Sono bolognesi i Settlefish ma potrebbe essergli concessa la cittadinanza onoraria americana grazie alle loro sonorità e, scusate se è poco, grazie al fatto che sono stati apprezzati e lanciati da una delle più grandi realtà indipendenti discografiche esistenti al momento la Deep Elm. Da poco è uscito il loro sorprendente secondo disco “the Plural of Choir” e dopo averli ascoltati live li andiamo a conoscere un pò meglio…
Vorrei parlare subito di THE PLURAL OF CHOIR … vorrei che mi raccontaste com’è nato…in che tempi è stato concepito…e soprattutto se tanta naturalezza o immediatezza percepita, come la si voglia chiamare, all’ascolto del disco sia stata tale anche nella stesura…
Emilio (chitarra): Il disco è stato scritto e registrato nell’arco di otto mesi, credo che nonostante la varietà dei pezzi si senta una linea comune che lo unisce dalla prima all’ultima nota. Il nostro intento era quello di scrivere un piccolo racconto, una storia breve, e volevamo che venisse fruita tutta di un fiato. Quindi diciamo che abbiamo messo la complessità che animava “dance a while, upset” maggiormente al servizio delle canzoni. E’ per questo che risulta più immediato. Trovo che sia un disco molto stratificato, uno di quei dischi di cui scopri un elemento nuovo ad ogni ascolto.
A volersi fermare al primo ascolto (quello che io ho dato penso 200 volte fa visto che ho consumato il cd!!!) la caratteristica più piacevole del disco penso sia la maggiore melodicità tendente alla malinconia di tutto il lavoro rispetto a DANCE A WHILE, UPSET…questa è una cosa che avete in qualche modo guidato?
Emilio: Come ti dicevo pocanzi, volevamo una maggiore attenzione sui pezzi e sul loro protarsi, volevamo che ciascun pezzo accompagnasse per mano quello dopo, mantenendo comunque una diversità di stili tra una canzone e l’altra. Se metti il disco in repeat, idealmente è come un anello che si chiude, e ricomincia.. Non so come mai tutto sia venuto fuori così naturalmente e dolcemente, al contrario di “dance a while, upset” non abbiamo badato molto se si stava suonando in 4/4 o 5/4 o vai a sapere cosa.. Questo disco rappresenta esattamente quello che eravamo al momento della composizione dei pezzi.
Ho letto attentamente i testi delle vostre canzoni e sono rimasta stupita da tanta intimità concessa a chi vi ascolta…qual’è se c’è la cosa che vi è costata più condividere?
Emilio: A questa domanda può rispondere sicuramente meglio di me Jonathan, che si è occupato completamente delle liriche. Posso solo dirti che una volta che le ho sentite ultimate in molte mi ci sono identificato, credo che Jon abbia scritto davvero qualcosa in cui bene o male tutti si possono riconoscere.
Jonathan (voce): Non so, in effetti alcuni testi sono molto intimi. E’ una cosa voluta, volevo che fosse diverso dal disco scorso che aveva testi un pelo più ermetici, che procedevano per immagini. L’idea in questo album era di legare tutti i testi, renderli uniformi e provare ad essere più diretti e più personali. Cercare veramente di far vedere una parte di noi dai testi…
Ho visto il video di KISSING IS CAOS e meglio ancora ho avuto l’opportunità di assistere al vostro live…la vostra amicizia è nata in contemporanea con la nascita dei Settlefish?
Emilio: Per quattro di noi l’avventura è cominciata all’ultimo anno di liceo, dalla voglia di fare qualcosa di creativo e di non essere solo fruitori di musica. Io e Phil (il batterista), suoniamo insieme da 10 anni. Siamo sicuramente amici prima di tutto, se non ci fosse questa amalgama tra >di noi, certe cose non verrebbero fuori. The Barnacle Beach è venuta fuori improvvisando in 10 minuti alle prove, è bastato qualche sguardo. Ed è strano, perché è uno dei pezzi più pop del disco.. Se fossimo poco in sintonia sarebbe venuta fuori una pallosissima suite sinfonica da 13 minuti, eheheh.. E invece abbiamo imparato la tecnica della sintesi, capendoci meglio.
Facciamo un pò “l’avvocato del diavolo“! Cosa manca ai Settlefish secondo voi? C’è qualcosa di cui vi lamentate, qualcosa cui pensate di dover aspirare per essere soddisfatti?
Emilio: Al meglio e al peggio non c’è mai fine. Credo che ognuno di noi abbia dato il massimo, sia per quello che riguarda le registrazioni, sia per quello che riguarda gli impegni live. Poi forse ognuno di noi vorrebbe vedere la band in un’angolatura più sua: chi più pestona, chi più pop, chi più mathrock, etc. etc. Ma alla fine è proprio da queste piccole differenze che può nascere un qualcosa di meno sentito e ripetitivo, almeno credo!
