“Andrè sulla luna” nel 1979, “E il pavone parlò alla luna” nel 1987, “Cool August moon : from the music of Brian Eno” nel 2000 e adesso 10 notturni (e un’alba) raccolti in “Child of the moon”: quasi un’ossessione, quella di Arturo Stàlteri per il volto pallido della luna…
Abbiamo intervistato il pianista e compositore romano rivolgendogli domande intorno ai suoi ascolti musicali, alle sue letture, alla sua esperienza di attore, ai suoi progetti futuri e al suo passato come tastierista, percussionista e vocalist del gruppo prog-rock Pierrot Lunaire… nuovamente la luna, guarda caso…
“Alla luna” (Giacomo Leopardi)
O graziosa luna, io mi rammento
che, or volge l’anno, sovra questo colle
io venia pien d’angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva
siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia, che travagliosa
era mia vita: ed è, né cangia stile,
o mia diletta luna. E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l’etate
del mio dolore. Oh come grato occorre
nel tempo giovanil, quando ancor lungo
la speme e breve ha la memoria il corso,
il rimembrar delle passate cose,
ancor che triste, e che l’affanno duri!
“Tristezza della luna” (Charles Baudelaire)
Questa sera la luna sogna più languidamente; come una
bella donna che su tanti cuscini con mano distratta e leggera
prima d’addormirsi carezza il contorno dei seni,
e sul dorso lucido di molli valanghe morente, si abbandona
a lunghi smarrimenti, girando gli occhi sulle visioni
bianche che salgono nell’azzurro come fiori in boccio.
Quando, nel suo languore ozioso, ella lascia cadere
su questa terra una lacrima furtiva,
un pio poeta, odiatore del sonno,
accoglie nel cavo della mano questa pallida lacrima
dai riflessi iridati come un frammento d’opale, e la nasconde
nel suo cuore agli sguardi del sole.
Quale di queste due poesie ispirate dalla luna preferisci? Perché ancora una volta la luna nel tuo immaginario musicale?
Difficile scegliere: nostalgica la prima, sensuale la seconda. Due temi che mi catturano.
La luna mi ha sempre affascinato, è rassicurante ma misteriosa, è legata alla notte e alla sua coltre protettiva, ai suoi silenzi che ti permettono di entrare in te stesso e di fare chiarezza.
Nel tuo sito internet “Child of the Moon” viene presentato da una citazione estratta da “Roverandum” di J.R.R. Tolkien: “Mentre volavano alti seguendo la scia che splendeva sul mare, al luna salì ancora e si fece più candida e brillante, fino a quando non ci fu nemmeno una stella che osasse starle vicina e restò tutta sola a risplendere nel cielo d’oriente”. Ci illustri il legame profondo che ti lega alla produzione letteraria di Tolkien, altro filo conduttore di tutta la tua ricerca artistica (con summa rappresentata dal disco del 2003 “Rings : il decimo anello”)?
Mi sono imbattuto per la prima volta nella trilogia di Tolkien quando avevo 18 anni e sono rimasto folgorato! Da allora l’ho letta quattro volte, anche in versione originale e credo che continuerò a farlo. IL SIGNORE DEGLI ANELLI ti trasporta in un mondo parallelo, assolutamente reale. Ti fagocita completamente, è come entrare in un buco nero, ci sei dentro e non puoi
più uscirne, ma non vorresti mai venirne fuori… trovo abbia un forte legame con l’inconscio, con il passaggio dall’adolescenza alla maturità, è un vero e proprio viaggio iniziatico, anche se Tolkien rifiutava categoricamente ogni lettura allegorica dei suoi romanzi.
Il modo in cui nella Trilogia viene affronta la tematica tra il bene e il male è di una modernità sconcertante. Non si può essere completamente vittoriosi sull’oscurità, chi entra in contatto con il male ne sarà segnato per sempre.
Nella sua storia non ci sono veri e propri eroi, ma solo esseri divorati dai dubbi, che fanno del proprio meglio. Non dimentichiamo che Frodo Baggins riesce a distruggere l’anello soltanto per caso, in realtà “the one ring” è più forte di lui. Forse l’unico ad uscirne realmente vittorioso è il personaggio apparentemente più comune: Sam Gamgee…
Che tipo di lavoro hai condotto nella scrittura di “Child of the moon”, con l’alternarsi di notturni in minore e in maggiore e con l’inconsueta chiusura affidata ad un’alba?
Child of the Moon ha avuto una lunga gestazione, due brani sono nati nel 1998 e ne1 1999 (su commissione). Il notturno in do minore l’ho addirittura sognato! Ho voluto muovermi in una maniera prettamente classica, con un pensiero umile e devoto a Fryderyk Chopin. Ho scritto ogni pezzo in una diversa tonalità e/o modo (questo comporta differenti caratteristiche emozionali), giocando comunque con quelle che sono le mie influenze e le mie preferenze musicali, ovvero il romanticismo, il minimalismo, la scuola francese del novecento e, anche se di sfuggita, la
musica celtica e il rock.
