Dopo il grande annunciato ritorno dei dispersi Franz Ferdinand, per la data conclusiva del Bands Apart di Ferrara gli Interpol si sono esibiti il 15 luglio a piazza Castello davanti alla cornice unica del Castello Estense. Tutto era preparato per un grande successo: pubblico nutrito ed entusiasta, ottima introduzione da parte della band di supporto, i Deus, in piena ascesa di successo, eppure qualcosa non ha funzionato nell’esibizione dei quattro Newyorkesi. Il cantante/chitarrista Paul Banks, il bassista e tastierista Carlos Dengler, il batterista Sam Fogarino e la chitarra solista Daniel Kessler escono invocati dal pubblico alle 22, dopo che si era chiusa con ritardo l’esibizione dei Deus, e sarà l’orario o la stanchezza del pubblico ma il fatto è che non riusciranno durante tutta la durata del concerto a “catturare” fino in fondo i loro spettatori. Il problema principale è la sonorizzazione della voce di Banks: nonostante chieda già alla prima canzone di farsi aumentare il volume del microfono, per tutto il concerto la sua bellissima e profonda voce non riuscirà a dominare, come fa nei brani da studio, le melodie elettriche incastonate da Kessler, che invece nel corso del concerto fa la parte del protagonista assoluto, sia in termini musicali sia per presenza sul palco. L’intero concerto sarà retto praticamente dalla sua chitarra, melodica e incisiva, graffiante o suggestiva a seconda dei pezzi. Alla fine, se il pubblico torna a casa comunque divertito, sarà per merito suo, data l’esibizione in ombra anche del pur bravissimo Sam Fogarino.
Il concerto inizia con Pioneer to the Falls, dall’ultimo album Our Love to Admire che gli Interpol stanno portando in tour: seguono poi subito un paio di cavalli di battaglia, Slow Hands e PDA, che dovrebbero dare la carica, seguiti da Scale, e C’mere. Questi pezzi dovrebbero fornire la base ritimica e di energia, mentre convince però di più Lighthouse, pezzo ispirato dell’ultimo album, di grande atmosfera, che mai si sarebbe detto poteva funzionare in un concerto dal vivo. E qui Kessler la fa davvero da padrone. Seguono poi Narcotic, Precipitate, e una bellissima e convincente Rest My Chemistry, con un arpeggio da favola del solito Kessler. Concludono la prima parte Obstacle 1, Evil, e No I in Threesome, e così l’alternanza fra i tre album da cui pescare i pezzi è completa.
Il bis, un po’ magro per la verità, è per NYC, forse la canzone più bella degli Interpol, ma qui suonata decisamente al di sotto delle sue potenzialità, the Heinrich Manouver, il primo singolo dell’ultimo album, e si chiude poi con Stella, uno dei pezzi più intensi di Turn the Bright Lights, l’album che ha consacrato gli Interpol al successo.
Nella parte di chiusura il concerto riesce ad arrivare al cuore della gente, ma questa parte è durata troppo poco: alla fine il pubblico è deluso e ne ha ben donde. Eppure gli Interpol, gli unici veri eredi dei Joy Division attualmente in circolazione, sanno incidere pezzi stupendi, e non si discute la loro capacità melodica: è proprio la resa live che non ha convinto, e che deve essere meglio studiata dai quattro ragazzi, peraltro poco comunicativi sul palco (ma questo può essere anche un atteggiamento voluto). Anche la scaletta, che poteva essere più lunga, ha mancato per esempio i pezzi più convincenti dell’ultimo album: All Fired Up e Pace is the Link sono stati incomprensibilmente lasciati fuori. Niente di grave: gli Interpol sono una band giovane e possono migliorare. Il giudizio finale è: rimandati a settembre. Ovvero al prossimo tour.
Autore: Francesco Postiglione
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