In occasione dell’uscita dell’ottima monumentale doppia antologia postuma dei Chrome Cranks Diabolical Boogie, mi ero ripromesso di mettermi in contatto con l’ex front-man della band Peter Aaron, per saperne di più sull’operazione, ma anche perché ero curioso di conoscere dalle sue labbra particolari artistici e di vita vissuta sui Chrome Cranks.
Peter é stato molto affabile e preciso con me, mi ha concesso una lunga intervista, dandomi l’impressione di essere a distanza di dieci anni dal loro scioglimento un uomo più pacificato con se stesso rispetto gli eccessi dei Cranks, ma sempre molto curioso musicalmente ed attivo.
Buona lettura!
Ciao Peter, prima di tutto grazie per la tua disponibilità! Cosa hai fatto dopo lo scioglimento dei Chrome Cranks e cosa fai ora?
Ho suonato con altre persone in New York: Luly Wolf e Tony Corsano dei Valentine Six e Craig Flanigan dei God Is My Co-Pilot ma non mi sono compenetrato nella situazione così ho deciso di tentare altro. Suonare con i Chrome Cranks per 5/6 anni mi ha tolto molte energie, perciò ho deciso di rilassarmi e guardare la tv per qualche tempo; d’altronde ne ho anche il diritto!
Mi sono rimesso a scrivere come facevo prima di Cranks. Scrivo di musica per diversi giornali, siti web e riviste oltre a lavorare anche come editore. Non sto diventando ricco ma sicuramente è più facile diventarlo così che non come musicista.
Di recente ho ricominciato a suonare la chitarra con un batterista ed un sassofonista, improvvisazioni rumoristiche. Molto diverso dai Cranks, un soffio di aria fresca. E’ solo per divertimento, ma speriamo di registrare un disco e vediamo che succede …
Ho letto da qualche parte che ancora oggi non riesci ad estinguere la tua sete di conoscenza musicale!
Sì, ho sempre voluto ascoltare ed apprendere dalla musica che non ho mai ascoltato prima, sia vecchia che nuova.
Perché si sono sciolti i Chrome Cranks?
Naturalmente è complicato ma io credo che siano due le ragioni principali: la prima è che nessuno comunicava con gli altri; la seconda, che dopo tournées e registrazioni di continuo per anni avevamo bisogno di uno stacco. Ho benedetto tutto ciò perché allora pensavo che il segreto del successo fosse quello di essere sempre in azione.
Avevamo bisogno di riposo e tutto ciò ha incoraggiato gli altri membri a tuffarsi in altri progetti e sbrigliare la propria creatività è sicuramente salutare. Di sicuro tornando a noi non ci dedicavamo abbastanza al nostro progetto.
C’era un leader nella band che prendeva le decisioni più importanti e chi era il compositore principale?
Sì, io. Come ho detto prima non tutte le decisioni che ho preso erano giuste.
Avete eseguito nei vostri dischi e dal vivo sempre molte covers.
Era un modo di pagare un tributo ai gruppi che vi hanno influenzato nel corso degli anni?
Penso di sì, ma credo anche che prendere i brani e farne qualcosa di diverso sia creativo a suo modo. Le suonavamo anche per divertimento.
Anche nella doppia raccolta appena uscita “Diabolical Boogie” vi sono molte covers: una delle più riuscite a mio parere è quella elettrizzante di Street Waves dei Pere Ubu. Sei d’accordo con me?
Sì grazie, sono molto d’accordo. E’ una registrazione live presso una radio texana ed il suono è molto buono. Le chitarre hanno un grande impatto, come un pugno in faccia. I Pere Ubu cambiarono la mia vita, sicuramente una delle più originali bands in giro.
Che parte hai avuto nella realizzazione di Diabolical Boogie, che ritengo un prezioso testamento del vostro inconfondibile noise-blues.
Diabolical Boogie è stato realizzato da me e da W.Weber. Noi non figuriamo sulla lista dei brani ma li abbiamo rimirati in uno studio a Cincinnati, Ohio, dove William vive ora e dove vivo anch’io.
Lo studio ha programmi computerizzati nuovissimi ed è incredibile. L’intera cosa, comprese le canzoni realizzate prima, suona un milione di volte meglio di prima.
Quanto è stato importante il blues nel sound dei C.C. e come è maturata la vostra capacità di reinterpretarlo e riattualizzarlo in modo così disperato, stravolgendolo con il noise ed il garage?
