Prendi un’inutile lunedì di inizio ottobre, un locale del centro di Salerno (tanto di cappello per il coraggio: da queste parti fare un concerto di lunedì è quasi un atto eroico) e tre giovani musicisti americani. Dagli venti minuti di tempo e finisci per dimenticare ogni coordinata spazio-temporale. Salerno viene sbalzata di forza oltreoceano, e l’Iroko diventa – a seconda dei cambi di registro sonoro – un blues bar di New Orleans, uno scalcinato saloon stile vecchio West, un club underground e fumoso in stile Greenwich Village NewYorkese. Davanti a noi Langhorne Slim e la sua chitarra acustica, il giovanissimo contrabbassista Paul Defiglia e un ottimo batterista dal cognome “pesante”, Malachi DeLorenzo (se state pensando al protagonista napoletano di tangentopoli significa che non conoscete i Violent Femmes…). In scaletta brani dell’ottimo disco d’esordio, “When the sun goes down”, dell’EP successivo e del nuovo lavoro in cantiere. Il suono delicato e gli arrangiamenti a base di banjo, organo, piano etc. scompaiono nella dimensione live. Il country-folk-punk-blues dei nostri è sanguigno e rozzo, velocissimo e scoppiettante, elettrizzante e frenetico. La sezione ritmica è un treno in corsa, e Langhorne lo sbarbatello ha una voce ora tagliente, ora profonda come quella di un bluesman navigato. Cerca l’empatia col pubblico, e la ottiene senza problemi e senza troppi sforzi. Convince con un semplice cenno della mano ad alzarsi i ragazzi seduti a terra nelle prime file, ringrazia imbarazzato per il suo povero italiano, sorride quando gli urlano “bravo!” distraendolo nel bel mezzo di una ballad voce-e-chitarra, riceve applausi a scena aperta quando per un pezzo sceglie di far a meno del microfono per rendere la situazione ancora più “intima”, convince a ballare assieme a lui sull’ultimo pezzo in scaletta anche i più timidi e titubanti. Ottimo concerto, ottimo inizio di settimana, e perfetta apertura per una stagione di concerti, quella dell’Iroko, che tornerà a smuovere un po’ le acque (stagnanti) dell’universo live campano.
Autore: Daniele Lama / foto di Fabrizio Vatieri
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