A sei anni da “La morte dei miracoli” torna a farsi sentire il miglior rapper italiano, che con quest’ultimo lavoro non risparmia fendenti all’italiota medio e alle ambiguità della politica istituzionale. Frankie giunto al fatidico terzo album conferma la sua grande capacità di mettere insieme parole e rime sì d’effetto, ma anche pungenti, confermando di essere il migliore. Tuttavia, “Ero un autarchico” non ha l’immediatezza di “Verba manent”, né l’oscurità de “La morte dei miracoli”, è forse più solare, ma anche più sfacciato.
Il rapper di Città di Castello si adagia, mastica e sputa le sue rime, mettendo in evidenza la falsità degli schieramenti politici usando la metafora (che è metafora fino ad un certo punto) del calcio, utilizzando il jingle di “90° minuto” nel “Rap lamento” e rivendicando ne “L’inutile” (con la collaborazione di Paola Cortellesi) il senso della sua assenza dal mercato da sei anni, a differenza di chi pubblica in continuazione canzoni banali.
Dopo la partecipazione al film “Paz”, deve essere nata l’amicizia con Antonio Rezza, che in due frammenti “Virus” e “Zero a zero” ci delizia con le sue interpretazioni del fallito di una società che pretende l’emergere dei vincenti. Frankie continua a non lesinare critiche alla televisione ne “Gli accontentabili” che ha un filo diretto con “I benpensanti” e a scavare nelle sfaccettature negative e positive dell’anima in “Anima nera”. Insomma un Frankie a tutto tondo, come sempre un grillo parlante rompiscatole.
Autore: Vittorio Lannutti