Il blues è importante come nessuna altra cosa per i C. Cranks perché esso è alla base del rock&roll. Naturalmente per me emozionalmente la cosa mi prende quando riesco a connettermi con la profondità del blues che tento di evocare.
Non è ‘suonare il blues’ come Eric Clapton o qualche band da bar: è tentare di ‘prendere’ il feeling quando ascolto qualcuno come Howlin’ Wolf o Blind Lemon Jefferson ed inserire queste emozioni nella mia vita di musicista moderno cresciuto con il punk rock.
Ma in generale nel vostro sound e nel tuo modo di cantare ho sempre respirato un’insopportabile disperazione suburbana. Era la filosofia di vita e sensibilità di Peter Aaron che permeava il sound della band o un modo di sentire comune?
Il concetto di band era il mio ma il sound era il prodotto di tutti quelli che vi suonavano e che venivano da diversi posti urbani (solo Jerry Teel proveniva da una fattoria in Alabama). Io sono cresciuto a New York e Cincinnati ma non mi sono mai sentito parte di esse.
Così gran parte della musica fu per me la realizzazione di quegli anni in cui non sentivo di avere una voce nel mondo. Ecco perché la musica prodotta è risultata forte.
Sei sempre stato accostato a perverse icone rock come Lux Interior, Jeffrey Lee Pierce, Iggy Pop, Darby Crash. A quali di esse ti sentivi più vicino come cantante e performer?
Io ti ho sempre trovato molto drammatico per le tue urla straziate, quasi volessi esasperare le caratteristiche di quegli artisti. Ad esempio come J.L. Pierce hai sempre pericolosamente giocato con le tonalità dei brani forzandole in su o in giù…o sbaglio?
Li amo tutti e sono stato molto influenzato da loro. Non so chi sia più vicino al mio modo di cantare, ogni pezzo è diverso. Mi è piaciuto avvicinarmi allo stile di Jeffrey Lee, che a sua volta si ispirò a Robert Johnson. Attualmente mi piace Oum Kolthoum ed altri cantanti del medio oriente.
Tornando indietro i miei favoriti sono Eric Burdon e Van Morrison, insieme ad ‘ottimi’ singers come Frank Sinatra e Jim Morrison. Sto tentando di prendere qualcosa del loro feeling e di farlo mio.
Penso che i Chrome Cranks abbiano lasciato un marchio indelebile nella scena punk newyorkese ed americana degli anni ’90 e ne siano state una delle espressioni più alte. Fino a che punto vi identificavate nell’estetica punk ed a quali bands vi sentivate più vicini ed affini?
Certamente! Fu il primo tipo di musica che mi disse qualcosa e a cui ancora oggi mi collego. Penso di parlare anche per il resto della band quando dico che era veramente ciò che volevamo suonare per prima.
Per me cominciò nei tardi ’70 con Elvis Costello e naturalmente Sex Pistols, Clash, Ramones, Jam, Devo e tutto il resto. Ma ero ancora troppo giovane per andare nei clubs. Così non fu quando iniziò l’hardcore di cui feci parte. Ero lì quando esso mosse i primi passi ed iniziai a muovermi grazie a bands come Black Flag, Minor Threat, DOA, Husker Du, ma specialmente Bad Brains.
Furono le più grandi live-bands che abbia mai visto, nessuno escluso. Erano dei veri dei.
Ho letto che nella tua formazione musicale è stato importante anche certo jazz contemporaneo come Coltrane e l’Art Ensemble Of Chicago, oltre Pere Ubu, Television etc… Me ne puoi parlare Peter?
Più ascolti musica e più ti accorgi che ciò che è buono è la solita merda. Si spera che continuando ad ascoltare e scoprire altra musica tu non ritrovi lo stesso sentiero che ti porta sempre dal punto a al punto b e così via. Cerchi qualcosa di nuovo che è ciò che il jazz mi ha dato ed in special modo Coltrane e l’A.E.C. .
La musica dei Pere Ubu e dei Television è stata influenzata molto dal jazz d’avanguardia sempre pieno di sorprese, ed è per questo che oggi lo ascolto più dei Ramones e dei Minor Threat, sebbene io li ami ancora oggi.
Oggi cosa ascolta Peter Aaron?
