Con “Eye to the telescope” KT Tunstall si è imposta in tutto il mondo. Abbiamo ancora oggi nelle orecchie, a tre anni dall’uscita di questo fulminante esordio, quel tormentone che è Black Horse and the Cherry Tree [troppo us(ur)ato, ormai, da Studio Aperto e Lucignolo]. E da tre anni tante cose sono cambiate. La nomination ai Grammy, miglior artista femminile ai Brit Award 2006, oltre ai continui inviti ai più prestigiosi programmi televisivi e radiofonici d’oltremanica e d’oltreoceano.
Un trionfo per questa songwriter scozzese apparsa per caso sulla scena internazionale (sostituendo all’ultimo minuto un rapper in un’importante show inglese), suonando il suo pezzo più recente, quel “Black Horse…” già ricordato, e ritrovandosi catapultata sul palco americano del Live Earth (la nota stampa ci informa che il Live Earth non è un episodio isolato, ma l’attenzione verso la tutela dell’ambiente è parte integrante della sua vita), oltre che nelle colonne sonore dei maggiori telefilm americani.
Senza contare il successivo successo dei singoli seguenti, Other side of the world piuttosto che Suddenly I see, che a voler cercar bene troviamo ancora in classifica.
Fin qui quello che la nostra ha combinato con”Eye to the telescope”.
Come ben sappiamo, però, le aspettative dopo un buon esordio sono enormi, e forse anche per questo si è dovuto aspettare tre anni per poterne ascoltare il seguito. Proprio in questi giorni, infatti, esce “Drastic Fantastic” sempre per la Virgin.
E anche questa volta la cantante britannica si è data da fare. Prodotto da Steve Osbourne (U2, New Order, Happy Mondays) e mixato da Michael H. Brauer (Coldplay, The Rolling Stones, My Morning Jacket), l’album riprende lì dove terminava il precedente. Con una voce pulita, la chitarra fedele compagna, l’album è un ottimo esempio di songwriting del XXI secolo. Un po’ meno timoroso rispetto al precedente, KT si lascia andare anche a qualche “azzardo” (e qui le virgolette ci vogliono).
Insomma, con Drastic Fantastic, la cantautrice dalle fattezze orientali, pur senza trovare una hit come “Black Horse…” (con buona pace dei venditori di suonerie), riesce a mantenere una compattezza che regge tutta la durata dell’album. Riuscendo a essere quel tanto commerciale che non guasta (senza quello difficilmente si sarebbe issate alle vette di cui sopra), senza essere né troppo melensa né troppo forzatamente alternativa.
Già dalla prima canzone, Little Favours si capisce cosa ascolteremo nel proseguio del cd. Già qui si intuisce quello che abbiamo detto prima. Un buon attacco che va alla ricerca del refrain più orecchiabile (ehm… personalmente preferisco l’attacco, ma tant’è…); ma subito si capisce che KT non si presenta impreparata a quest’esame. Con If Only assaggiamo la cantautrice più morbida, che gioca. White bird è più intimista e con chitarra in primo piano. Diciamo che per capire il tipo, potremmo avvicinarla a Sheryl Crow (ascolta Hopeless).
Ci vuole coraggio, comunque, a sfornare un secondo album che non punti alla hit acchiappa tutto, al ritornello ossessivo; a cercare bene c’è, forse, quel secondo potenziale singolo (come avveniva all’esordio), che più che al corpo punta al cuore (e non versate troppe lacrime!).
KT, insomma, è riuscita a trovare il giusto mix, ha migliorato la forma canzone pur non issandosi nel novero dei bravi ma troppo-intellettuali-per-reggerne-un-album-intero, mantenendo una buona amalgama spalmata su tutto l’album. Mescola folk a rock, mantenendo un retrogusto pop che rende il tutto più digeribile.
Attenzione, è chiaro, ma sempre meglio ribadirlo, che non stiamo gridando al capolavoro, e ne siamo ben consapevoli, ma di un album ben fatto, che va incontro a più esigenza, non uno di quegli abiti fatti su misura (c’è chi lo considera coraggio e chi furbizia, agli ascoltatori l’ardua sentenza).
Se volessimo attribuire un valore numerico, cosa che non siamo abituati a fare, direi un 7-… la ragazza si impegna, ma può dare di più.
Autore: Francesco Raiola
www.kttunstall.com