Questa domanda la faccio sempre…quanto vi ascoltate? E soprattutto che sensazione ne avete?
Emilio: Se intendi quante volte ho riascoltato il disco, ti devo rispondere che l’ho sentito e risentito. Quando si missa un lavoro ogni pezzo viene come esaminato ai raggi X attraverso ripetuti ascolti e microscopiche modifiche. Non sono però uno che quando ha l’lp finito, in mano, se lo riascolta duecentomila volte. Lo ascolto una volta sullo stereo di casa, una volta in cuffia e una volta nello stereo della macchina, poi inevitabilmente lo regalo! Io infatti ho solo roba masterizzata o in mp3 dei settlefish a casa..
Jonathan: Si anche io ascolto molto poco la nostra musica..gli unici momenti sono quando me lo chiede un amico o qualcuno che deve sentire per la prima volta quello che facciamo. Non mi dispiace nemmeno come cosa da fare ma in generale preferisco ascoltare qualcosa di nuovo.
Scusate se mi autocito … ho scritto di voi che siete l’unico gruppo italiano che si merita di uscire per Deep Elm…e cavolo se lo penso…però voi ora dovete levarmi una curiosità…mi dovete raccontare il momento esatto dell’offerta! Telefono, Mail…come e che tempo faceva, che avevate mangiato quel giorno…tutto, voglio sapere tutto!
Emilio: Era, mi pare, il febbraio del 2002 e io e Phil eravamo usciti a prenderci una birra, qui vicino a casa mia. Eravamo parecchio depressi perché avevamo spedito si e no 100 demo alle etichette che più ci piacevano, e nessuno ci aveva risposto. Verso L’una di notte ci salutammo e ci dirigemmo alle rispettive case. Un attimo prima di spegnere il telefono, Phil mi chiama dicendo che gli era arrivata una e-mail da Deep Elm e che loro erano davvero molto colpiti da quei tre pezzi che avevano sentito. Ci chiedevano in sostanza se potevamo spedirgli altro materiale. Alchè grazie a Danilo e Bruno (l’altro ragazzo oltre me alle chitarre), che hanno un buono studio di registrazione, registrammo in 24 ore sette pezzi da mandargli. Dopo avere sentito anche queste canzoni decisero di farci firmare il fatidico contratto.
Raccontatemi una città americana…una che vi abbia stupito durante il vostro tour…soprattutto in base alla reazione della gente alle vostre sonorità…
Emilio: Io in america non ci sono stato, all’epoca feci un semestre (pessimo) come impiegato in banca.. Me la sono persa! Recupero a luglio!
Jonathan: Non so credo che fosse subito pazzesca la differenza tra una città come Dallas e una più piccola come Austin che però sono relativamente vicine, entrambe nel Texas. La prima completamente grigia, triste, mi ha fatto una pessima impressione..Austin invece, sarà stato anche per il South By SouthWest che si svolgeva in quei giorni per i tanti studenti ha una atmosfera decisamente migliore. Comunque come reazione mi ha colpito in particolare il Nord-est, Syracuse e Rochester, li non so per quale motivo ma hanno apprezzato parecchio, erano tutti molto entusiasti…
Cosa vi piace e cosa no dell’essere diventati “più famosi“?
Emilio: Io ne metterei davvero mille di virgolette! Non mi sembra di essere diventato più famoso! E’ tutto come prima!
Jonathan: si…ancora a questa non si può rispondere!
Parliamo dei vs. Progetti futuri…suonerete all’estero a breve vero? E poi esistono già dei “pezzi” nuovi?
Emilio: saremo in tour dalla fine di aprile alla fine di maggio in europa, dopodiché la prima settimana di maggio partiremo per gli states per un tour di 5 settimane con i nostri compagni di etichetta Desert City Soundtrack. Abbiamo un paio di canzoni che non abbiamo incluso in “the plural of the choir” e un altro paio a cui stiamo lavorando. Ci terremmo davvero tanto a fare uscire un qualcosa in autunno, anche un’ep breve breve!
Jonathan: Abbiamo anche registrato una cover dei Red Red Meat, il pezzo si chiama “Lather” e dovrebbe uscire a presto su un tributo che farà uscire Unhip Records.
Ok ..ultima…cos’è che non vi ho chiesto e che vorreste dirmi?
Emilio: No credo tu sia stata piuttosto esaustiva! Ti ringraziamo per l’intervista, e ci si vede a Napoli!
Autore: Renata De Luca
www.settlefish.com