Da oltre vent’anni il nome di Jonathan Clancy attraversa l’underground della musica italiana dapprima come promoter di concerti ed etichette discografiche (Unhip Records), poi come musicista in gruppi di estrazione diversa come Settlefish, A Classic Education, His Clancyness e Brutal Birthday, e per finire come discografico con le etichette Maple Death e Improved Sequence, accanto alla promozione della Fire Records.
A otto anni dalla sua ultima apparizione nell’album “Isolation Culture” degli His Clancyness, il musicista canadese decide di proporre un intero album da solista, che lo riporta sulle scene, attraverso gli undici brani che compongono Sprecato.
Merito di questo suo ritorno sulle scene è da attribuire al disegnatore Michelangelo Setola autore delle grafiche di questo ed altri suoi album, che lo ha invitato a dare una forma sonora alle tavole del suo libro “Gli Sprecati” pubblicato nel 2020 da Canicola edizioni, incentrato nel creare una “pastorale urbana” che mettesse al centro marginalità, sfruttamento e alienazione dell’individuo.
Composto e registrato in un lungo lasso di tempo tra il 2018 e il 2023, Sprecato ha dato modo a Clancy di tornare a comporre musica partendo dal mettere al centro del progetto la voce, lo strumento “con cui si sente più a suo agio” e realizzando un album che propone una sorta di folk moderno in cui l’aspetto classico riesce ad emergere, attraverso una ricca gamma di influenze diverse.
Composto, suonato ed arrangiato tutto in proprio, in fase di pre-produzione, una volta entrato in studio e supportato dalla produzione di Stefano Pilia, Clancy ha sentito la necessità di dargli una veste da band al lavoro, chiamando attorno a se alcuni musicisti di casa Maple Death: Dominique Vaccaro (chitarre, aka J.H. Guraj), Andrea De Franco (synths in Fera) e Kyle Knapp (sax, dei Cindy Lee). A questi si sono via via aggiunti, a secondo delle esigenze, Andrea Belfi alla batteria, Enrico Gabrielli dei Calibro 35 e Afterhours ai flauti, Francesca Bono (pianoforte, voce) che hanno arricchito il lavoro solista in quello di un collettivo.
Aperto da “Castle Night” una ballata classicamente folk in cui si trovano anche delle minime parti cantate in italiano, che ritorneranno anche nella conclusiva “Immense Immense Wild”. A seguire arriva “I Want You” che trasporta il folk nelle lande psichedeliche con le chitarre di Dominique Vaccaro assolute protagoniste che creano una tensione crescente per poi acquietarsi con l’ingresso del flauto di Gabrielli, per poi ritornare a crescere in un finale altamente emotivo.
Una tensione che viene poi replicata in tutto il resto dell’album che si trasforma brano dopo brano: “Precipice” è un brano dark wave avvolgente; in “Black & White” si ritorna al folk psichedelico, ancora con una ballata dalla veste delicata. L’elettronica inizia a palesarsi in maniera più decisa in “A Worship Deal” in cui Clancy trasforma il cantato nel crescendo del brano alla maniera di un Nick Cave periodo Birthday Party, quasi a voler sovrastare le line di sax imbastite da Knapp.
Non meno interessante è un brano come “Fortunate” che presenta punti di contatto con i Radiohead, mentre “Had it All” si sviluppa sul dualismo tra flauti e sax su di un tappeto chitarristico e con la voce messa in lontananza per creare una tensione emotiva che sembra essere sempre sul punto di esplodere, ma che poi non lo fa mai.
I glitch elettronici aprono “To Be Me” il brano più “ritmato” del lotto che richiama alla mente certi lavori degli LCD Soundystem e che prepara il gran finale in stile di “Immense Immense Wild” in cui tutti i temi dell’album vengono fusi insieme in una sorta di minimalismo che sublima un disco di pregevole fattura.
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