L’arrivo dei primi veri caldi coincide ogni anno con la chiusura della stagione della FLOG: ultimi fuochi d’artificio nel mese di maggio con i concerti di Mogwai e dEUS e un arrivederci al prossimo autunno affidato alla musica dei californiani Black Heart Procession.
Antipasto della serata servito dai Lomè, quartetto piemontese (voce, contrabbasso, piano, batteria) che segue la scia degli Avion Travel muovendosi con una certa disinvoltura tra sinuosità jazz e pop cantautorale; a parte il fatto contingente che da sotto il palco dove mi trovavo, con una cassa piantata nell’orecchio destro, non sono riuscito a distinguere una sola parola dei testi, ho comunque trovato un po’ irritante il tentativo del cantante di scimmiottare a più riprese le modulazioni vocali dell’inarrivabile Demetrio Stratos…
…Ma poi bastano le primissime note – la sega che si flette sotto l’archetto del violino – per far riaffiorare immediatamente vecchie emozioni e bellissimi ricordi…: un concerto dei Black Heart Procession alla Corte dei Miracoli di Siena – era il luglio del 2001 – pochi intimi seduti per terra con gli occhi catturati da quell’ombra barbuta seduta su uno sgabello con una sega piegata sopra le ginocchia…, melodie laceranti illuminate dalle stelle, il cuore palpitante in mano…… Ed è stato bello e in qualche modo familiare rivedere dal vivo i Black Heart Procession a distanza di un lustro – barbe e capelli lunghi, lo sguardo di Pall Jenkins nascosto dietro occhiali scuri per tutta la prima parte del concerto, l’espressione quasi smarrita di Tobias Nathaniel – artefici di un suono immutabile perché inconfondibile, eppure in continua fermentazione: una formazione a cinque per canzoni che suonano non così crude e scure come in passato, che forse toccano un po’ meno in profondità ma che sanno graffiare di più in superficie attraverso continue sovrapposizioni delle due chitarre, linee di basso che amplificano l’ineffabilità dei silenzi e un ottimo lavoro della batteria ad aprire e chiudere spazi di fronte al cantato vibrante di Pall Jenkins.
Un live che a me è sembrato consumarsi troppo in fretta – e certo una ventina di minuti in più con altri 3-4 pezzi sarebbe stata assai gradita – articolato tra i brani del nuovo “The spell” (splendida “The letter”) e classici della band che sono dolci carezze per spiriti solitari malati di rimpianti e nostalgie… Nelle gole dei componenti del gruppo scivolano per tutto il concerto lunghe sorsate di birra e whisky; sui volti dei presenti scorre qualche lacrima blu…. Fuori, del tutto inattesa, inizia a cadere la pioggia…
Autore: Guido Gambacorta
www.blackheartprocession.com