Scavando nei consueti e ripetitivi percorsi della realtà provinciale cittadina, si possono incontrare delle vene sotterranee cariche di energia, entusiasmi romantici (nell’accezione culturale del termine) e profonde sensibilità umane.
E’ il caso di una band e del suo frontman Francesco Stilo Cagliostro, un ventinovenne reggino d.o.c., che in questo anno del signore 2012, si è prodigata autonomamente autoproducendosi, nell’uscita di un dolcissimo ed elegante EP, che raccoglie quattro intensi brani di questo novello cantautore cittadino, lontano purtroppo dai grandi circuiti e relegato ai sotterranei musicali della penisola, di cui ho avuto la fortuna di poterne testimoniare le qualità.
Un percorso iniziato dalla fine degli anni ’90, che lo vedeva cantare un grunge ancora in auge con i Junk Food, dall’allora Covent Garden fino ai passati fasti dell’Arezzo Wave, un lungo pellegrinaggio per le strade di Genova, dentro una crisi giovanile che ne ha temprato l’animo e sviluppato una vena poetica, divenuta libro di poesie e racconti, e da qui un ritorno sulle natie sponde calabresi, rivelatesi un sunto di tutte queste esperienze di vita, che si sono concretizzate in questo intenso album automissato, autoprodotto, ed eseguito magistralmente con le tecniche più analogiche possibili sotto le ferree leggi del nuovo millennio digitale.
Atmosfere squisitamente acustiche accompagnano queste liriche giovanili e promettenti che raramente scadono nel banale, nel già sentito, penetrando nelle corde emotive dell’ascoltatore grazie ad una semplicità di fondo che ne ingrazia l’ascolto.
Quattro brani dove la musica incontra il testo e ne sposa tutte le sfumature, dove è la poesia a far da padrona sublimata da dolcissimi accordi di strumenti classici dal leggero retrogusto melo’, un gruppo di valenti ragazzi reggini a supportare il progetto, lanciano Francesco Stilo in un viaggio dentro il tempo dei suoi ricordi e delle sue storie vissute, concretizzandoli in quello che era il suo sogno di ventenne di allora, ovvero far sì che la sua lirica diventi materiale, impressa temporalmente dentro un supporto musicale.
Abbiamo le partecipazioni di Pierpaolo Casile, storico amico del frontman, alle percussioni, vedi djambè e darabouka, Demetrio Giordano dei Kalavria al contrabasso, Marco Modica al violino, Luca Salice al flauto, Gabriele Casile ai fiati artigianali, ragazzi con i quali Francesco ha finalmente trovato l’alchimia giusta per realizzare il suo più che decennale lavoro.
Il disco si chiama “Era solo paura”, e purtroppo non ha canali mediatici che ne supportino la diffusione, ma proprio per questo si dimostra opera artigianale ben costruita e dai risvolti puri e limpidi.
La grande idea, il sogno, sarebbe stato racchiudere l’intero progetto, ovvero una decina di brani, in un album più complesso, del quale Stilo aveva già l’archetipo. Sarebbe dovuto essere “La cipolla e il Sandalo”, ovvero ancora l’incontro tra il tempo, la cipolla intesa come il suo personale orologio da taschino, ed il viaggio, idealizzato nei sandali, questo il titolo del sogno del cantautore, ancora non realizzato per mancanza di denari, ( un album interamente missato da una produzione ha spese abbastanza elevate) , ma tuttavia nulla è ancora detto.
Autore: Vittorio Renzelli