Il live del Teatro degli Orrori è un’esperienza mistica, fatta di sangue e sudore, di amore partigiano e pelli livide, una continua lotta pacifica con il tuo vicino di turno per non cadere, per rimanere in piedi. Se Antonin Artaud con il suo teatro tentava di purgare le anime dei suoi spettatori quasi fosse una funzione religiosa, così anche “Il Teatro” prova a purificare lo spirito dell’ascoltatore attraverso il rumore continuo ed indistinto dei loro amplificatori, provando a guarire chi gli è di fronte dagli insignificanti “bisogni” contemporanei, con continue aggressioni fatte di suoni potenti e ruvidi come scartavetrata.
Inizia tutto con “L’Impero delle tenebre” e “Vita mia” e la gente inizia ad unirsi in un tumulto di corpi che si muovono all’unisono, un magma senza controllo che ondeggia in maniera circolare. La gente si accalca, volano sigarette e gomiti alti; arrivano “E lei venne” e “Dio mio”, e Pierpaolo Capovilla è costretto a chiedere a tutti di andarci piano di non farsi male, ma è una preghiera inascoltata, il teatro della crudeltà di Artaud era fatto anche di violenza, trattamenti d’urto psicologici, qui è il contatto fisico al limite della violenza a portare alla guarigione.
Arriva “Compagna Teresa”, poi “Carrarmatorock!”, la massa spinge e la band incalza ancora di più, non un attimo di tregua, se non fosse per la forza del suono che fa da linea “Maginot “ respingendola dietro, la gente sarebbe tutta sul palco, Capovilla è sempre su di loro tirato e strattonato neanche fosse di gomma.
“Il turbamento della gelosia” e “Scende la notte” traghettano gli astanti verso la tregua rappresentata da “La canzone di Tom”, tutto sembra chiudersi con quei 5 minuti di splendida illusione di essere vivi, la band se ne va, ma solo per un attimo, ritorna inneggiando a quel sentimento innocente e puro che è l’amicizia, con “Lezione di musica” c’è quasi commozione in quegli ultimi minuti che concludono l’ orazione del Teatro degli Orrori, qualcuno esce dal locale con l’animo più leggero, qualcun altro è malconcio e dolorante, altri scossi ma consapevoli di essere vivi e con un spirito colmo di un amore così grande che, così bello che… sarebbe un sogno.
Autore: Oscar Cini
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