Dopo Atari, The Collettivo, Gentlemen’s Agreement, si chiama The One’s la nuova band partenopea che ha portato al sud una benefica ventata di musica internazionale. Sembra davvero un buon momento, questo, per le nuove tendenze musicali sotto il Vesuvio: dall’elettrorock all’indie, passando, con i The One’s, per un sound che piuttosto che guardare all’oltremanica va direttamente alle radici della musica folk-rock americana, pare che finalmente Napoli si sia sprovincializzata, che non sia tutto Posse, neomelodici e sound mediterraneo à là Pino Daniele.
Li abbiamo intervistati dopo la bella serata live del Duel Beat a Napoli il 24 gennaio che li ha visti protagonisti.
Sin dalle prime note mi ha colpito la somiglianza del vostro genere con band come i Wallflowers di Jacob Dylan…Chi sono i vostri riferimenti, la musica insomma che ascoltate e che vi ha aiutato a costruire la vostra identità?
Più che Jacob Dylan e i Wallflowers che comunque conosciamo molto bene direi piuttosto che la nostra influenza maggiore, anche per quanto riguarda i testi, sia il padre Bob. Da quando avevo quindici anni non è passato giorno senza che io ascoltassi un disco di Bob Dylan e credo che questo si senta, è inevitabile del resto. Certo c’è anche altro… Come non citare i Beatles per esempio, e quello che ha fatto John Lennon negli anni 70…e ancora Springsteen, Tom Waits, Elton John, Donovan, Jackson Brown e potrei continuare all’infinito citando tutti i maggiori cantautori di quel periodo…Quando abbiano inziato a suonare eravamo follemente innamorati di tutte le bands di fine anni 60 e cercavamo di ricreare quello spirito improvvisativo tipico del rock di quegli anni. Per quanto riguarda invece il contemporaneo ascoltiamo molto Ryan Adams che in qualche modo rappresenta un catalogo di tutta la musica americana che ascoltiamo. E poi c’è Norah Jones, di cui siamo praticamente innamorati. Direi però che sarebbe stancante e riduttivo fare un elenco dei dischi che abbiamo a casa, poichè ogni cosa che abbiamo ascoltato anche in maniera non consapevole ha contribuito ad allargare e rinforzare la nostra coscienza musicale
Chi siete, cosa fate nella vita, come siete nati come gruppo?
Chi siamo?? Bella domanda…
Per quanto riguarda la band siamo insieme dalla fine del 2004 quando io e Valerio eravamo ancora al liceo, anche se siamo rimasti praticamente inattivi per quasi un anno per problemi logistici e dal momento della firma del contratto con FOREARS nel 2006 tutte le nostre energie sono andate spese per “The Debut of Lady June“, per cui la band è abbastanza giovane d’età. Per quanto riguarda invece i The One’s “persone” eravamo amici già da prima e questo è indubbiamente il motivo principale del nostro affiatamento, credo che lo si noti anche sul palco. Come musicisti abbiamo storie un po’ diverse: io suono da sempre, uno dei miei primi ricordi di quando sono piccolo è l’immagine di due piccolissime mani che si agitano goffamente sulla tastiera di un pianoforte, il mio vero strumento. Ho iniziato a studiarlo in maniera seria e accademica all’età di 7 anni anche se grazie a mio padre (ideatore del progetto di musica etnica Viamedina) ho sempre avuto ben presente che c’era un’altra musica, quella che viene definita “leggera”. Per cui ho sempre affrontato la musica seguendo due strade…la prima mi ha portato a diplomarmi in Pianoforte e iniziare gli studi della Composizione al Conservatorio di Napoli, e l’altra mi ha portato ad avvicinarmi ad altri strumenti come la chitarra e l’harmonica e ad avere una notevole esperienza live sebbene ho solo 21 anni. Oggi faccio il musicista ha tempo pieno. Per quanto riguarda Valerio, Pierpaolo ed Enrico hanno iniziato ad avvicinarsi alla musica suonata da adolescenti e man mano che l’idea The One’s diventava sempre più concreta hanno iniziato anche loro a prendere lezioni e cercare di avere un approccio sempre più professionistico del loro strumento. Ognuno di noi comunque è spinto da una grande passione senza la quale non sarebbero possibili gli immensi sacrifici che in questo ambiente sono purtroppo necessari.
Come è nata in un ambiente come quello napoletano l’idea di mettere su una band che incide questo genere musicale? La vostra musica non sembra affatto avere radici partenopee…piuttosto euro-americane.
Le ultime produzioni campane dimostrano che ormai le frontiere si sono definitivamente aperte. Chi l’ha detto che dei musicisti napoletani debbano esprimersi per forza in dialetto o comunque esprimere la musica e la cultura della propria terra? E gli esempi sono diversi: gli Atari e i Silicon Dust sono gli alfieri dell’elettronica napoletana, i Collettivo e Le StrisceE anche se in maniera diversa cercano di proporre l’indie rock britannico dalle nostre parti, per non parlare de The Gentlemen’s Agreement che, come noi forse, sembra quasi che vorrebbero essere nati in un altro continente. Credo personalmente che si parli tanto di questa nuova ondata di band napoletane proprio perchè hanno tutte in comune la voglia di arrivare ad un’internazionalizzazione della propria musica e forse qualcuno storce il naso per l’enorme potenzialità che la nostra cultura possiede. Ma ormai le vie della tradizione sono sature, e non è neanche vero che produciamo musica popolare di altre terre, questo sarebbe assurdo. I migliori risultati in musica si ottengono quando si mescolano talmente bene diversi caratteri geografici e storici tanto da arrivare ad un musica che definirei “Assoluta”, sciolta da ogni altro aggettivo, ed è proprio questo il nostro obiettivo. Il nostro disco possiede dei forti tratti anglosassoni non lo neghiamo, ma solo Dio sa cosa avremo voglia di fare con il prossimo… quello che conta è avere bene in mente l’idea estetica della Bellezza, senza la quale si rischia di cadere nell’intellettualismo, perdendo di vista l’unico vero scopo della Musica e dell’Arte in generale.
