Senza film “rischiosi” conteremo sempre e solo vittorie di Pirro (Zalone, Benvenuti al Sud, ecc.)
Un natale poco incoraggiante ha chiuso la stagione 2012 dei botteghini italiani. La notizia del calo di incassi registrato intorno al -25% nei giorni clou (Natale e Santo Stefano) è stata poi seguita da una stima meno negativa, stavolta riferibile a tutto il periodo festivo: -7,79% di biglietti e -4,16% di incassi. Ma se queste ultime percentuali riflettono i dati generali del box office, basta limitare la rilevazione alla Top ten natalizia per scoprire che quella targata 2012/13 sconta un -11,07% di biglietti venduti e un 6,97% in meno di incassi rispetto ai dieci film più visti nello stesso periodo di un anno fa. A seconda di come si estende l’analisi, i dati passano dal preoccupante all’ordinario, ma solo un commento, per quanto basato su ipotesi, può dare un volto alle cifre.
Intanto, ecco gli incassi tra il 13 dicembre e il 6 gennaio: al di là del prevedibile primo posto de “Lo Hobbit” di Peter Jackson con 15.532.723 €, c’è la vittoria del post-cinepanettone “Colpi di Fulmine” con 9.696.390 che supera “I 2 Soliti idioti” e “Tutto tutto e niente niente” quasi appaiati, rispettivamente, a 8.452.300€ e 8.450.298€.
Segue subito dopo un’altra sfida che vede la vittoria de “La vita di Pi” (6.362.311€) su “Ralph Spaccatutto” (5.739.041€). In coda “la Regola del silenzio” con 3.210.561€ chiude la lista dei film natalizi, lasciando poi spazio a “La miglior offerta” di Tornatore (2.756.927€) e “Mai stati uniti” dei Vanzina (2.062.426€) usciti però entrambi a inizio gennaio e ancora all’inizio della loro corsa; il film di animazione“Le 5 leggende” ha raccolto in questo segmento 2.383.720€ dei suoi 7 milioni totali ma, essendo l’unico della classifica ad essere uscito a fine novembre, è equiparabile agli altri titoli solo in parte.
La crisi economica in atto vede una diminuzione dei consumi complessiva entro cui si deve far ovviamente rientrare il cinema, così come già ipotizzato qualche settimana fa da Carlo Verdone in un’intervista a Il Giornale. In questa ipotesi non c’entra la qualità dei film che, per quanto alta, non può indurre a spendere chi ha ora uno standard di vita impoverito dalla congiuntura economica. La minore frequentazione delle sale sarebbe quindi una scelta fatta per necessità. Secondo un’altra lettura invece, potrebbe dirsi che se la crisi diminuisce ma non azzera i margini per il tempo libero, è proprio la qualità delle opere a diventare decisiva permettendo al cinema di imporsi nella personale gerarchia di ogni consumatore. Il generale andamento lascia però propendere più per la prima interpretazione che per la seconda.
Nell’ambito di un settore indebolito da fattori esterni c’è comunque un altro aspetto da monitorare: allargando lo sguardo alla top ten di tutto il 2012, l’Italia ha visto il trionfo di soli film stranieri fatto salvo il caso di “Benvenuti al Nord” che ha occupato il primo posto dei film più visti e di “Immaturi – Il viaggio” tra gli ultimi. Due film italiani, per altro due sequel, su dieci.
Il dato più netto dell’anno appena concluso è proprio questo: il posto marginale del nostro cinema all’interno del suo mercato d’elezione, cioè quello interno. Va poi affiancata tale tendenza alla difficile sorte dei nostri film all’estero (pur ricordando la vittoria di Garrone a Cannes). Anche qui, quale chiave di lettura scegliere? Forse il motivo può essere rintracciato nella tipologia di spettatori del cinema italiano che, messi dalla crisi di fronte all’aut-aut, abbandonano la sala più facilmente dello spettatore innamorato del cinema americano abituato a una reazione viscerale verso l’esperienza cinematografica, come gli adolescenti per la saga di Twilight o il pubblico dei più piccoli per i film di animazione.
Secondo i Vanzina (in foto, un frame dell’ultimo “Mai Stati Uniti”) va ripensato il modo di fare cinema d’autore, incapace di tener conto dello spettatore, ma a mancare al cinema italiano quest’anno sono soprattutto i successi più popolari che non riescono a indebolire la quota americana. In ogni caso, senza la capacità di rinvestire in prodotti più rischiosi, anche le annate più fortunate (si pensi alla stagione 2010/2011 con Zalone, Benvenuti al Sud etc.) rimangono per il cinema italiano trionfi aridi come un susseguirsi di cifre e, in definitiva, una sconfitta.
Autore: Roberto Urbani