Ancora ricordo quando li ho visti live la prima volta, nel lontano (aimè) 2006: erano uno dei nomi di punta del Kaleidoscope Festival . E rimasi davvero impressionata dai due di San Francisco e dalla loro elettronica bella da vedere e da ascoltare.
Dopo sei anni sono certo un po’ invecchiati ma soprattutto cresciuti e hanno molto da comunicare sul palco. Arricchiti. La loro elettronica oggi, il cui risultato è l’ultimo album, The marriage of true minds, sembra più completa e trasversale: dall’elettronica minimale di ispirazione tedesca, si passa ad una techno incalzante e saltellante (Tunnel), ma non è tutto. La performance viene completata da una fusione evidente con ritmicità e ispirazioni punk rock e metal (Buzzcocks, ad esempio, in apertura del loro pezzo ESP) persino folk rock. La presenza di altri due musicisti sul palco (batteria e chitarra) danno movimento al live e danno origine ad un interessante mix di suoni sintetici e pezzi strumentali: schitarrate, percussioni latine, jazz.
Un live dei Matmos, per quanto a tratti di difficile comprensione, è un’esperienza unica e molto divertente. Si possono amare o odiare, ma bisogna vederli, perché solo live si può godere bene della loro completezza: l’uso di oggetti comuni per campionare suoni, dai palloncini a campanelli e campanacci , i microfoni immersi nell’acqua, gli elementi della natura, immancabili nelle loro performance. Le voci distorte, le urla, le risate, versi di animali, veri e propri monologhi teatrali come quello, in apertura, dedicato alla forma geometrica perfetta: il triangolo, filo conduttore dei pezzi dell’ultimo album (In search of a lost faculty o Very Large Green Triangles). Triangolo che ritorna nei video che proiettano sul retro palco, insiemi di figure geometriche, architetture, corpi e non ben identificate viscere umane. Un insieme colorato e forte di suggestioni .
In definitiva un concerto che va assaporato con tutti i sensi e ascoltato tutto d’un fiato, profondamente, perché dietro alla composizione di M.C. Schmidt e Drew Daniel c’è sempre un senso, un concetto, il cui significato viene lasciato alla libera interpretazione degli ascoltatori. Loro si limitano a lanciare spunti e a stimolare la fantasia di ognuno. “So think!”, con questa esortazione si conclude l’ultimo pezzo del live.
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autore: Sara Ferraiolo