Dopo l’amarezza per l’attentato dell’11 settembre e l’incitamento alla sua città a rialzarsi, dopo aver cantato il dramma della guerra nell’inferno di diavoli e polvere, dopo esser andato a ritroso alla ricerca delle sue radici, per ricongiungersi con le radici irlandesi del padre, Bruce Springsteen si sente un uomo libero. Libero di cantare con scioltezza, senza impegnarsi troppo, ma dare finalmente spazio al suo canto libero. “Magic” non sarà uno dei suoi apici creativi, ma considerando che arriva dopo una serie di lavori non solo ottimi, ma soprattutto di un notevole spessore culturale, va benissimo così. D’altronde il cantautore del New Jersey è stato molto generoso finora e non si è risparmiato, quindi concediamogli pure una manciata di canzoni easy. Dopo cinque anni pubblica un disco con la E street (al completo, dato che dei pezzi se li è sempre portati dietro, oltre alla moglie) con canzoni cantate per il gusto di cantarle e di suonare insieme agli amici di sempre. L’aria che si respira, infatti, è quella che ha cauterizzato il periodo a cavallo degli anni ’80. La struttura delle canzoni è spesso molto simile a quella del periodo che va da “The River” a “Born in the U.S.A.”, ovviamente escludendo “Nebraska”. Quasi tutte le canzoni ruotano attorno alla ballata rock con solidissime chitarre, innesti qua e là del sax di Clemons ed un ritmo quasi sempre scoppiettante, a partire dal bellissimo singolo “Radio nowhere”, che diventerà sicuramente un suo cavallo di battaglia. Le tematiche dei brani ruotano attorno alle relazioni, sia con l’altro sesso che con gli amici: a proposito l’ultimo brano, senza titolo, è dedicato ad un suo amico morto di recente, e a riflessioni come “Long walk home” dove continua ad omaggiare il padre, tema portante è la spinta ad andare sempre avanti. “Devil’s arcade” è l’altro brano che spicca per intensità e profondità e nel quale Springsteen si esprime con tutto il suo carisma. “Magic” è dunque un lavoro forse interlocutorio e non all’altezza delle sue pietre miliari, ma non si può sempre pretendere il massimo da uno che fino all’anno scorso ha dato moltissimo.
Autore: Vittorio Lannutti