Mi telefonano martedì sera: “Vuoi venire al concerto di Damo Suzuki ?” “Ma perché è ancora vivo?”
Obietto io. Non per cinismo, ma perché erano davvero tanti gli anni di silenzio che questo enigmatico artista ha rotto con questo suo “Damo Suzuki’s Network”, l’interessante progetto che vede giovani musicisti d’avanguardia, selezionati da Mr. Suzuki in persona (almeno così dice) tra i più talentuosi di ogni paese nel quale decide di esibirsi, comporre in maniera estemporanea l’accompagnamento per le trame vocali del maestro. Con questa formula lo spettacolo diventa un work in progress necessariamente unico, diverso ad ogni esibizione. Per l’Italia la formazione chiamata ad esibirsi consiste in un manipolo di ottimi musicisti provenienti da alcuni delle più interessanti compagini musicali degli ultimi anni:
En Em/ aka Bondage (Basso),Sun Beep / Pfe (Basso), Xabier Iriondo / A Short Apnea ex Afterhours (Chitarra), Massimo Pupillo / Zu (Basso), Roberto Bertacchini / Starfuckers (Batteria), Billèt / Cut (Drums), Maurizio Martusciello / Metaxu (Drums), (r) / Larsen (Basso/Chitarra). Il rapporto di una sola chitarra a tre bassi è gia di per se accattivante. Tutti questi elementi aggiunti al mistero su ciò che abbia fatto Suzuki fin ora, passato improvvisamente da figura di punta del kraut rock come cantante della leggendaria formazione dei Can alla totale inattività artistica, rendono questo concerto un evento imperdibile, non a caso metà del pubblico dell’ottima Galleria Toledo era di giornalisti accreditati di tutti i principali giornali italiani, non solo musicali.
L’esibizione dura un’ora tirata. Sembra poco, ma non lo è, perché è un’ora di un’intensità sfiancante. Musicalmente si assiste ad una session di musica contemporanea alla John Cage, tutta dissonanze, rumori ed effetti ricercati. Nulla di nuovo quindi, ma in compenso è una musica colta, complessa e strutturata, di grandissima vitalità ed altamente spettacolare, con tutta la coinvolgente forza teatrale di un Happening di musica contemporanea che ha visto tra l’altro il batterista che anziché “crashare” sui piatti li butta in terra, o Xavier che cammina sulle biglie e suona strumenti di sua fabbricazione scordandoli intenzionalmente, o ancora uno dei bassisti che riscalda con l’accendino le corde del proprio strumento, calcando su modalità espressive mai viste a Napoli, neanche quando erano “di moda”. Ma il vero elemento centrale dell’esibizione è la voce di Suzuki, incredibile visti i suoi 60 anni, duttile, capace di passare da toni alti a bassi in una sola sillaba, dagli angoscianti mantra della prima parte alle decostruzione vocali alla Demetrio Stratos della seconda, dove la sua voce si frantuma come filtrata da meccanismi elettronici. E’ la voce insieme alla personalità di Suzuki a colorire e dare espressione a tutta l’esibizione, ipnotizzando il pubblico e portandolo alla catarsi.
Autore: Pasquale Napolitano