimi e nuovi successi. Il concetto è quello espresso in “Grown Backwards”, finissimi arrangiamenti d’archi che si sovrappongono ad una struttura rock dei brani. Così è stato per quasi tutta la serata.
Dagli spalti c’è la possibilità di udire ad un numero di decibel superiore alle leggi in vigore smodate ovazioni del calibro: “Capajà si o’ meglioooooooo” (traduzione figurativa: “oh musicista dal capo color bianco-grigio tra i tanti artisti e personaggi che conosco sono convinto con assoluta certezza che tu sia il migliore!”)
Splendidi, spensierati e raggianti i pezzi-Talking Heads, riflessivi, fitti e intriganti quelli Byrne-solo. Alcune inaspettate perline: mi viene da citare “I Zimbra” e “Life during the wartime” da “Fear of music” (1979), puntualissime invece “Lazy” e “Like Human do”, scontata ma lo stesso prodigiosa “Psycho Killer”. Il punto di commozione più alto è raggiunto col primo bis: assistere ad una celestiale “Heaven”, voce e chitarra, capita solamente “Once in a lifetime”…
Autore: Luigi Ferrara