E’ il locale adatto, il Velvet Zone, per un concerto di Marco Parente. Malgrado la scomodità della piccola sala concerti, il senso di intimità e di raccoglimento che inevitabilmente si crea in quei pochi metri cubi sotterranei, è ingrediente prezioso per uno spettacolo concettuale e comunicativo come quello che l’artista tosco/partenopeo e la sua band stanno portando in giro per l’Italia in questo Autunno del 2005.
Marco lo vedo lì tranquillo al bancone del bar, poi seduto ad un tavolino in un angolo mentre ragazze e ragazzi lo avvicinano, gli chiedono del nuovo disco, “Neve Ridens 1“, e gli chiedono del suo seguito, “Neve Ridens 2“, che uscirà a Marzo, ed ancora di quella strana batteria fatta con le custodie dei tamburi, anzichè con i tamburi stessi, che stasera campeggia sul piccolo palco ed è servita per registrare il disco nei mesi passati e della quale si parla con curiosità in internet e sui giornali di musica già da un po’; gli domandano poi delle sue tante collaborazioni artistiche con Carmen Consoli, CSI, Afterhours, Cristina Donà, etc. Poi ad un tratto Marco si alza, saluta con cortesia e sale sul palco ficcandosi sulla testa un bizzarro passamontagna di lana che toglierà dopo la prima canzone.
Tocca a lui, ora: hanno da poco concluso il loro live set gli Gnut, gruppo napoletano in giro da un paio d’anni e di base al Centro storico, che ha appena presentato, in formazione ridotta, il suo repertorio folk semiacustico pregno di emotività, ma pagando qualcosa in termini di impatto a causa dell’assenza della batteria.
Il pubblico è numeroso rispetto alle ridotte dimensioni del Velvet, ed infatti Marco ringrazia apertamente: ci saranno 150 persone circa, e soprattutto una grossa concentrazione da parte di tutti sullo spettacolo… come sempre il cantautore è accompagnato dalla sua fedele formazione, con Asso Stefana alla chitarra, il sinistro Enzo Cimino alla batteria, il funambolico Enrico Gabrielli al piano elettrico e contemporaneamente (!) ai fiati, infine Gionni Dell’Orto al basso, e presenta nella prima parte dello show tutte le otto canzoni nuove, tra le quali senz’altro spicca il singolo ‘Il Posto delle Fragole’: probabilmente la più immediata del suo repertorio grazie alla struttura grossomodo da “ballata” e – azzardo – di portata radiofonica…
All’inizio la voce è “imballata” e ci vuole qualche canzone per scioglierla; il suono è compatto e ad alto volume, ma il riverbero è tale da rendere poco comprensibile ciò che Marco canta; tuttavia è affascinante vederlo talvolta mormorare, altrimenti urlare i suoi testi con grande trasporto, e mi sembra ci sia già un buon affiatamento tra i cinque sul palco, malgrado la tournèe sia soltanto all’inizio (questa è la seconda data dopo Milano: poi la carovana si sposterà più a Sud sino in Sicilia, per poi risalire: il 19/10 a Frosinone, il 20 ad Arezzo, il 22 a Brescia, il 26 a Padova, il 27 a Bologna, il 28 a Siena, il 29 a Roma e così via sino a Natale).
Intanto lui sul palco si contorce, scende giù tra il pubblico (“voglio stare tra la gente, è una mia esigenza…” mi dirà poi dopo l’esibizione, ndr), accenna passi di una danza meravigliosamente goffa che s’inventa al momento, e riesce a coinvolgere e comunicare scherzando con la band e dando tra una canzone ed un altra qualche breve spiegazione: “questa canzone l’ho scritta conoscendo già i volti di ognuno di voi: il tuo, il tuo, il tuo…”.
Tra i presenti mi pare pochissimi conoscano già le nuove canzoni, ed infatti qualcuno ad un certo punto chiede ad alta voce di eseguire quelle più famose (beh, certo: famose si fa per dire…) di ‘Trasparente’, il disco inciso con Manuel Agnelli tre anni fa, e viene accontentato, qualcun’altro chiede ‘Reginella’, e ovviamente NON viene accontentato: il concerto in effetti non dura moltissimo, circa 80 minuti, ma credo che questa sia una precisa scelta di Marco, che confessa infatti dopo l’esibizione di non voler stancare l’ascoltatore, data la portata impegnativa delle sue composizioni.
Autore: Fausto Turi
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