Nel 2001 la microscopica etichetta danese Grey Past Records, specializzata in paleologia del rock, dette alle stampe un’annichilente raccolta di musica underground turca degli anni 60-70 intitolata: “26 TURKISH DELIGHTS: ULTRARITIES FROM BEYOND THE SEA OF MARMARA“.
Ci crediate o meno, la Turchia ha una grande tradizione rock garage psichedelica, e dalla metà degli anni 60 alla fine dei 70 – prima cioè che una dura repressione governativa portasse alla censura culturale interrompendo un periodo felice – dappertutto nel paese spuntavanovano fragranti fioriture lisergiche al sapor di theremin, hud, fuzz, sitar e chitarre elettriche. Mentre in Gran Bretagna la cultura pop – e al contempo la controcultura – la facevano Pink Floyd, Beatles, Who, Deep Purple e Kinks, all’altro estremo del continente giovani artisti turchi si rinchiudevano nelle cantine di Istambul e Ankara, e lì dentro nascevano gruppi rock bardati anch’essi, proprio come a London, con pacchiani abitini merseybeat: gente come Erkin Koray, Cem Karaca o Baris Manco non riuscirono mai ad emergere all’estero, ma in patria erano idoli assoluti di una generazione che provò anch’essa a fare il suo 68. Osserva sagacemente il sociologo Gabriel Skoog: “questa musica nacque perchè, come tutti i teenager del mondo, i ragazzi turchi non volevano consumare rock’n’roll, piuttosto volevano essere rock’n’roll”.
E non è neanche il caso di guardare al garage turco degli anni 60 con sufficienza, o semplicemente come all’ennesima bizzarria freak per collezionisti, poichè in molti di questi gruppi c’era dell’esperienza e del talento autentici e non credo si possa dire che il beat italiano, ad esempio, fosse superiore a quello fatto in turchia negli stessi anni, anzi!
La leggenda narra che certa musica moderna giunse in Turchia nel 1956, con alcune date live degli inglesi The Shadows, gruppo surf strumentale che lasciò esterrefatti tutti gettando un seme che negli anni successivi sarebbe germogliato alla grande nell’immaginario giovanile quando partì l’avventura di un’altro gruppo inglese, i Beatles. Ma a quella musica veloce e ballabile, i musicisti turchi aggiunsero del proprio, portando notevoli elementi della tradizione del luogo a fondersi col rock’n’roll occidentale: il materiale contenuto in
questa raccolta abbraccia un periodo che va dal 1965 al 1971, e può essere scomposto in due tipi principali di canzoni; ci sono pezzi del tutto occidentali, alcuni persino cantati in inglese o francese; ad esempio le cover, come quella di ‘In the Deepings’, originariamente degli Artwoods, qui eseguita dagli ineffabili Istanbul Erkek Lisesi, o l’indolente ‘The Great Airplane Strike of 1967’ di Paul Revere & the Raiders, qui cantata dagli straordinari Mavi Isiklar (il cui leader mastica e sputa la lingua inglese con la stessa indolenza snob del giovane Bob Dylan di ‘Subterranean Homsick Blues’), o ancora la cover di ‘Over Under Sideways Down’ dei ribelli Yardbirds, eseguita qui da Izmar Özel Karsiyaka Lisesi; ma il piatto forte del fenomeno garage turco anni 60 fu la contaminazione, 30 prima della world music e del crossover moderno, cui s’arrivò tra il rock’n’roll e la musica popolare turca, che portò al secondo tipo d’incisioni presenti in questo ‘Turkish Delights’: composizioni ardite, tutte da scoprire per noi occidentali, in cui gli strani timbri degli strumenti di quel paese si fondono alla nostra musica amplificata per chitarre, creando un mix incredibile che funziona alla grande. E’ il caso di Cem Karaca e gli Apaslar che cantano ‘Suya Giden Alli Gelin’, o di Baris Manço (sorta di Adriano Celentano turco…) che rielabora in chiave garage il tradizionale del Mar Morto intitolato ‘Derule’, o ancora gli inarrivabili Mogollar, i Grateful Dead della Turchia, con la loro lisergica ‘Eastern Love’.
Come sottolinea Gabriel Skoog dell’Università di Washington, nel suo breve saggio sulla musica turca, un ruolo propulsivo fondamentale nello sviluppo del rock’n’roll in Turchia lo ebbe un giornale, il Hürriyet, che dal 1965 ogni anno prese ad organizzare un concorso nazionale seguitissimo, l’Altin Mikrofon (il ‘Microfono d’Oro’), per incoraggiare la musica giovane, permettendo poi ai finalisti di incidere 45 giri, apparire in Tv e fare tournèe nel paese. La condizione però era che questi giovani musicisti inserissero anche elementi indigeni tradizionali nella loro musica.
‘Turkish Delights’ è un disco straordinario, imperdibile per gli appassionati di garage psichedelia, capace di fotografare una scena rock esotica e ormai perduta nel passato un attimo prima del sopraggiungere del progressive; immagino che ai collezionisti sia venuto un colpo, quando hanno saputo dell’esistenza di questa roba qui.
Non cercate questo disco nei negozi, non lo troverete; se vi sarà venuta la curiosità di procurarvelo scrivete ai reponsabili dell’etichetta in Olanda – huiboki@wanadoo.nl – che promettono di vendere per corrispondenza il CD, o meglio ancora il doppio LP originale. Altrimenti, ma solo se non ci sono altre vie, non vi resta che provare su siti come soulseek.
Ecco la fulminante scaletta di ‘Turkish Delights’:
1. Mogollar / Eastern Love
2. Cem Karaca & Apaslar / Hudey
3. Mavi Isiklar / The Great Airplane Strike of 1967
4. Istanbul Erkek Lisesi / In The Deepings
5. Haramiler / Aya Bak Yildiza Bak
6. Bunalimlar / Tas Var Köpek Yok
7. Cahit Oben / Makaram Sari Baglar
8. Îzmir Özel Karsiyaka Lisesi / Over Under Sideways Down
9. Baris Manço & Kaygisizlar / Trip
10. Apaslar / Sans Çocugu
11. Mavi Isiklar / Ask Çiçegi
12. Mogollar / Lazy John
13. Cem Karaca & Apaslar / Suya Gidden Alli Gellin
14. Mavi Isiklar / Kanamam
15. Beybonlar / Nenni
16. Erkin Koray / Çiçek Dagi
17. Baris Manço & Les Mistigris / Il Arrivera
18. Selçuk Alagoz / Saklan Saklanabilirsen
19. Baris Manço / Derule
20. Cahit Oben / Halimem
21. Mogollar / Kaleden Kaleye Sahin Uçurdum
22. Haramiler / Çamilca Yolunda
23. Cem Karaca & Apaslar / Anadolu Oyun Havasi
24. Erkin Koray / Sana Bir Seyler Olmus
25. Mavi Çocuklar / Tamzara
26. Yabancilar / Agit
Autore: Fausto Turi
leggi il saggio: www.muspe.unibo.it/period/ma/index/number8/skoog/skoogweb.htm