Fossi un cacciatore, magari vi parlerei della nuova stagione venatoria. Siccome ho fatto il servizio civile, amo che la vita degli animali faccia il suo normale corso. Una delle poche cose (le altre le lascio alla vostra fervida immaginazione…) a cui do la veramente la caccia sono i cd, in particolare quelli scarsamente reclamizzati ma che, a mio (modesto) avviso, meritano di essere conosciuti per la loro bellezza intrinseca. Purtroppo immagino che il nome Slow Dazzle a molti di voi non dirà nulla, così come lo splendido album che hanno realizzato, “The View From The Floor“, rientrerà nella stessa categoria. Personalmente, sono rimasto così affascinato dalle malinconiche nenie di Shannon McArdle e Timothy Bracy (coppia in musica e nella vita privata, oltre che componenti degli altrettanto validi Mendoza Line) che, pur mancando all’appuntamento il loro occasionale(?) sodale Peter Langland-Hassan, ho colto al volo l’opportunità di porre qualche domanda ad entrambi via mail:
Slow Dazzle (in italiano, letteralmente, “lento abbagliamento”, ndr.) è un’espressione che descrive abbastanza bene il tipo di musica che proponete…
Timothy: il nome della band, è tratto dal titolo di un album di John Cale del 1975. L’artista gallese è stato per noi una grande fonte d’ispirazione per il tipo di musica che volevamo fare con questa band, perciò, da tale punto di vista, la sua influenza è stata importante. Credo, inoltre, che le parole scelte per il nome della band siano indicative del sound che volevamo ottenere: qualcosa di non eccessivamente veloce ma, al tempo stesso, lancinante.
Shannon: Pensavamo che un simile nome fosse bello, misterioso e ricco di fascino.
Entrambi, già da qualche anno, fate parte di un altro gruppo: i Mendoza Line. Perché avete avvertito l’esigenza di dar vita ad una nuova band? Ciò vi ha permesso di scoprire qualche “lato nascosto” della vostra relazione artistica? E’ vero, comunque, che a breve uscirà anche un ennesimo disco dei Mendoza Line?
Timothy: I Mendoza Line esprimono un concetto di “band” in senso tradizionale, in cui sono presenti input e sentimenti delle persone in essa coinvolte. E’ veramente un’esperienza di gruppo, dove ognuno esprime le sue opinioni e suona insieme all’altro, dando liberamente vita ad un’identità collettiva. Gli Slow Dazzle sono più un dialogo privato tra me e mia moglie. Le loro canzoni parlano in modo assai personale di sentimenti privati che non sono necessariamente adatti ai Mendoza Line. E’ una maniera differente di comporre e registrare che prevede pochi partecipanti ed una certa uniformità nell’estetica di chi vi suona. E’ una sorta di quiete dopo la tempesta: entrambe queste prospettive sono importanti nella vita. Ad ogni buon conto, il nuovo album dei Mendoza Line, “Full Of Light and Full Of Fire”, uscirà il 22 Novembre per la Misra negli USA e, poco dopo, in Europa (maggiori dettagli, li potrete trovare su www.misra.com,ndr.)
Shannon: Io e Tim avevamo del materiale che non faceva al caso dei Mendoza Line. Ci piaceva molto, oltretutto, l’idea di intraprendere un progetto che avesse un sound così diverso dai M.L.. Non credo di aver imparato niente di nuovo su Timothy. Del resto già sapevo che era un songwriter di talento.
In “The View From The Floor” avete collaborato con Peter Langland-Hassan, il quale, pian piano, è diventato una sorta di terzo membro degli S.W.. Come siete entrati in contatto con lui? In che modo il suo contributo ha inciso sulla direzione che ha preso l’album?
Timothy: Abbiamo conosciuto Peter alcuni anni fa mentre facevamo degli show con la sua precedente band, gli Elk City. E’ un ottimo musicista ed un ingegnere del suono dalle grandi capacità ed è per questo che volevamo collaborare da tempo con lui. E’ indubbio che il sound del disco risente molto della suo intervento. Ci ha spinti ad intraprendere scelte coraggiose riguardo la strumentazione e gli arrangiamenti, a dare maggiore spazio alle tastiere quando noi, al solito, avremo optato più sulle chitarre. Ha creato un atmosfera libera e spontanea ma non perdendo mai di vista la messa a fuoco delle intuizioni che avevamo. Alla resa dei conti, si è rivelato un perfetto collaboratore.
Shannon: Peter è un nostro buon amico da anni. Abbiamo sempre seguito con interesse il suo gruppo, gli Elk City e un membro di quella band, Ray Ketchem, ha prodotto alcuni full-lenght dei Mendoza Line. Amiamo la sensibilità di Peter e sapevamo che ci sarebbe stato di enorme aiuto, sotto il profilo del sound e della “visione d’insieme” degli Slow Dazzle.
Mai come in passato, stavolta, avete fatto ricorso all’elettronica: è un’opzione che intendete seguire pure sui prossimi dischi del gruppo? Più in generale, questo tipo di approccio vi ha aperto nuove prospettive musicali?
Shannon: Abbiamo usato parecchi suoni elettronici anche con i Mendoza Line. Ci ha sempre divertito stratificare il sound dei nostri dischi. Il bello della fase di registrazione è il poter essere in grado di creare un qualcosa che vada oltre ciò che possono fare due mani o tre persone in una stanza.
