1983, Tour de France esce in versione single. L’armonia di questo brano è fondamentale per comprendere la colonna sonora de “La Grande Boucle”. Per realizzare questo “inno” Hutter si autoimponeva grandi spedalate per i dintorni di Dusseldorf solo per cantare con il fiatone da corsa. Per riprodurre al meglio i “suoni” di una bicicletta, ne furono portate diverse nel Kling Klang studio e sommerse di microfoni. Poche righe per descrivere la rigida ossessione della premiata ditta Hutter&Shneider: la perfezione assoluta! Una delle ragioni per la quale gli “operai” dissenzienti W. Flur e K. Bartos hanno lasciato anzitempo il duo di cui sopra (hanno affermato che non è possibile lavorare mesi interi per pochi minuti di brano), il primo, negli anni a seguire al penultimo album in studio, “Electric Café”, ha scritto anche un libro “Ich War ein roboter” (Io sono stato un robot), un’autobiografia colma di risentimenti e di pura protesta verso i suoi ex-colloghi, mentre il secondo da poco ha prodotto “Communication” un robustissimo lavoro tecno-pop per così dire “moderno” ma alquanto mediocre. Hilpert e Schmitz hanno sostituito gli arti della band nella stessa maniera in cui venivano utilizzati i precedenti, ne più ne meno, la mente(alità) resta sempre e comunque la stessa.
In effetti suppongo che il ritorno dei Kraftwerk al momento è secondo solo a quello di Maradona a Napoli. Gli anni sono passati in fretta, quello che prima girava attorno a Dusseldorf, all’Europa e alla Terra è totalmente cambiato. Ennesimo concept album, la radioattività, i treni e le autostrade, i robot-uomini-macchina e i il mondo dominato da computer, avevano una propria ironia, avevano un senso preciso anni fa, eppure l’ipnosi Kraftwerk riesce ancora a trovare una via di sfogo: la passione! Gli ex allievi di Stockhausen notoriamente patiti di ciclismo si sono tolti uno sfizio bello e “romantico”. Mi sapreste dire uno sport più dinamico, veloce e meccanico del ciclismo? Uno sport meno violento ancora? Più faticoso? Ecco per me quali sono i migliori aggettivi per definire “Prologue”, “Etape 1, “Etape 2”, “Etape 3” e “Chrono”, semplici e non geniali. Geniali, i Kraftwerk, lo sono stati trent’anni fa con “Tone Float” (quando erano ancora Organisation), “Kraftwerk 1”, “Kraftwerk 2” (quelli dei birilli), oppure quando per la prima volta la sperimentazione si è fusa con il pop e le auto ti sfrecciano nei timpani in Autobahn, 1974.
Il sarcasmo, se vogliamo è ancora fervido: dopo una corsa estenuante, l’attenzione si focalizza sui problemi passati e presenti. L’assenza del doping quest’anno ha fatto passare la competizione quasi in secondo piano, almeno agli occhi dei media. “Vitamin” spara a zero un po’ su tutti anche se a salve, solo per dare uno spavento diciamo: il testo è solo un elenco di vitamine, enzimi e carboidrati…
In una gara agonistica seria e che si rispetti, può mai mancare un “Electro-Kardiogramm”? No, assolutamente! Difatti da lontano si ode un cuore a dare la base ritmica, mentre volano come carta sintetizzatori e vocioni tedeschi duri come il marmo mentre Hutter inspira e respira.
Dalla fisica e dai sequencer, invece, viene fuori una corposa “Aero-Dynamik”, davvero molto molto materiel et technik!!! Si corre via via verso lo sprint finale dove, sorpresa annunciata, vi troviamo appunto “Tour de France”, quella di vent’anni fa, giusti giusti, che sarebbe dovuta andare a finire in un album mai uscito che doveva intitolarsi “Technopop”. “Tour de France Soundtrack” non è un capolavoro, non è per tutti i gusti e va ascoltato effettivamente alla fine del viaggio lineare che i Kraftwerk hanno percorso durante gli anni. Un album monotematico che come al solito non trova una virgola fuori posto, molto meno “tedesco” rispetto al passato (quasi tutto cantato in francese!!), e soprattutto molto più…come dire…”colorato”….ed energico.
A volte mi sembra di sentire un po’ un “riciclaggio” di suoni, gli strumenti saranno anche moderni, ma lo stile di utilizzarli è rimasto lo stesso. Anche perché sembra di capire che i K. restano senza fonti di ispirazioni a parte loro stessi, il loro narcisismo e la loro tecnica curata a livelli maniacali. Le idee comunque sono rimaste lucide e durante tutto il tour, non si avverte il minimo affanno né una briciola di stanchezza. Rispetto al passato avverto comunque una maggiore distensione, suonare di qualcosa di più “umano” e non del tutto meccanico risulta differente.
Autore: Luigi Ferrara