Nel nuovo millennio è diventato abbastanza difficile definire cosa sia il rock. A chi fosse a digiuno di simili facezie e mi chiedesse delucidazioni in merito, non avrei dubbi nel indicargli di procurarsi un qualsiasi supporto audio o video di Iggy Pop. Quella voce roca e potente, il fisico asciutto e nervoso, le movenze da autentico tarantolato, sono marchi di fabbrica che, ancora oggi, a sessanta e passa anni rendono “l’iguana” un’autentica icona in campo musicale. Per capire il perché di quanto detto sopra, è arrivata da poco nelle librerie italiane “Lust For Life”, una dettagliata biografia del nostro uomo, redatta dal giornalista Paul Trynka ed edita in Italia da Arcana. Volendo rimanere nel campo del glamour, la trita e ritrita convenzione del “sex, drugs e rock & roll” trova nella figura di James Newell Junior Osterberg (questo il vero nome di Iggy Pop) uno dei suoi massimi esponenti.
Success = Excess? Un binomio semplicistico e di facile presa, comune, purtroppo, a molti ritratti di artisti nell’ambito dell’editoria musicale… In questo caso, al contrario, il racconto si rende interessante soprattutto perché offre l’opportunità di conoscere i risvolti meno conosciuti del musicista statunitense e del suo complesso carattere. Nato nel 1947 a Muskegon, un sobborgo della più rinomata Detroit, il piccolo Osterberg trascorre la sua infanzia da figlio unico tra la casa/roulotte dei genitori e la scuola, come uno qualsiasi degli appartenenti alla middle class americana di quegl’anni. Sin dalla tenera età, il giovane Jim sviluppa una personalità fascinosa ed affabulatoria che lo renderà uno dei ragazzi più in vista della sua zona, tanto che in molti prevedono un radioso futuro per lui (egli stesso dichiarò che non gli sarebbe dispiaciuto diventare governatore del Michigan, pensa te…).
Nel corso dell’adolescenza lentamente si insinua in lui l’amore per la musica che sfocerà, ben presto, nella formazione dei primi gruppi amatoriali in veste di batterista, abbandonando così ogni velleità politica e di vita “normale”…
Da lì in poi entrerà prima a far parte della sua prima band professionale, “The Iguanas” (ecco spiegato da dove viene uno dei suoi più conosciuti soprannomi: l’iguana) e, conseguentemente, inizierà ad interessarsi di musica sperimentale, jazz e blues. Proprio questa fase appare emblematica nel dimostrare come negli anni del boom economico degli Usa, in cui i giovani da prematuri adulti dell’epoca post bellica si erano trasformati in categoria a se stante, pronti a godersi la spensieratezza della vita e ad essere imberbi consumatori a spese di mamma e papà, c’era chi vedeva in tutto ciò nient’altro che noia e consuetudini borghesi. Tale consapevolezza porterà James Newell Junior Osterberg a creare il suo “alter ego”: Iggy Pop. Insieme ai fidi Stooges (sulla cui “epopea” son basate gran parte delle pagine della biografia) egli darà vita ad una delle più sconvolgenti band d’ogni tempo.
Oltraggiosi sia nel suono che negli atteggiamenti e, a detta di molti, i veri inventori del punk (i Sex Pistols coverizzarono la loro “No Fun” ed il cerchio si chiude…).
Tre album, l’omonimo esordio concepito in combutta con John Cale (Elektra Records, 1969), “Fun House” (Elektra Records, 1970) e “Raw Power” (Columbia Records, 1973), disco segnato dalla produzione addirittura di David Bowie (figura rilevante sul piano artistico ed umano per Iggy da qui in avanti) sono il testamento più rilevante che il gruppo lascerà ai posteri. Come altri clamorosi casi (Velvet Underground) furono troppo in anticipo sui tempi per raggiungere il successo di massa. Facendo in tempo a non perdersi, però, tutti gli eccessi della vita da rockstar… La felice “penna” di Trynka descrive con distacco molto “british” la discesa agli inferi di Pop. La lenta ma inevitabile dipendenza da droghe ed alcol non farà altro che accentuare l’imprevedibilità di Iggy, le cui gesta iconoclaste e masochistiche sul palco sono diventate leggenda. Un perfetta dimostrazione di come la simulazione scenica, portata all’estremo, possa tramutarsi in realtà. La perenne lotta tra lucidità mentale e “tossicità”, non impedirà all’iguana di intraprendere una cospicua carriera solista dalle alterne fortune artistiche e commerciali, tuttora in corso.
Vale la pena citare fra le sue opere più riuscite, “The Idiot” (RCA, 1977) il primo esperimento del nostro con l’elettronica (in combutta con Bowie) ed i più rockeggianti “Lust For Life” (RCA, 1977), “Brick By Brick” (Virgin, 1990) e “American Caesar” (Virgin, 1993). Nel 2005, incredibilmente gli Stooges si riformano prima con una serie di date dal vivo (nel 2006 ho avuto la possibilità di vederli in azione a Napoli e la forza trascinante del sessantenne Iggy Pop rimarrà indelebile nella mia mente) e, in seguito, comparendo su alcune tracce di “Skull Ring” (2003), intestato al solo Pop, quindi incidendo il prescindibile “The Weirdness” (Virgin, 2007) che ne riafferma il ritorno sulle scene discografiche a tutti gli effetti. Di ciò è molto altro narra “Lust For Life”. Trecentosessanta pagine in cui emerge chiaramente l’approfondito lavoro di Trynka, durato alcuni anni, teso a ricostruire, da fonti di prima mano, quanto accadeva nella turbinosa vita di Iggy Pop, non lesinando in particolari scabrosi ma che aiutano a comprendere meglio le tante sfaccettature del personaggio in questione. Un uomo che ha elevato allo stato dell’arte le proprie paranoie esistenziali, rischiando seriamente di rimanerne schiacciato, eppure, ogni volta in grado di rialzarsi. Ed è questo, forse, l’insegnamento più importante che una storia del genere può regalarci…
Autore: Luca M. Assante
www.iggypop.com