L’alba, in fondo è una notte che si infiamma.
Hai stretto sodalizi artistici con Philip Glass, Brian Eno, Alvin Curran, Militia, Paolo Lotti, Arlo Bigazzi, Amedeo Minghi, Nicola Alesini e sicuramente mi sto dimenticando qualche altro nome importante… C’è un artista in particolare con il quale sogneresti di collaborare in futuro?
Se i Rolling Stones facessero un secondo Their Satanic Majesties Request sarei disposto a suonare qualsiasi cosa pur di esserci! Mi piacerebbe anche molto collaborare con i Sigur Ros, con i Radiohead e con Dan Ar Braz.
Cosa resta del tuo passato da prog-rocker?
Credo ben poco, a parte un amore ancora intatto per Keith Emerson, i Genesis di Peter Gabriel e i King Crimson del primo e del secondo periodo.
Non ho un buon ricordo di PIERROT LUNAIRE, mentre sono ancora molto legato a GUDRUN, che venne registrato in un momento di grande armonia tra Gaio, Jacqueline e me.
Ci racconti della tua esperienza come attore in “Musikanten”, con Franco Battiato dietro la macchina da presa?
Ho conosciuto Battiato nel 1999.
Seguo con enorme interesse la sua musica dai tempi di FETUS. Quando mi ha chiamato per la trasmissione televisiva “Bitte, keine reclame” e, in seguito, per interpretare Aloys Schlosser in MUSIKANTEN ho fatto letteralmente i salti di gioia. Lavorare con lui è molto stimolante, sa infonderti grande sicurezza.
Possiede una grande capacità di sintesi e ha l’entusiasmo di un esordiente. Durante le riprese di MUSIKANTEN ho vissuto fuori dal tempo, in un altro mondo.
Ho trovato profondamente ingiuste le critiche negative alla pellicola: secondo me è un film molto originale, in alcuni momenti geniale. Forse non è facilissimo da seguire, ma è perfettamente in linea con lo stile di Battiato: anche le sue canzoni apparentemente più leggere richiedono in realtà un notevole approfondimento culturale.
A livello di esecuzione, qual è secondo te il fondamentale punto di discrimine tra tecnica e accademicità?
La tecnica è essenziale perché ti permette di realizzare quello che cervello e cuore ti suggeriscono.
L’essere accademici è un’attitudine mentale, il talento è quella scintilla in più che ti permette di essere libero dagli stereotipi di qualsiasi scuola e di esprimerti senza limitazioni di alcun tipo.
E sotto il profilo compositivo, su quale livello si possono incontrare spirito di ricerca e comunicatività?
Questo non lo so, non mi sono mai preoccupato di quanto nella mia musica si incontrino questi due aspetti. Credo che il dovere di un artista sia quello di non mascherarsi, di non proteggersi o fare calcoli, ma semplicemente di esprimersi con spontaneità, senza preoccuparsi di quanto le sue opere siano originali o piacevoli.
Tu che hai sperimentato soluzioni elettroniche già nel 1992 con l’album “Syriarise”, come giudichi il recente connubio di Ludovico Einaudi con il mondo dell’elettronica? Hai avuto modo di vederlo in concerto con i To Rococo Rot? Hai ascoltato “Divenire”? Ti è piaciuto?
Mi colpisce sempre molto la grande curiosità di Ludovico verso ogni forma artistica!
Purtroppo non ho avuto modo di vederlo in concerto con i To Rococo Rot e sono riuscito ad ascoltare Divenire solo di sfuggita, mi riprometto di farlo in maniera più attenta.
Trovo sempre molto elegante la sua scrittura, anche se a volte sento la mancanza di un po’ di “turbolenza”.
Gli ultimi 5 dischi che hai comprato?
Sufjan Stevens – Songs for Christmas
Aimee Mann – One More Drifter in the Snow
Keith Jarrett – The Carnegie Hall Concert
Trespassers William – Having
Sting – Songs from the Labyrinth
Hai in agenda concerti per promuovere “Child of the moon”? E quali sono i tuoi nuovi progetti in studio per il 2007?
Sto suonando un po’ dappertutto, dagli spazi delle Feltrinelli e Mel books alle rassegne accademiche e non. Sono stato il 4 febbraio a massa, ospite di una associazione prettamente classica ma con un pubblico molto eterogeneo, sarò a Roma alla Feltrinelli di galleria Alberto Sordi il 26 febbraio, poi sarò in Toscana, Piemonte, Veneto e Sardegna.
Sto lavorando a due nuovi progetti: il primo riguarda un album di solo pianoforte con pezzi molto diversi, dalla mia musica a Franz Liszt, ai Sigur Ros etc..
Il secondo è un disco più corale, imperniato interamente sulle mie composizioni.Autore: Guido Gambacorta
www.arturostalteri.com