Una grande varietà di cose, più di quanto ascoltassi con i Chrome Cranks. Principalmente jazz (di tutti i tipi meno lo ‘smooth’) e naturalmente blues, sempre più profondo. Anche molte sperimentazioni, molto folk etnico, world-music che è come il blues di altri paesi, ed è strano come un ragazzo dei sobborghi urbani ascolti questo materiale. L’aver scoperto la serie di cd ‘The Secret Museum of Mankind (Yazoo Records) é stata un’altra cosa che mi ha cambiato la vita.
I Chrome Cranks il meglio l’hanno dato a mio parere dal vivo con i loro shows debordanti e devastanti.
Ho avuto modo di vedervi live in Italia nel 1998. E “Live in Exile” lo dimostra in modo lampante. La stampa e la critica internazionale di quegli anni si sono mai espresse in tal senso?
Grazie. Sono ragionevolmente contento del materiale di studio ma credo che effettivamente eravamo soprattutto una ‘live’ band. In sei anni di tournées penso che siano sono quattro o cinque concerti onestamente non andati bene. Ho sempre dato il meglio di me anche se suonavo per otto, nove persone, cosa che è accaduta. Abbiamo avuto ottime recensioni dei nostri concerti.
Non ho visto molte recensioni in più di Live In Exile se paragonate a quelle dei altri nostri albums, ma sembravano essere positive
I primi due albums dei Chrome Cranks, quello omonimo e Dead Cool (con brani come Desperate Friend) riuscivano a riprodurre la vostra energia molto da vicino. La produzione di Love In Exile invece è molto diversa e molto statica.
Da cosa dipese questo scarto?
La produzione di Love In Exile è molto più distante e fredda principalmente perché registrammo su digitale ed avremmo voluto più brani su cui lavorare. Comunque è okay ma nessuno di noi è contento di come suona ora. L’avremmo voluta fare in analogico ma stavamo sperimentando e tentando cose nuove. Vivi ed impara.
Possiamo dire che i Chrome Cranks furono una creazione di P. Aaron e William G. Weber?
Assolutamente. Io scrivevo i pezzi ed e/o il ‘concettuale’ ma non avrei fatto niente senza William. Lui è un vero musicista, ha studiato in scuole musicali attuali come il Berklee College of Music ed era il boss perfetto per comunicare idee a musicisti come Jerry e Bob Bert.
E’ anche un grande tecnico/produttore ed ingegnere del suono.
Cosa portarono Jerry Teel e Bob Bert delle bands da cui provenivano (Honeymoon Killers, Sonic Youth, Pussy Galore) nei Chrome Cranks?
E’ una domanda a cui Jerry e Bob potrebbero rispondere meglio di me ma penso che stiano suonando come hanno sempre voluto e come facevano anche con i Chrome Cranks. Naturalmente William ed io amiamo le bands in cui loro hanno suonato e che ci hanno influenzato.
Sei rimasto in rapporti con loro e cosa pensi della band che Jerry Teel formò dopo lo scioglimento dei Cranks nel ’98, The Knoxville Girls? Conosci i loro dischi?
Quando erano insieme non ho ascoltato né visto Knoxville Girls perché quando i C.C. si sciolsero ci furono delle beghe e Jerry e Bob dissero cose cattive su di me.
Ma siamo ancora amici ed io ne sono felice. Ho un disco delle Knoxville Girls dal vivo che Bob mi spedì e che mi piace. E’ un po’ troppo lineare per i miei gusti ma mi piace.
Che ne pensi dell’attuale panorama musicale americano?
C’è un grande ritorno alle radici negli ultimi anni …!
Sì, c’é. Penso sia una buona cosa. Una cosa salutare per le bands a patto non rimangano attaccate ad un ‘retro’ che non ti fa acquisire nulla.
C’è anche una remota possibilità che possano riformarsi i Chrome Cranks?
C’è una remota possibilità sinché siamo vivi. Ma quando ci penso credo sia una stupidità perché io non sono la stessa persona di quando ero nel gruppo e quel modo di suonare non mi dà ora più niente.
Rispetto Iggy Pop che a 60 anni salta senza la t-shirt tutt’intorno ma per me suonare è più un fatto cerebrale che di palle. Ora siamo tutti più vecchi. Ci preoccupiamo di più del denaro e di problemi vari. Non sono sicuro di come potrebbe andare.
Ma non so anche se mi serve tornare indietro con la mia vita.
Grazie per le tue risposte Peter ed auguri per il tuo futuro!
Te ne sono grato. Grazie a te!Autore: Pasquale Boffoli
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