L’intervista che segue è stata realizzata a Firenze due ore prima del concerto dei Sigur Ros al Saschall il 24 novembre 2005. Una chiacchierata di quaranta minuti con Kjartan, il pianista del gruppo islandese. Una persona calma e pacata che non si è risparmiata per niente davanti a certe domande. Ama il cinema, ama i registi italiani. Un particolare affetto nutre per Ennio Morricone. Quello che più traspare dalle sue parole, oltre al profondo amore per la musica, il grande legame con la sua terra. Chi nasce in Islanda non può fare a meno dei suoi luoghi, dei suoi interminabili spazi, del suo fuoco e dei suoi ghiacci. Non mi ha dato fretta e mi ha fatto conoscere gli altri membri del gruppo. I Sigur Ros hanno rotto le convenzioni di una musica che aveva bisogno di loro per fare un nuovo passo in avanti. Sono la testimonianza di un rock che si è arricchito di nuove forme espressive. Il falsetto di Jonsi, una lingua completamente inventata; l’archetto che tira fuori dalla sua chitarra gli echi remoti dei fiordi e dei ghiacciai islandesi. Una macchina emozionale che commuove e strapazza il cuore ogni volta. Il potere della semplicità di quattro ragazzi che vogliono, in silenzio, rivoluzionare il concetto di musica: recuperare l’intimità di un piano che suona solo tre note…di una linea di basso che, attraverso lo scarno spettro della semplicità, riesce a scuotere le coscienze.
E’ vero che una volta hai dichiarato “Non sono sicuro che noi apparteniamo a questa generazione”?
Io non ho mai detto ciò…penso sia stato Goggi, il bassista.
Voi vi considerate un fenomeno “fuori” da questa generazione?
Non necessariamente. Io penso che noi siamo una parte di questa generazione. Ma non è importante essere o non essere parte di questa generazione.
Glosoli, e il video che accompagna il singolo di Takk, sembrano essere un appello all’intima rivoluzione. Vi sentite portatori di un nuovo messaggio all’interno del mondo della musica?
No…sarebbe stupido considerarci tali.
E’ vero che sei l’unico ad aver studiato musica?
Si in effetti è vero. Sono io a comporre le partiture per gli archi che ci accompagnano.
La presenza dei bambini all’interno dei vostri video è costante. Perché i bambini?
Il nostro intento è quello di raccontare storie che non siano corrotte dal pregiudizio e lo facciamo attraverso la loro innocenza. Lo sguardo di un bambino è puro, la sua personalità non è inquinata dal male della vita.
Il rock è un fenomeno dinamico che cambia col tempo. Se trent’anni fa “bastava” una distorsione a scuotere le coscienze, oggi non è così. Voi scuotete le coscienze di chi vi ascolta partendo, si, da una matrice rock, ma (attraverso un nuovo linguaggio)
di questo genere siete diventati la testimonianza ( a mio avviso) più matura ed evoluta. Che ne pensi?
Io non so se quello che dici è vero…E’ vero, però, che ogni cosa è stata fatta. Come tu hai detto noi non inseriamo una distorsione e via…Le persone sono anime che cercano nuove esperienze…nuove strade possibili dell’espressione artistica.
Ci sono elementi della vostra musica che vorresti migliorare o approfondire?
Noi non abbiamo una schema da seguire…noi cresciamo insieme alla nostra musica e non pensiamo a nulla in particolare…
Ci sono due video dei Sigur Ros che iniziano con un bambino seduto su una piattaforma davanti al mare…Sono assorti nei loro pensieri…come a testimonianza del fatto che dietro quella storia, dietro quella canzone c’è tutta una meditazione precedente. Quali sono i posti della vostra meditazione?
Ma…ogni posto, penso, possa essere in grado di ispirarti. Ad esempio io potrei lavorare anche camminando per le strade di Firenze. Ma ci sono tanti altri posti.
Per capire…dove tieni il piano a casa tua?
Nell’unica stanza che è in grado di ospitarlo…non è stata una scelta molto libera..
Cosa è cambiato tra “Von” e “Takk” ?
Tutte le persone della band sono cresciute. C’è stata un’evoluzione delle nostre personalità e quindi della nostra musica. Abbiamo cercato di essere quanto più possibile aperti alle contaminazioni. In questi anni molte cose ci hanno sorpreso, tante altre ci hanno incoraggiato.