Timothy: Non credo che volessimo concentraci sull’elettronica di per se, piuttosto era nostra ferma intenzione rendere le canzoni varie e seducenti, provando ad arrivare a degli arrangiamenti che avessero un “mood” ed una struttura dissimili da quelle dei Mendoza Line. L’uso delle macchine ha portato il nostro sound verso una sua precisa definizione.
Nell’album abbondano le ballads e le canzoni “mid-tempo”: è stata una conseguenza naturale o ciò è dipeso da una vostra precisa intenzione?
Timothy: Non è stata una decisione cosciente ma solo il caso ha stabilito che canzoni che avevamo scritto, avessero un andamento del genere. Le composizioni “uptempo” ci sembravano più confacenti ai Mendoza Line ed alla loro line-up numerosa che, spesso, ci porta ad una certa “comune esuberanza”. Ritengo che per la stessa ragione, quando parlo con Shannon in privato, non debbo urlare mentre in un bar affollato, sono costretto ad alzare la voce. I Mendoza Line sono una specie di locale pieno di gente, gli Slow Dazzle sono come una serata tranquilla a casa.
Shannon: mi sono ritrovata a scrivere canzoni tendenzialmente malinconiche, che parlavano di amici e della famiglia, tutto ciò mi è parso che funzionasse.
Dove cresce il “fiore della menzogna” (gioco di parole con uno dei loro brani, “Fleur De Lie”, ndr.)?
Shannon: Nella mia mente l’ho associato al “Fleur De Lis” (il fiore di giglio o fiordaliso, ndr.) come simbolo di nobiltà d’animo e purezza. Questi ultimi sono sentimenti che la protagonista del brano è cosciente di aver perso e così cerca di redimersi dall’aridità in cui è piombata.
Timothy: Nel pezzo mi pare che cresca a spirale intorno alla psiche di questa donna che sta lentamente “appassendo” a causa della sua indecisione e degli errori che ha commesso.
“The Extent Of My Remarks” ha una forte connotazione country: quanto è forte il vostro amore nei confronti delle “radici” della musica americana? Anche in altre canzoni del disco emerge un’indubbia fascinazione verso queste sonorità che, altresì, sono presenti pure nei Mendoza Line.
Timothy: Certamente l’intera tradizione della musica Americana è di grande valore e ci interessa parecchio – non solo il country o il bluegrass, ma anche il jazz e il blues, così come certo rock d’annata. Queste sono sicuramente aree musicali da cui traiamo ispirazione e che si fondono nella nostra musica. Non credo che per noi una o l’altra siano più importanti, sebbene in “The Extent Of My Remarks” c’è una chiara impronta country.
Cosa ci potete dire sul breve tour statunitense che avete fatto si supporto a “The View From The Floor”? Prima o poi vi vedremo dal vivo anche in Europa?
Timothy: Ci siamo divertiti parecchio in tour nel midwest degli USA, visitando splendide città quali Minneapolis, Madison e Chicago in Agosto, allorché la temperatura raggiunge livelli elevati, al contrario di altri mesi dell’anno in cui fa particolarmente freddo da quelle parti. Abbiamo suonato con gruppi eccellenti, inclusi gli Smog e il nostro amico Charles dei Wrens. Siamo impazienti di venir a suonare in Europa con gli Slow Dazzle, spero che ciò avvenga nei prossimi mesi.
Shannon: Il tour statunitense degli Slow Dazzle, seppur breve, è stato un successo e ci ha fatto passare degli splendidi momenti. A dicembre faremo una serie di concerti per promuovere il nuovo album dei Mendoza Line mentre ad Aprile ci auguriamo che sia la volta buona per venire ad esibirci dal vivo con gli Slow Dazzle.
Ho letto che già state preparando il secondo album degli Slow Dazzle: potete anticiparci qualcosa in merito?
Timothy: E’ vero. Siamo molto eccitati a riguardo, il nuovo album si sta trasformando in una serie di canzoni che, vagamente, ricordano quelle che ha realizzato nel corso degli anni, uno dei nostri eroi musicali, Van Morrison, in dischi quali “Astral Weeks”, “Veedon Fleece” e “Inarticulate Speech Of The Heart”. Siamo ancora nella fase di pre-produzione ma stiamo avendo dei notevoli risultati. Alcuni dei brani in lavorazione sono intitolati “Rare Entertainment”, “Oh Decorum” e “Great Bores Of The Modern World”.
Shannon: Se riesci a immaginarlo, il secondo album si sta rivelando assai più melanconico del primo! C’è un maggior utilizzo dello storytelling e i protagonisti delle canzoni sono per lo più immaginari, con la conseguenza che i racconti dei testi stanno prendendo pieghe inaspettate. Oltretutto molti dei personaggi avranno una fine tragica….
In conclusione, tra voi due: chi è più “slow” (lento, ndr.) e chi più “dazzle(d)” (raggiante, ndr.)?
Shannon: Devo dire che Tim è un poco più lento di me: non credo che mi smentirà!
Timothy: Penso che sia abbastanza chiaro: mia moglie è di una bellezza “radiosa” ed io non sono il coltello più affilato nel cassetto!Autore: Luca M. Assante
www.slow-dazzle.com