Li si attendeva davvero con fervore, per testare come sarebbe stato il mix fra il nuovo album che segna la svolta elettronica e i pezzi vecchi, quelli classici batteria basso e chitarra.
Ebbene, i dubbi non sono stati fugati: per almeno metà concerto, lo show degli Editors a Milano scorre quantomeno insicuro nella resa, complice anche la voce di Tom troppo amplificata e spesso quindi distorta, e forse una forma non proprio smagliante del vocalist e leader.
L’inizio, con In This Light and on This Evening, è pensato per essere folgorante e in parte lo è, grazie anche agli effetti del maxischermo: ma è proprio l’esordio vocale di Tom a deludere. Seguono un paio di classici come An End Has a Start e Blood, e si può certamente dire che la resa è inferiore a quelle a cui gli Editors ci avevano abituato nei precedenti tour. Incertezza rimane anche per You Don’t Know Love like You Used To, peraltro un pezzo già debole fra le track del nuovo album, ma è quando i quattro eseguono Bones e Bullets che ci si comincia a preoccupare: il pubblico salta e canta, ma per chi ha seguito gli Editors anche in precedenti esibizioni è ovvio che il sound non è travolgente come in passato, specie su un pezzo straordinario come Bullets, che racchiude tutto quello che sono gli Editors.
The Boxer, poi, deve addirittura essere interrotta per problemi alla batteria elettronica: Tom dice “Sorry”, e poi si riprende poco dopo. The Big Exit procede senza incidenti, ma anche questa non entusiasma.
Per fortuna, a metà concerto, gli Editors sembrano svegliarsi, e Tom Smith riprendere lucidità, e Escape the Nest esplode come merita: dopo, le migliori canzoni del nuovo album, Like Treasure e Eat Raw Meat, hanno una verve tutta nuova. E’ il momento giusto per Smokers outside the Hospital Doors, eseguita al fulmicotone, emozionante e bellissima.
Segue un vecchio inedito, Let Your Good Heart Lead you Home, una ballata lenta, sincera ma probabilmente non da piazzare lì a questo punto, e poi, per fortuna, The Racing Rats, che davvero travolge il palazzetto.
Prima del bis c’è spazio per quella che forse è una delle canzoni più belle degli Editors, stranamente relegata a B-Side, ovvero You Are Fading, che nella versione live sarebbe capace da sola di valere il concerto intero, e poi Bricks and Mortar.
Il bis, unico, è per Walk the Fleet Road, dal nuovo album, Munich, attesa da tutto il pubblico, infine Papillon, e il tradizionale pezzo di chiusura beatlesiano della band, Fingers in the Factories.
Alla fine, le domande e lo straniamento suscitati dal nuovo album degli Editors sono sensazioni che accompagnano l’ascoltatore anche verso i cancelli di uscita del live: batteria e basso di Ed Lay e Russell Leech sono stati per tutto il tempo assolutamente all’altezza, mentre proprio i due frontman, la voce e la chitarra, hanno un po’ deluso, lasciando spesso dei vuoti sonori durante l’esecuzione dei pezzi. Chris Urbanowicz fallisce spesso l’attacco degli assoli, che non si sentono sin da subito in cassa, e per la struttura esplosiva dei pezzi del gruppo ciò è davvero grave. Tom Smith invece nel cercare di fare l’istrione a tutti i costi sembra a volte dimenticarsi di tenere la nota, e difetta di lucidità. Insomma, sembra che gli Editors della svolta elettronica stiano cercando se stessi ma fatichino a trovarsi: ma allora, perché puntare al cambiamento di sound e stile piuttosto che cercare nelle profondità della loro ispirazione più classica, almeno durante i live, quello che gli Editors sono e significano?
La band è ancora giovane e fresca, e il talento c’è tutto. Il tempo per riprendersi e ritornare grandi c’è. Ma un campanello d’allarme inizia a trillare.
Editors – Papillon
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Autore: Francesco Postiglione
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