E’ uscito a metà gennaio, finalmente, il disco d’esordio degli Atari (intitolato “Sexy Games For Happy Families”), tra le più brillanti rivelazioni della scena indipendente nazionale degli ultimi anni. Player 1 (voce, synth, programming, batteria) e Player 2 (voce, basso, synth) ci raccontano com’è nato quello che si preannuncia uno dei dischi più “freschi” dell’anno, straripante di melodie pop clamorosamente “catchy”, suonini presi in prestito ai videogiochi di un paio di decenni fa (ma con la cosiddetta “micromusic”, ci tengono a precisare, non c’entrano praticamente niente), e ritmi electro assolutamente irresistibili. Il disco, che esce su etichetta “Freakhouse Records”, è stato prodotto da Mario Conte, già a lavoro – come produttore o musicista – con Epo, Meg, Peppe Barra ed altri, e sarà distribuito in Italia da Venus. L’unico dilemma: decidere quale gioco mettere nella gloriosa consolle a fine intervista, visto che i pareri sono discordanti. Sempre sperando che la cartuccia funzioni…
Dalle registrazioni casalinghe ad un vero studio di registrazione: quali aspetti del vostro sound pensate siano venuti maggiormente fuori in questo “passaggio”? Pensate che invece qualcosa si sia in qualche modo “persa per strada”?
Player1: Beh, era inevitabile che il disco, quello vero, suonasse più “suonato”!. Tutte le batterie delle registrazioni “demo” erano programmate o comunque campionate. Lo studio, e soprattutto Mario Conte, produttore artistico del disco, ha dato ai pezzi un tiro più rock, quella sinergia che cercavamo tra i suoni “warm” dei distorsori e delle batterie acustiche e quelli “freddi” delle frequenze a 8-bit. Quello che purtroppo uno studio professionale non può garantirti è il continuo abbaiare del tuo cane, che rientra incessantemente in tutte le tracce della voce. Chi ha comprato le nostre prime demo può vantarsi di possedere materiale veramente raro!
Player2: l’esperienza dello studio influisce sul modo di concepirlo il sound, perché rende capaci di sapere fino a che punto si può intervenire per renderlo più piacevole. Ma tutto quello che può essere andato perso non sono che errori di concezione.
Un vostro brano è stato inserito nella compilation “Bit Beat”, raccolta dedicata alla scena “micromusic” italiana. Nonostante il nome della band e l’uso di certi suoni a 8 bit, però, mi sembra che la vostra musica abbia poco a che vedere con il genere in questione…che ne pensate?
Player1: Si, credo che la micromusic sia una gran bella paraculata. E’ manierismo allo stato puro. Pochi di quelli che conosco sono riusciti a far nascere qualcosa di interessante suonando un gameboy o un commodore. Sembra più un “comodo rifugio stilistico” quello di adoperare esclusivamente suoni da “piattaforma” per comporre musica. Quello che sicuramente condividiamo è la stessa nostalgicità verso qualcosa che ha comunque segnato la nostra infanzia, tuttavia però non possiamo, ne vogliamo, credere che gli 80’s siano stati solo Joystick e tastierine Casio.
Player2: Spesso ci capita che la gente incappi in questo tipo di equivoco, cioè di farci passare per un duo che fa Micro. Il fatto che il gruppo si chiami Atari non significa che si debba restare necessariamente ancorati ad un certo stile: di sicuro ci piace giocare con tutti i “suonini” simpatici da consolle, ma che siano da ornamento.
Qual’è stato l’apporto di Mario Conte al risultato finale di “Sexy Games…”?
Player1: Mario è prima di tutto un musicista, e per questo ha saputo tirar fuori il sound degli Atari, e non quello “di Mario Conte”. Credo sia importante e non scontato, che un produttore artistico presti la sua professionalità e la sua esperienza ai fini di rendere migliore ma non alterare il risultato finale di un disco. Credo che lui sapesse fin dall’inizio cosa volevamo, quindi spesso non è stato necessario parlare. Quando qualcosa nelle registrazioni, come un synth, una voce, un basso, era una merda, lo era per tutti.
Player2: La presenza di Mario Conte in studio ci è stata molto di aiuto, principalmente per le sue capacità di venire incontro alle nostre idee, ma anche per il suo buon “gusto”, col quale ci siamo trovati da subito in perfetta sintonia. Nei giorni di studio è stato quasi come un terzo “Ataro”.
Avete una formazione piuttosto “anomala”: avete mai pensato di “assumere” un terzo elemento…chessò, un chitarrista, ad esempio?
Player1: Si, ultimamente sento un bisogno inappagato di “assumere” un campanaccista.
Player2: se avessimo un chitarrista la formazione non sarebbe più “anomala”, ma rinuncerei volentieri all’anomalia se venisse Graham Coxon a chiederci di entrare nella band.
In “8 bit love” dichiarate di voler diventare “uomini ad 8 bit”. Siete veramente convinti che una trasformazione del genere renderebbe meno complicata la vita quotidiana?
Player1: Quella sessuale sicuramente. Dovresti provare a fare sesso a 8-bit. Niente stanchezza fisica, nessuna obiezione dalla tua donna, niente ansie da prestazione. Are you ready to play hard…?
Player2: Sicuro. Minimalizzazione di informazioni superflue…
Rimpiangete le “vecchie tecnologie di una volta” (soprattutto in ambito dei giochi elettronici), ma poi vi siete fatti conoscere in giro soprattutto grazie ad internet… non vi sembra una contraddizione?
Player1: La Chiesa non è forse tra le istituzioni più conservatrici che si conoscano?. Non per questo il Papa si astiene dal “servirsi” di mezzi di comunicazione di massa. Ciò che non ci piace invece dei giochi elettronici moderni è che tendono ad un iperrealismo grafico ingiustificato. Il gioco è un momento di distacco dalla vita reale, ed in quanto tale, è giusto che conservi quella diversità figurativa dalla realtà. Da qui nasce il nostro amore per i videogame del passato, dove gli eroi ad 8-bit non sono i terroristi, i rapinatori, i calciatori che puoi vedere alla TV.
Player2: infatti il nostro non è un “rimpiangere” le vecchie tecnologie, piuttosto riproporle a modo nostro, riportare alla luce un pezzo della nostra felice infanzia. È un approccio più nostalgico…ma ogni era ha la sua gloria e noi dobbiamo comunque tantissimo al canale di diffusione del web.
Da uno a dieci, ditemi quanto è importante per gli Atari…1. la melodia; 2. il ritmo; 3. la presenza scenica; 4. i testi.
Player1: 10, 10, 10, 6
Player2: 9,11,12, 3
Se potesse scegliere di rinascere in uno qualsiasi dei decenni passati, in che anno vi piacerebbe poter decidere di fondare la band?
Player1: 1972, quando Nolan Bushnell fonda l’Atari Inc.
Player2: non potendo prescindere dal nome del gruppo…non abbiamo molta scelta dal momento che la Atari Corporation nasce negli anni settanta, ma di sicuro negli 80’s a tenere testa ai Righeira…
Pong o Space Invaders?
Player1: Pong, naturalmente.
Player2: Space Invaders.Autore: Mauro Pietra
www.myspace.com/atariboys