Come vi dividete il lavoro di composizione dei pezzi e di produzione?
La composizione di un brano generalmente viene da un singolo. Degli 11 brani dell’album 9 portano la mia firma mentre gli altri due (Midinight’s talker e I’ll Disappear) li hanno scritti Valerio e Pierpaolo. L’idea, dicevo, viene sempre da un singolo che scrive musica e testo che li propone in sala. Dopodichè si procede con l’arrangiamento e ognuno da il suo contributo al pezzo. Per quanto riguarda gli arrangiamenti del disco c’è stato un lungo lavoro di pre-produzione insieme con il produttore, Daniele Landi, anche se a conti fatti, molti dettagli sono nati in studio, anche a distanza di mesi dalle registrazioni. La produzione è stata suddivisa in due sessioni, nell’inverno 2008 e nella successiva estate. Abbiamo avuto tutto il tempo per assimilare l’ascolto del disco e per pensare ad eventuali ritocchi e aggiunte anche in sede di missaggio. Una cosa che abbiamo imparato è che non esistono arrangiamenti perfetti, versioni definitive dei brani…le canzoni sono degli organismi viventi e a noi piace pensare di essere sempre in work in progress, cercando di migliorarne continuamente l’esecuzione live.
Avete parlato di fama come riconoscimento professionale di bravura e qualità…in questo senso, sinceramente, dovendo scegliere, preferireste diventare famosi più in Italia o all’estero, rimanendo comunque fedeli al vostro genere musicale?
Molto sinceramente, dovendo scegliere, direi l’estero. Anche perchè l’Italia rispetto al Mondo Intero è qualcosa di molto piccolo, no?
Cantando in inglese siamo molto affascinati da quello che c’è fuori dai nostri confini. Se pensiamo al fatto che in altri paesi europei i ragazzi parlano tutti perfettamente l’inglese… è qualcosa che fa riflettere. L’Italia è un paese strano, siamo molto orgogliosi di tutto ciò che è nostro eppure guardiamo sempre all’estero con molta ammirazione.
Avete rilasciato un album d’esordio davvero notevole, cosa di cui siete sicuramente consapevoli. Questo vi incoraggia, o forse vi spaventa, considerando che da ora in poi dovrete essere all’altezza delle aspettative?
Sicuramente ci incoraggia. Già è tremendamente difficile portare avanti una nuova proposta sbucata dal nulla, se poi il risultato neanche ti convince del tutto credo che non andresti da nessuna parte. C’è da dire una cosa; è vero che siamo consapevoli di aver fatto un ottimo lavoro con questo disco, ma è pur vero che siamo cresciuti molto come musicisti in questo periodo e penso al fatto che la maggior parte dei pezzi dell’album sono stati scritti tre o addirittura quattro anni fa. Inoltre arrivare a registrare un secondo disco vuol dire avere un’esperienza come gruppo moltiplicata rispetto all’esordio. D’altronde avendo poco più che vent’anni non si può fare altro che migliorare, no?
Scegliete tre canzoni del vostro album e ditemi chi vorreste che ne facesse una cover fa i vostri eroi musicali.. ovviamente specificando il perché della scelta…
Direi “Kathy & Me” cantata da Tom Waits e “I haven’t lost my hope yet” da Norah Jones per vedere come la interpreterebbero dal punto di vista vocale. E poi direi “Shine in the wind” fatta dai Coldplay a modo loro che probabilmente, senza troppa presunzione, diventerebbe la nuova “Fix you”.
Quali sono i vostri progetti per l’immediato futuro dopo la pubblicazione di questo debutto? C’è un tour immagino…E avete già ispirazione per nuovi pezzi?
I nostri desideri sono tanti ma si potrebbero tranquillamente riassumere in un unico progetto: riuscire a vivere grazie alla sola nostra musica. Anche la fama in sè è qualcosa di cui non siamo attratti realmente. L’essere famosi oppure guadagnare milioni di dollari può essere un desiderio piuttosto morboso se ci pensi e il guaio è che spesso chi fa questo mestiere ne è talmente ossessionato che perde di vista l’aspetto artigianale e servile dell’artista. Ma se fama significa il riconoscimento universale della qualità di quello che produci allora direi di sì, l’obiettivo è quello di arrivare ad un pubblico sempre più grande, di portare ovunque la tua musica e di essere gratificato dalla gente che viene ai concerti o che compra il tuo disco.
Per quanto riguarda l’immediato futuro ovviamente c’è un tour promozionale che stiamo allestendo; cercheremo di fare più date possibili anche se è per un gruppo all’esordio è sempre difficile. Si parla anche di un videoclip. Pezzi nuovi non ce ne sono ancora, siamo così impegnati con questi che per ora non credo proprio che in sala ci troveremo a parlare di nuove canzoni. Insomma per ora è tutto così incerto, guardiamo con speranza al futuro e vedremo quello che succederà nei prossimi mesi, questo è solo l’inizio, il bello deve ancora venire.
Questo è certo. Auguri ragazzi. Ve li meritate in pieno.Autore: Francesco Postiglione
www.myspace.com/theonesitaly