Capita spesso di sentir citare la figura di “menestrello del pop” ogni qual volta si parla di un cantautore con una spiccata abilità compositiva. Partendo da Donovan per arrivare a Badly Drawn Boy, passando per Nick Drake e Beck, il termine “menestrello” è sempre stato associato a personalità bizzarre del panorama musicale che si sono sapute distinguere per un rispetto della tradizione che, associato ad ecletticità ed autonomia creativa, ne ha fatto degli artisti fuori dal tempo.
Tutte caratteristiche che oggi possono essere rintracciate nell’enigmatica figura di Patrick Wolf.
Il ragazzo, irlandese, appena ventenne, già noto per aver prestato i propri servigi alla compagine degli Hidden Cameras è uno di quei nomi di cui si sentirà parlare parecchio in futuro. Menestrello a tutti gli effetti, perchè oltre a gestire in autonomia il proprio progetto, anche in termini art-work e packaging, Wolf riesce a creare un immaginario retro-futurista con cui è difficile trovare paragoni.
Pensate ad una colonna sonora di un film di Murnau in chiave tecno pop cantata da un Robert Smith ancora imberbe e a grandi linee avrete l’idea di quali sensazioni può suscitare l’ascolto di questo Lycanthropy. Nulla a che vedere con le schiere di techno gotici con la nostalgia per la synth wave più tamarra. Quella del nostro è una vera e propria messa in scena che a tratti (come nel testo quasi recitato di Childcatcher, in cui sembra di ascoltare il Tom Waits più luciferino) rasenta la teatralità. E’ una musica che si nutre di folk celtico, minimalismi glitch e atmosfere fosche che sembrano uscite dal lato oscuro di un romanzo di Dickens, ma che sa fornire sprazzi di luminosa vitalità, come nella pulsare dance di Bloodbeat o nel pop spigoloso di Don’t Say No. Così mentre la saga di Lycanthropy si snoda fra laptop e violini, fra flauti e drum’n’bass, si capisce che il tutto suona così credibile grazie alla personalità del giovane Wolf, che in ogni traccia, anche la più allucinata, non abbandona mai la sua innata ironia.
Molta è carne al fuoco, come si sarà capito, e a cercare il pelo nell’uovo si potrebbe obbiettare che non sempre gli ingredienti sono dosati a puntino. Ma il buon Patrick ha tutto il tempo e la stoffa per confezionare capolavori. Per il momento lasciamoci irretire dalle sue storie a tinte oscure, lieti di aver trovato il nostro nuovo menestrello.
Autore: Diego Ballani