È un ritorno in grande stile quello di Julian Cope, da sempre uno dei personaggi di culto della scena musicale britannica. Un ritorno dopo anni di oblio, ma sarebbe più opportuno dire di penombra underground dopo la scelta clamorosa, avvenuta a metà anni ’90, di rompere con la grande industria discografica per ripartire dalla libertà e dall’anarchia espressiva di un piccolo marchio indipendente da lui stesso creato: Head Heritage.
Con questa sigla Cope ha dato vita negli ultimi due lustri ad opere di non facile reperibilità (i dischi si potevano acquistare esclusivamente tramite Internet), né di facile ascolto. Anni luce distanti dai fasti post-punk dei Teardrop Explodes e della sua stupefacente carriera solista di menestrello psichedelico strafatto di acido. L’arrivo del 2005 sembra avere portato nuove energie a Julian Cope, e un nuovo momento di grazia. In particolare in Italia dove ha recentemente pubblicato uno splendido album, “Citizen Cain’d”, e dato alle stampe la doppia autobiografia “Head On/Repossessed” (uscita originariamente in Inghilterra, in due volumi separati, nel 1994 e nel 1999).
Entrambi i lavori portano il marchio di Lain, nella duplice veste di casa editrice ed etichetta discografica. Partiamo dal disco. “Citizen Cain’d” è il lavoro più ispirato del folle Julian, almeno negli ultimi dieci anni. Frutto di una ritrovata verve musicale, ma anche di un percorso spirituale e intellettuale che lo ha visto vestire panni diversi, ma sempre intriganti: sciamano rock, studioso dei siti megalitici d’Europa, attivista no-global, acuto osservatore politico, pacifista.
Le varie sfaccettature del Cope-pensiero sono rintracciabili tutte in “Citizen Cain’d”. A partire dal titolo che gioca un po’ con il “Citizen Kane” di Orson Welles per indicare una società in cui l’uomo è diventato fratricida. Cain’d, per l’appunto. Ma le invettive del musicista non si fermano qui. In “World War Pigs” si scaglia pesantemente contro i signori della guerra e se ne fa beffe in un brano geniale intitolato “I’m Living In The Room They Found Saddam In”.
“Citizen Cain’d” è un’opera concettuale che però il druido di Tamworth è riuscito a rendere piacevole ed accattivante innervandola di scariche rock e introspezione psichedelica. E soprattutto dividendo settanta minuti di musica in due più fruibili CD da trentacinque minuti ciascuno. Spiritualità profonda ed estetica rock non sono sempre andate di pari passo, ma Julian Cope – da buon alchimista – ha trovato la formula giusta, la sintesi perfetta, in un alternarsi di episodi aggressivi e riflessivi. Nel disco ci sono momenti di puro lirismo come la sognante “Homeless Strangers”, la minimale “The Living Dead” (che ricorda molto il Lou Reed di “Magic & Loss”), la straordinaria cavalcata lisergica per piano e chitarra di “I Will Be Absorbed” e le già menzionate “World War Pigs” e “I’m Living In The Room…”.
Ma ciò che sorprende è il versante più selvaggio e crudo che viene fuori dallo straripante garage-punk di “I Can’t Hardly Stand It”, dall’ipercinetica “Dying To Meet You”, il cui furore è pura rabbia punk à la Stooges, o da una “Gimme Head” in cui la voce rimanda – volutamente? – a Iggy Pop. In questa continua alternanza sta tutta la magia e la forza comunicativa di un disco che – come ammette lo stesso musicista-sciamano – tenta di aprire “le porte che conducono ai livelli sotterranei del mondo”.
Altrettanto ispirata, ma ancora più avvincente, risulta essere “Head On/Repossessed”, la doppia autobiografia con cui Julian Cope consegna il suo nome al Mito del rock.
Si tratta di un folle e spericolato viaggio in ottovolante: dalla noia adolescenziale in una piccola cittadina inglese alla scoperta del sesso e del punk durante gli anni universitari, passando per l’incredibile successo con i Teardrop Explodes, sino al successivo riflusso e alla rinascita da solista.
Il tutto visto attraverso l’ottica deformante dell’esperienza psichedelica. Settecento pagine che raccontano in prima persona la straordinaria avventura di un timido ragazzo di buona famiglia trasformatosi – nel volgere di pochi anni – in uno degli artisti più folli, lucidi e visionari che il rock abbia mai avuto.
Autore: Roberto Calabro
www.headheritage.co.uk