Di solito si dice che dischi del genere dividano il pubblico in due fazioni, quelli che lo adorano e quelli che lo odiano. Il classico caso in cui non ci dovrebbero essere vie di mezzo, insomma.
A me questo disco fa schifo. E vi spiego perché. Nathan Williams, il giovane loser che si cela dietro il nome Wavves, altro non è che uno sbarbatello sfigatello convinto di poterci dare a bere la sua accozzaglia di psichedelia di quart’ordine, surf rock senza sostanza e noise-pop-punk registrato una schifezza, sperando che il critico (o il nerd) di turno si esalti per il suo “genio low-fi”.
La formula è semplice: prendi poche e barcollanti idee musicali (accordi sgangherati, qualche melodia dal sapore sixties), cerca di suonare il peggio possibile, sommergi il tutto di riverberi eccessivi e – soprattutto – fai suonare il tutto quanto più in bassa fedeltà possibile. Ovviamente il risultato è quanto di più “costruito” e poco genuino possibile (con la tecnologia – anche domestica! – a disposizione oggigiorno è quasi più difficile far suonare un disco così male, che dargli una parvenza di suono professionale). Provate a togliere da queste canzoni quella patina posticcia di rumore da registrazione ultra-low-budget e vedete cosa vi resta tra le mani. Poco e niente. Contenti voi…
Autore: Daniele Lama