TIRO FUORI DAL MIO ZAINO LA CARTINA DELL’ISLANDA
Dove abitate?
(indicando) Reykjavik, la capitale.
Se io decidessi di venire a visitare l’Islanda, quali posti mi consiglieresti?
Ci sono così tanti posti che è difficile risponderti…Ma la mia parte preferita dell’Islanda è il Sud con tutte le sue foreste ed una costa bellissima.
Dove avete girato il video di Glosoli?
(indicando) Nella lingua di terra dello Snaeffellsness tra il Fiordo di Breida e la Baia di Faxa ad Ovest dell’Islanda.
Quanto conta l’influenza della natura sulle vostre personalità e sulla vostra musica?
E’ molto importante. Il mare, per esempio. Noi abbiamo bisogno di ampi spazi. A volte quando mi trovo in grandi città con enormi grattacieli…sto male. Vorrei distruggerli. Non riesci a vedere il cielo, non vedi nulla. L’Islanda è una terra particolar per questo…per i suoi ampi spazi.
Quali sono stati i viaggi che hanno cambiato la tua vita e la tua musica?
(in difficoltà…non sa che dire. Poi prende coraggio!) Ogni viaggio ha da insegnarti qualcosa… Ognuno di essi è una nuova esperienza che ti fa crescere.
Ponendo fuori dal discorso l’Islanda…qual è il paese che ti fa sentire a casa?
Nessuno. Innanzitutto è stressante viaggiare continuamente. Inoltre nel posto in cui ci stabiliamo momentaneamente non ci sono le nostre radici, non c’è la nostra famiglia… non abbiamo la nostra regolarità…il locale di tutti i giorni. Viaggiando abbiamo incontrato posti bellissimo, ma è molto difficile sentirsi a casa.
Nei vostri pezzi è lampante una forte tensione spirituale. Siete religiosi?
Non seguo nessuna religione, ma ho una personale forma di spiritualità. Viceversa sono molto interessato alle religioni in genere.
Pensi che la religione sia una gabbia?
Per certe persone funziona. E quando ciò avviene penso che la religione sia una cosa positiva. Io non sono molto serio, non vado in chiesa…O meglio, in chiesa ci vado, ma non per pregare.Mi piace andarci solo per starci dentro, per vedere dei quadri meravigliosi. Adoro quei posti per via dei suoni, delle atmosfere, degli odori.
Voi (partendo da “Untitled”) avete rotto la convenzione della parola, utilizzando la voce di Jonsi come un ulteriore strumento. Utilizzate la VONLENSKA (lingua della speranze) senza scendere al compromesso di liriche definite. Avete mai immaginato un mondo dove si parli una sola lingua? Quella che utilizzate voi?No…sarebbe troppo triste!!! Noi utilizziamo questa sorta di nuova lingua perché vogliamo lasciare intatta l’istintività di Jonsi che quando proviamo per la prima volta un pezzo trova le melodie cantando in questo modo. Dare una forma precisa a quell’atto spontaneo…sarebbe sminuirlo.
La vostra poetica ruota attorno ad una parola precisa “speranza”. Auspicate e fate trapelare un forte desiderio di rinascita. Pensate che l’uomo stia dormendo in preda ad un torpore esistenziale?
Penso che molte persone si siano addormentate…Il ventesimo secolo li ha abbagliati e poi addormentati con l’illusione della velocità. La gente non crescere e cammina verso il futuro… rotola verso questo.
La vostra carriera è sempre stata legata al Cinema…voi siete stati scoperti proprio da un regista islandese che vi ha chiesto la colonna sonora per il suo film e poi siete presenti nella Soundtrack di Vanilla Sky affianco ai Radiohead. Qual è il tuo rapporto col cinema?
Io adoro il cinema e adoro i registi italiani (Fellini, Pasolini)…In generale amo il cinema come forma d’arte poiché ci sono tanti elementi da coordinare: le luci, le inquadrature, la musica…Noi abbiamo lavorato per il cinema e ho capito che è molto difficile….Devi tirare fuori dalla tua musica ciò che il regista vuole. Stimolante, ma estremamente difficile… per questo amo in maniera particolare Ennio Morricone.Autore: Stefano Ferraro _ foto live di Santiago Mennella
www.sigur-ros.co.uk