Inizia oggi – non a caso giorno di S.Valentino – il tour teatrale per presentare il nuovo album “Ovunque Proteggi”, ed il luogo che Vinicio ha scelto è Avellino (“…ho pensato che se doveva esserci un “in bocca al lupo”, perlomeno che fossero lupi paesani…”, dice all’inizio, ed il teatro Gesualdo viene giù dagli applausi).
In effetti non si può raccontare questo concerto prescindendo dal contesto: se è vero infatti che Capossela sia nato ad Hannover e vive attualmente a Milano, è pur vero che le sue radici sono a Calitri, paesino terremotato in provincia di Avellino dove i 600 abitanti testardamente rimasti lo conoscono bene; e così questa serata speciale è più una rimpatriata, una festa, una sagra paesana per alcuni aspetti: ci sono in sala i genitori del cantautore, davanti a loro una tripla fila di autorità, e c’è mezza Calitri; c’è l’acclamatissimo Ciccillo (padrino di battesimo di Vinicio e padrone del ristorante citato nella canzone ‘Il Veglione’ (ricordate?: “Da Ciccillo ristorante, tre portate al prezzo di due…”), e c’è pure il sindaco di Avellino che ad un certo punto interrompe lo spettacolo e masochisticamente si fa sommergere di fischi per consegnare una targa del Comune al cantautore (“ma io non mi aspettavo tanto” scherza lui, “sono uno che non ha vinto nemmeno la medaglia ai giochi della gioventù!…”). Tutti venuti a festeggiare il loro eroe, considerato da molti, al momento, il cantautore italiano numero uno (“talvolta di sfuggita sento parlare di Vinicio alla televisione” dirà Ciccillo ad un certo punto “ma troppo raramente, come se non fosse uno importante; e allora penso: questi non hanno capito proprio niente!”. Applausi a scena aperta anche qui…).
Il teatro è tutto esaurito da una settimana – 1.200 posti, alcune persone restano addirittura in piedi (“un politico importante ha chiesto qualche biglietto all’ultimo momento, quando era tutto esaurito, e mica gli si poteva dire di no!” si fa scappare di bocca uno degli organizzatori mentre sono a tiro d’orecchio…) – e l’allestimento del palco piuttosto semplice prevede due rosse lanternone cinesi sospese sul pianoforte a coda, ed una grande tela bianca in fondo sulla quale nelle due ore e mezzo di concerto sfileranno giochi di luce ed ombre cinesi fatte con mani e sagome di legno.
Si parte con il minotauro, ed in molti ci avremmo scommesso: alle 21.45 le luci in sala si abbassano e sul palco esce lui, con pelliccia, mascherone e percussioni sarde: ‘Non Trattare/ La Carne/Brucia Troia”) nella penombra minacciose canzoni (“lo scandalo della carne, il sacrificio della carne…”) che fanno salire l’adrenalina in una sala dove quasi tutti stringono in mano un cellulare per fotografare la scena e l’emozione si taglia a fette; Vinicio ne esce sfinito, e per riprendere fiato inizia uno dei molti monologhi cui assisteremo stasera: “…e la formica disse: e tu, cicala, cosa facevi mentre io lavoravo? e la cicala rispose: io ho cantato! ah si?, rispose la formica, hai cantato?… e adesso balla!!!” e così inizia ‘Dalla Parte di Spessotto’, primo singolo estratto dal nuovo disco che, per inciso, viene eseguito quasi per intero (manca solo ‘Moskavalza’).
Accompagnano Capossela 5 musicisti di prima scelta, tra i quali il chitarrista “Asso” Stefàna, Vincenzo Vasi (theremin, programmazioni) e Zeno De Rossi agli strumenti sardi, ed ogni tanto si unisce a loro la c.d. Banda della Posta: quattro pensionati di Calitri guidati da ‘O Cinese, che mezzo secolo fa suonarono al matrimonio dei genitori di Vinicio ed a quanto pare passano le giornate a giocare a carte davanti l’ufficio postale di Calitri, aspettando al varco e facendo la guardia alla loro pensione (“ecco a voi il Buena Vista Postal Club: credo che Wim Wenders morirebbe d’invidia…!”).
La splendida ‘Nutless’ – vera perla del disco – lascia per la verità quasi tutti delusi (“falla normale!”, urla qualcuno dagli spalti, contestando il filtro vocale utilizzato), e qualcun altro non apprezza i suoni bizzarri del theremin, del fuzz, degli strumenti cinesi e le basi preregistrate presenti in abbondanza nelle canzoni (beh… anche se hanno partecipato al disco, certo non poteva portarsi dietro i Tenores di Mamoiada in tournèe, concorderete…), ma Vinicio è artista che vuol mettersi in gioco ed evitare di autorelegarsi nel genere “revival e pianobar” (“lo vedete dai pochi capelli che ancora mi restano che non sono diventato Bracardi…”, conferma lui); inoltre è la prima data del tour, e qualche imperfezione è ancora scusabile, compresi i tempi biblici tra un pezzo e l’altro.
Ma è proprio questo il punto: ciò che Vinicio vuole proporre (almeno stasera…), è proprio una sorta di Festa di Paese in cui a momenti di struggente tenerezza ed eleganza (“Nel Blu”, “Pena de l’Alma”, “Lanterne Rosse”, “S.S. dei Naufragati”, “Con una Rosa”, “Besame Mucho”, “Non è l’Amore che va Via”, “Una Giornata senza Pretese”, “Ovunque Proteggi”, “Ultimo Amore”, ed il gesto d’addio a Matteo Salvatore nella di lui “Bella Mia”) si alternano cialtronate da osteria in cui c’è spazio per tutti, specie per chi in teoria dovrebbe essere “fuori contesto”: Ciccillo che monopolizza il microfono per 15 minuti e poi pretende di cantare ‘O Sole Mio’, ‘O Cinese che canta il tradizionale (bello…) ‘Zompa la Rondinella’ e persino un sindaco –involontariamente, e per motivi che lui stesso non può comprendere – lì è perfetto. Ci manca solo il parroco che benedice gli strumenti musicali…
Il tour proseguirà attraverso l’Italia, salvo repliche, fino a Maggio.
Autore: Fausto Turi
www.viniciocapossela.it