Mark Linkous alias Sparklehorse… pare abbia superato momenti più bui, si è dato ad una diversa forma di composizione, solare, scanzonata, e assai più complessa nell’elaborare soluzioni.
“Gli ultimi cinque anni sono stati piuttosto duri, e scrivere canzoni ricche di speranza è stata la conseguenza naturale del mio voler superare la disperazione”, ci dice. Riflessi di un uomo virtuoso che padroneggia la sfera del folk rock contemporaneo. Ebbene una piacevole sorpresa, in un certo senso presagita. Il nuovo “Dreamt For Light Years In The Belly Of A Mountain” è un lavoro minuzioso, come suo solito, ma stavolta più congeniale ad ascoltatori del folk meno depressivo. E’ riuscito persino a superare scetticismi e generalizzazioni del passato, in quanto ad utilizzo di mezzi più o meno efficaci per il raggiungimento del fine creativo. L’album infatti è costellato di arrangiamenti sonori, talora in penombra, in altri momenti base portante per ogni singola traccia… Riverberi elettronici ed ogni tipo di contraffazione, distorsioni più o meno prolifiche come nella voce, che non pare mai la stessa, utilizzata “in modo da potersi inserire perfettamente nella struttura sonora della canzone, come se fosse semplicemente un altro strumento”, e che spesso è supportata dall’uso del duetto con voci femminili.
Le chitarre in alcuni casi presentano un tessuto spesso, compatto, uno strato sonoro come quello presente in “Ghost in the sky” che ricorda un Bob Mould prima maniera. L’inserimento del mellotron, e, con esso alcuni momenti di distorsioni elettroniche, sono perfettamente inseriti, amalgamati. Linkous registra gran parte del materiale che utilizza come sospinto da una forza, una continua visione metaforica della vita che non riscatta, non restituisce indietro granché, in cui però vi fermentano fantasie, spunti creativi, possibilità da non lasciar sfuggire. Idea, come questa, che ritrova riscontri anche in Daniel Johnston amico e “compare”, persona di gran stima per Mark, una sorta di guida, ormai da tempo per gli Sparklehorse. Assidua presenza tecnica, rimane quella di Scott Minor, che suona la batteria e lo supporta in pianta stabile, mentre artisti come Nina Peerson, Dave Fridmann, Vic Chesnutt, Bright Eyes, Steven Drozd e così via, si affacciano per dare una loro visione stilistica “orchestrati” di tanto in tanto dalle direttive del signor Linkous, motivo per cui si riscontrano diversi elementi in questo album di folk dall’impronta indipendente permeato di un linguaggio sonoro che trae ispirazione dai Grandaddy ai Cracker.
Un mondo simile ad un immagine dipinta, ricca di colori caldi, della terra, del cielo, di ogni elemento della natura teso ad indicare una fonte di purezza. A suo avviso predominante è il marrone, colore da materiale manipolabile, terreno fertile in cui c’e’ la possibilità di immaginarvi qualcosa che vi cresca, che ne tragga linfa vitale…tutto legato ad un ambiente, un tantino isolato ma ricco di elementi, per così dire rilassanti, dove Mark lavora e porta avanti un’intera, altalenante esistenza…Stavolta qualcosa ha preso piede, una nuova forma di vita, non più speranza celata di rassegnazione ma vere e proprie dichiarazioni di energia, di forza, ecco perché arrangiamenti anche più vigorosi. Una visione meno malinconica dunque, rispetto all’ultra intimista “Good morning spider”, cosa che lui stesso attribuisce ad una ritrovata energia mentale. E’ fonte di quiete, la sua amata abitazione, ristoro fra le montagne del nord Carolina, un tempo persino utilizzato come studio di registrazione, dove l’isolamento, appunto, risulta essere un valido aiuto per riprendere il contatto con se stessi ed elaborare liberamente idee più fresche. Anche se può succedere che, come ammette Mark: “non socializzare con gli esseri umani può diventare una cosa negativa, stavo cominciando a diventare uno strano uomo delle montagne, isolato dal mondo e dalla comunicazione con la ‘gente reale”.
Dj Danger Mouse e B.Fleishmann sono i suoi nuovi punti d’arrivo, che in quanto ad ispirazione di elettronica sperimentale, suggeriscono maggior distacco intimo e nuovi sistemi di lettura creativa. I suoi testi sono pieni di un singolare linguaggio simbolico: canzoni surrealiste rasentano un clima di stimolo all’anarchia, un’impronta elettro pop, ispirata stavolta anche dall’ingegno di Fennesz, nonché dall’impressionante mole di musica elettronica che lui ci dice di essersi impegnato ad ascoltare: Board of Canada, Stars of the Lid, Oval, Microstoria…
I testi dunque sono assai più surreali, tanto che risulta difficile immaginarne una qualche ulteriore metafora cosi come in passato. Una cosa però è certa, il suo impegno nel suggerire “soluzioni mentali” alle correnti teorie vigenti, ascoltare il proprio intimo, con maggior consapevolezza, liberi dai luoghi comuni e dai drammi di qualsiasi genere…”Dreamt For Light Years In The Belly Of A Mountain” è un inno all’ottimismo, pratica rara per un personaggio come Mark Linkous. Non c’è più strada per la disperazione…la speranza inoltre, può avere persino un accezione più ironica, semplicemente più …concreta!Autore: Lorenza Ercolino
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