Thelonious Monk Quartet With John Coltrane – At Carnegie Hall, New York City 29.11.57 (Blue Note)
Quello uscito per la Blue Note nel 2005 è un disco di grande valore storico ed artistico. Si tratta di una delle rare testimonianze dell’incontro tra due dei più grandi interpreti dell’intera storia del jazz: Thelonious Monk e John Coltrane.
Era il 29 novembre del 1957 e sul prestigioso palco della Carnegie Hall, i due, insieme a Ahmed Abdul-Malik (contrabbasso) e Shadow Wilson (batteria), si esibirono in un doppio spettacolo; otto di quei brani, più una versione incompleta di Epistrophy, sono raccolti in questo cd e mettono ampiamente in mostra il notevole spessore del quartetto.
E’ Monk il perno dell’intera esibizione, e anche se è spesso oscurato dall’andamento traboccante degli assolo di Coltrane (come per esempio accade in Nutty) riesce, sotto le note del sax, a giocare con gli accordi del tema principale, con ironia e sapienza, fino a riprendersi la scena con tocchi sottili che pian piano assumono forme sempre più consistenti.
L’ascolto del disco regala momenti di pura sintonia cerebrale tra i due (Bye-ya), e situazioni paradossali; puzzle armonici lineari che entrambi mischiano con astuzia, cercando sempre la conclusione meno scontata (Evidence).
Tutto accade su una base ritmica flessibile e spavalda. Infatti, mentre Abdul-Malik si limita (si fa per dire) ad un accompagnamento puntuale, Wilson sviluppa un energico lavoro sui tamburi e soprattutto sui piatti, riuscendo a ritagliarsi uno spiraglio di luce tra i due giganti e facendosi particolarmente notare sul finire del primo show.
Alla fine, dopo quasi un’ora di musica, le note sospese di Epistrophy lasciano la curiosità di sapere dove sarebbe andata a finire quella strofa, da dove sarebbe partito l’ennesimo infinito assolo, l’ennesima sterzata ritmica, l’ultimo guizzo di questi grandi maestri.
Manu Katchè – Neighbourhood (Ecm)
Manu Katché, dopo anni di gloriose frequentazioni (Sting, Peter Gabriel ecc…), esce allo scoperto, e realizza questo splendido Neighbourhood, un album composto interamente dal batterista francese per la ECM e dedicato alla memoria dell’indimenticabile Michel Petrucciani.
La band è un quintetto che si distingue per coesione e limpidezza d’idee. Jan Garbarek, oltre alla prestigiosa firma, ci mette anche la sostanza; le sue note contengono la sapienza e l’inventiva del fuoriclasse. Marcin Wasilewski è la piacevole sorpresa. Il pianista dimostra le sue capacità sia quando prende spunto dalle linee melodie di Garbarek (Good influence) e anche quando c’è da farsi carico dell’intero significato strofico (February sun).
Katché se ne resta in disparte, ultimo nella lista dei credits, musicalmente mai in primo piano, produce, in maniera decisa e pulita, una base pulsante che non ammette rifiuti all’assolo da parte dei suoi ospiti. Salvo poi, come in No rush, creare gustosi sbilanciamenti, per smuovere un’atmosfera forse, a tratti, fin troppo riflessiva. Insieme al contrabbasso di Kurkiewicz plasma il feeling necessario per ispessire la cifra stilistica di questo lavoro (Number one) e si fa carico, da buon stratega, dell’intero andamento ritmico imponendo, quando è il caso, la sua cristallina regolarità.
Dieci brani completissimi, frutto di pazienza e saggezza; un disco da comprendere senza fretta e senza farsi condizionare dal lungo passato trascorso nella pop music del bandleader.
Autore: Roberto Paviglianiti
www.bluenote.com/monkcoltrane/ – www.ecmrecords.com