La serata si rivela subito connotata da un fastidioso quanto antiestetico disguido tecnico qual’è il tilt del mixer centrale, che si traduce in un ritardo a catena di tutti i tempi ed i modi in cui la serata doveva essere strutturata. L’entità dell’inconveniente si evince dalla necessità del cantautore marchigiano di effettuare il suo sound-check a notte inoltrata, con la conseguenza di costringere diverse decine di persone ad aspettare alla diaccio “di un gelido inverno” (citando il passo di un suo brano recente) fino ad oltre le 23.
Finalmente dentro si viene accolti dalla soffusa musica di Maxa (aka Massimo di Nocera), in trio di classe dalla musica raffinata quanto dall’impianto estremamente confidenziale e “liberty” (con un parallelo all’arte plastica) perciò non sempre dotata del dovuto mordente. Poi è la volta dei sorrentini Icelighters, band tardo-pop con claque al seguito: stucchevoli, decorativi, prevedibili, senza idee, un misto tra Le Vibrazioni ed i Negramaro, il tutto spalmato per l’irragionevole durata di circa un ora.
Finalmente è la volta di Moltheni, in tour dopo la fortunata uscita di Toilette Memoria (per la label La Tempesta), probabilmente il suo lavoro più denso ed equilibrato, basato su idee efficaci e di eccellente fattura, pensato e suonato con un’anima vintage ma non nostalgica, che riesce ad esaltare, all’interno della dualità che lo ha sempre contraddistinto, il suo lato più profondamente dolente e fieramente romantico, rispetto a quello più incandescente e rock.
Questo mirabile equilibrio non si riesce a scorgere in un’esibizione live in cui la ricca gamma di sfumature sonore viene inghiottita dal set a base di basso e batteria sparati fortissimi nelle casse. Gli episodi migliori vengono spesso annacquati da balbettii e tentennamenti.
Tra i punti saldi del concerto ci sono sicuramente le bellissime “L’amore d’alloro” e “Nella tua bocca”, così come il singolo dell’album “L’età migliore”. Inoltre la voce acida e melodica di Moltheni è comunque stupenda, di un fascino ammaliante, così come le delicate trame sonore del piano elettrico wurlitzer, sempre a punto, a dare fuoco e leggerezza ad ogni pezzo.
La band ride, scherza, canticchia le canzoni, si ferma ad ogni pezzo per lunghissime pause a settare volumi e suoni, parla ad alta voce col tecnico, gioca, si distrae, come nella tavernetta della casa in campagna in cui Mogol e Battisti preparavano le canzoni prima delle turnè.
Autore: PasQuale Napolitano
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