Forti del successo internazionale riscosso da Ellipsis, loro settimo album in studio, i Biffy Clyro portano la loro carica di energia anche in Italia. Quattro date nel nostro Bel Paese per il trio scozzese. Sono partiti da Firenze lo scorso 20 ottobre per approdare a Milano il 2 febbraio, a Roma e Padova il 6 e 7 dello stesso mese. Ah, ed essendo periodo sanremese non mancherà una comparsata anche nel festival ligure più amato dalle nostre zie.
Si diceva, i Biffy Clyro si formano nei pressi di Glasgow nel 1995, capitanati dall’allora quindicenne Simon Neil alla classica accoppiata chitarra/voce, a cui si uniscono i gemelli Johnston, Ben e James, alla batteria e al basso rispettivamente. Piccolo inciso. Saranno pure gemelli, però Ben è pelato e James ha una folta chioma rossiccia. Ho il sospetto che in famiglia qualcuno si senta un po’ preso per il culo. Detto ciò, il gruppo ha spaziato da sonorità post-grunge con elementi punk agli esordi, è passata per l’alternative nel primo decennio del nuovo millennio (loro periodo migliore secondo il sottoscritto) per poi accomodarsi, una volta raggiunto il successo mainstream, su un rock alternativo dalle fortissime connotazioni pop.
Ad accompagnare il trio sono Frank Carter e i suoi Rattlesnake, gruppo hardcore punk inglese con forti influenze alternative (soprattutto nel loro ultimo album Modern Ruin), quindi summa delle precedenti esperienze del frontman con i Gallows e i Pure Love.
I BC arrivano sul palco accompagnati da un impressionante muro di luci bianche, già mezzi denudati. Effettivamente è un bene perché, a parte far felici milioni di ragazzine, Simon ha la tendenza a sudare come un verro durante l’esibizione. Esibizione che fin da subito vuol fissare i toni con Wolves of Winter, primo singolo estratto dall’ultimo album, che è in alta rotazione in radio da non so più quanto tempo. Si continua con Living is a Problem e Sounds Like Balloons, al termine della quale il pubblico continua indefessamente a cantarne il ritornello. Forse per una band non c’è soddisfazione maggiore. Siamo solo all’inizio, infatti la scaletta conta ben 24 canzoni che spaziano più o meno sull’intera discografia, anche se la predilezione è per i singoli di maggior successo degli ultimi anni. Si hanno Biblical, Victory Over the Sun, On a Bang, Opposite e Bubbles, con continui e ininterrotti cambi di strumentazione, sia per il bassista che per il frontman. C’è da riconoscere che i tre sono proprio una macchina ben rodata e oliata, mai una sbavatura o un’incertezza.
Simon, ha delle doti canore davvero invidiabili che gli permettono esibirsi con una pulizia e un’accuratezza fuori dal comune. Il set continua con 57, Friend And Enemies, The Captain e The Joke’s On Us. È poi la volta del classicone Black Chandelier e del nuovo singolo Re-Arrange, di Medicine, Glitter And Trauma e di un altro preferito dai fan, Mountains. A chiudere il tutto è la carrellata composta da Name of The Wee Man, Flammable (ultimissimo singolo estratto da Ellipsis), That Golden Rule e infine quel capolavoro che è Many of Horror. Ho detto infine? Chiedo scusa. Era telefonatissimo che il pubblico avrebbe domandato a gran voce il bis, che puntualmente non si fa aspettare. Bis composto da Machines che esalta le doti acustiche e (ancora una volta) canore di Simon, Animal Style, brano dal riff inconfondibile estratto anch’esso dall’ultimo LP, e infine, questa volta per davvero, dall’esplosiva e martellante Stingin Belle. I tre salutano con quel loro accento scozzese incomprensibile, lanciano le bacchette e una miriade di plettri alla folla e si dileguano velocemente pronti per prepararsi alla tappa successiva.
Finiamo con un po’ di sana polemica. Indipendentemente dai gusti musicali, i Biffy Clyro si confermano come una delle realtà più solide nel panorama alternative di stampo mainstream (chiedo scusa per l’ossimoro) e deve fare un po’ riflettere il fatto che un gruppo di importanza internazionale, che ha riempito stadi con decine di migliaia di persona (Wembley dovrebbe far suonare un campanellino), non abbia ottenuto il sold out all’Atlantico, come invece è avvenuto recentemente per artisti nostrani (tutti i fatti e gli eventi narrati non sono per nulla casuali). Nulla da togliere a questi ultimi, però dispiace che nel nostro Paese band come i BC non vengano apprezzati come meriterebbero (di esempi ce ne sarebbero davvero fin troppi). Detto ciò, è stata un’ottima performance e se avrete in futuro l’occasione di vederli live non lasciateveli sfuggire.
autore: Davide Di Gioia